Privazione della libertà
Il nostro ordinamento prevede come pene principali la reclusione e l’arresto, che consistono nella privazione della libertà per un determinato periodo di tempo. Ma tutto ciò che eccede i limiti fissati dalla Costituzione è da considerarsi fuori legge. Sia quando la pena risulti ingiustificata o sproporzionata rispetto all’entità del danno prodotto, sia quando la pena produca un’afflizione non prevista o si trasformi in un trattamento disumano o comunque offensivo della dignità della persona.
Da qui l’impegno affinché si mettano in atto meccanismi di controllo, capaci di intervenire su tutti i passaggi relativi alla sua applicazione nei confronti dei trasgressori della legge o dei presunti tali. Dall’atto del fermo fino a quello dell’esecuzione della pena. Dalle garanzie della difesa nel processo, a quelle del detenuto in carcere. Questo comporta la critica delle prassi e delle misure penali che appaiono contraddittorie rispetto al dettato costituzionale, alle leggi e ai regolamenti, come l’ergastolo ostativo, il ricorso immotivato all’isolamento o ad altri trattamenti punitivi, l’abuso dei regimi speciali.
E, su un altro piano, la vigilanza massima sui comportamenti delle forze di polizia nel servizio di ordine pubblico e nell’opera di controllo del territorio, nell’attività di custodia dei fermati così come nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria. Un’attenzione altrettanto sollecita va applicata alle altre forme di privazione o sospensione della libertà quali il trattamento sanitario obbligatorio e la detenzione amministrativa, attuata nei centri di identificazione e di espulsione, dei migranti.
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