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41 bis, meno limitazioni ai colloqui con i minori

Con sentenza 52544/2014 la Corte di Cassazione ha stabilito che, in virtù del diritto soggettivo al mantenimento delle relazioni affettive familiari, il detenuto sottoposto al regime di 41 bis deve poter effettuare colloqui diretti con il figlio o nipote minore di dodici anni senza le limitazioni previste dal regolamento precedente, ovvero per soli dieci minuti e in assenza degli altri familiari adulti accompagnatori del minore.

La privazione del contatto visivo con i familiari accompagnatori, motiva la Cassazione, renderebbe insicuro il minore e verrebbe così a incidere sulla fruibilità del colloquio diretto, limitando il rapporto affettivo tra il detenuto e il figlio o nipote e dunque i diritti soggettivi di entrambi.

 

REGIME CARCERARIO - Cassazione n. 52544

41 bis, via libera ai colloqui di due ore

La Corte di Cassazione, con sentenza 52545/2014, ha stabilito che il colloquio mensile tra il detenuto sottoposto al regime di 41 bis e i familiari possa essere prolungato fino a due ore, qualora i familiari, purché residenti in un comune diverso da quello dell'istituto di detenzione, non abbiano fruito del colloquio il mese precedente.

 

REGIME CARCERARIO - Cassazione n. 52545

Mafia, Provenzano resta al 41 bis

regime sorveglianza particolareIl tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il ricorso del legale nonostante il boss sia in condizioni gravissime. Per i magistrati resta il pericolo di contatti tra Provenzano e l’organizzazione mafiosa

di Redazione online Corriere del Mezzogiorno del 7 gennaio 2015

PALERMO - Il tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il ricorso del legale del boss Bernardo Provenzano, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, con cui si chiedeva la revoca del 41 bis per il capomafia. Nonostante il boss sia in condizioni gravissime e in stato quasi vegetale, per i magistrati resta il pericolo di contatti tra Provenzano e l’organizzazione mafiosa.

Rischio contatti con la cosca
Il ricorso del legale puntava sul «cronico e irreversibile decadimento intellettivo e sulla incapacità di comunicare» di Provenzano, elementi che farebbero venire meno la pericolosità che giustifica il 41 bis. I giudici, che hanno respinto il ricorso, danno per acquisito il decadimento cognitivo accertato da diverse perizie, ma, sulla base di una relazione di novembre, sostengono che il boss, se stimolato, è in grado di muovere gli occhi e dire qualche parola di senso compiuto, anche se le funzioni motore sono compromesse e Provenzano non è in grado di mantenere l’attenzione per più di qualche secondo.«Tuttavia - scrivono - non è venuto meno il pericolo che Provenzano, capo indiscusso di Cosa nostra e punto di equilibrio tra le sue varie componenti, possa mantenere i contatti con l’organizzazione». Per il tribunale il deficit mentale «non esclude in termini di certezza che il boss possa impartire direttive criminali anche attraverso i familiari». Ricordando quando, da latitante, dava ordini attraverso i pizzini, i giudici sostengono che in un attimo di lucidità il capomafia potrebbe dare indicazioni in grado «di assumere una valenza significativa e fatte pervenire all’esterno».

Il legale: se ne riparlerà in Cassazione
«Per le violazioni di legge contenute nell’ordinanza del tribunale di sorveglianza se ne parlerà in Cassazione. Per gli insulti alla logica, non occorre parlare: basta leggere il provvedimento». Così il legale di Bernardo Provenzano, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, ha commentato la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma di rigettare il ricorso contro il 41 bis per il capomafia, nonostante il parere favorevole alla revoca del carcere duro espresso da tre Procure. «Però una domanda serve: a chi giova una motivazione così? - prosegue il legale - Può far dire che, se questi sono i provvedimenti, allora dovremmo stare molto attenti a tutti i rinnovi di 41 bis?».

Il tribunale di sorveglianza:«Provenzano va curato in carcere»

08 ottobre 2014 Il Corriere del Mezzogiorno

Respinta la richiesta di sospensione della pena

PALERMO - Il boss Bernardo Provenzano è gravemente malato, incapace di comunicare e non è più pericoloso. Nel reparto dell’ospedale milanese San Paolo, in cui è detenuto, gli vengono assicurate le cure di cui ha bisogno, sospendergli la pena e farlo uscire o «spostarlo da dove viene monitorato quotidianamente con attenzione selettiva», gli creerebbe un danno. Questa l’argomentazione con cui il tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto sia la richiesta di differimento pena per il padrino corleonese gravemente malato, sollecitata d’ufficio dal magistrato di sorveglianza, sia quella di detenzione ospedaliera avanzata dai suoi legali, Rosalba Di Gregorio e Franco Marasà. «Ritiene il collegio - scrivono i giudici - che non sussistano i presupposti per il differimento dell’esecuzione della pena atteso che Provenzano, nonostante le sue gravi e croniche patologie, stia al momento rispondendo ai trattamenti sanitari attualmente praticati che gli stanno garantendo, rispetto ad altre soluzioni ipotizzabili, una maggior probabilità di sopravvivenza».

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