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Passaggio a livello: Terrorismo internazionale ma non solo: Così evapora la politica italiana

politica italiana22-11-2015
Ubaldo Pacella

Gli attentati di Parigi, senza dimenticare l’aereo russo fatto esplodere in volo sul Sinai, hanno lanciato in primo piano, con maggiore drammatica evidenza, la questione terrorismo islamico e internazionale, unita ad una strategia di politica estera che in tutta evidenza manca. Disuniti verso quale meta? Verrebbe da commentare.

Le analisi, i commenti, gli studi in questi drammatici giorni si moltiplicano sotto l’effetto emotivo, l’urgenza della cronaca, la volontà di capire o trovare soluzioni percorribili ad una lucida, folle rincorsa verso la violenza, il male, l’abiezione. Esorcizzare o convivere con una dose di cieca perversione è molto difficile per i popoli che sperimentano da almeno 70 anni una sorta di serena stabilità. Siamo più abituati alle crisi economiche, ai rivolgimenti politici o sociali, ai cataclismi naturali che all’odio insano, quello che non distingue e genera dolore, morte, angoscia.

Lasciamo ad altri più illustri, preparati, intelligenti commentatori le riflessioni su questi temi. Vorremmo invece coglierne gli effetti, le sonorità, le ombre che proiettano sulla politica italiana.

La sfida del terrorismo è una realtà ineludibile: cosa fare per vincerla, su tutti i campi, non solo quello meramente militare pur necessario? I protagonisti della nostra vita parlamentare sono stati colti da una afasia totale. Il silenzio glaciale avvolge la sinistra del PD, sempre pronta alle barricate contro le più banali e inoffensive decisioni del Governo. Non parliamo di SI-SEL ove prevale il disorientamento per non poter proporre le solite trite parole d’ordine degli anni ’70 e ’80. La presa d’atto che il terrorismo dell’estremismo islamico lascia sul terreno il buonismo giustificatorio, che i popoli si interrogano sgomenti e non si accontentano di un sociologismo di maniera, sembra aver inaridito ogni loro parola. La destra del trio Salvini, Berlusconi, Meloni non ha elaborato nulla di meglio di qualche sgangherato, becero commento, degno di miglior fortuna in qualche osteria del lombardo-veneto, tra bicchieri di vino e proclami fallaci, tipici del bellicismo dei capitan Fracassa, come dei commenti di Arlecchino.

Il Cavaliere spento, al secolo l’ex onorevole ma ancora magnate e dominus di Mediaset, Silvio Berlusconi, non ha trovato nel suo frusto armamentario nulla di più che un richiamo in favore dell’amico Putin, l’autocrate russo che solo ormai lo muove al riso o al divertimento, protetto da orecchie indiscrete, telecamere fastidiose e amici apparenti dalla lingua lunga.

Il Movimento Cinque Stelle, mentre è galvanizzato dai sondaggi si sente vincitore a furor di plebe delle elezioni amministrative, sogna il Campidoglio, per piantare le proprie bandierine sul Marco Aurelio, così da rendere popolare e populista la piazza michelangiolesca, ha scelto di trascurare temi così poco rilevanti come il terrorismo e la politica estera. Questioni insidiose sulle quali si rischiano rovinosi scivoloni di consenso o figure barbine sullo scenario internazionale sconsigliano un silenzio privo di imbarazzi, nemmeno una consultazione web, un questionario, un happening a porte chiuse ai castelli romani, nulla, meglio restare zitti. Lasciamo al più che sia il mentore Casaleggio ad avanzare qualche stramba ipotesi sul ritorno agli imperi centrali con una Europa a trazione germanica.

Il lettore accanito di storia, di fronte a così iperboliche fascinazioni, si chiede dove si sia formata questa sapienza del Movimento, forse su qualche surrogato del mitico Bignami?

Tant’è la politica italiana è senza parole, perché bisognerebbe avere delle idee a riguardo, invece da mesi è proiettata unicamente verso un obiettivo: contrastare, abbattere, mandare a casa, ridimensionare Matteo Renzi. Povera cosa se pensiamo al vigore della contestazione di certa sinistra negli scorsi decenni. In controtendenza sempre e comunque ed ora? Muti, forse perché questo schieramento arcobaleno non muove i cuori di vecchi incanutiti contestatori da salotto, di rivoluzionari al caviale, di menestrelli sedotti dagli Tsipras e Varufakis, pronti alla fuga o al voltafaccia dopo l’ennesimo insuccesso.

Tacciono i bersaniani, pronti a menar fendenti sul prossimo decreto del Governo, ma in prudente disparte su un arengo complicato e irto di rischi, meglio lasciare il video e la parola al guascone fiorentino, sia lui a trarsi di impaccio, che da qualche possibile scivolone ne potremmo ricavare l’anelato beneficio. Che dire poi del sommo stratega di politica estera e già consumato Ministro ora superbamente affascinato dalla sua nuova creatura rossa: un vino ottimo, da portare con abilità al successo e all’eccellenza. Nemmeno un’intervista gridata di prima pagina, che dire mezz’ora dalla Annunziata? Avrebbe raggiunto un audience di certo migliore del goffo teatrino tra l’accogliente Lucia e Monica Maggioni, complimenti tra presidenti Rai passate e presenti.

Possibile mi chiedo che la politica italiana sia diventata povera a tal punto? Tutta appiattita sul tatticismo quotidiano, preda di risibili giochi di potere, orfana di pensatori e spiriti nobili, di giovani vigorosi, intraprendenti, magari animosi, ma vivaci e protagonisti? Temo proprio di si. Abbiamo subito un triste ventennio dominato dalla invero modesta figura di Berlusconi, perché nulla di nuovo si è elaborato, se non il disegno fallito di sottrarlo al consenso del conservatorismo post democristiano. Ora che misura a lunghi incerti passi il viale del tramonto a braccetto con una camicia verde più vigorosa del vecchio “senatur” in canottiera, non troviamo un briciolo di idea originale che favorire l’immagine di un oratore d’eccezione, che buca lo schermo e invade i social come il Renzi di Rignano sull’Arno? Politica “sì bella e perduta”? Passioni, idee, sfide, coraggio, mobilitazione, progetti, sogni dove siete finiti? Non vi sembra si dia troppa importanza a questa stagione transitoria? Potrebbe essere l’occasione per modernizzare l’Italia, ridurre il peso delle consorterie e delle rendite, infondere linfa nuova nella ossidata e rugginosa architettura istituzionale e poi spiccare il volo con ben altro gruppo dirigente, verso una società più equa, coesa e solidale, l’unica in grado di fronteggiare e sconfiggere il terrorismo, rilanciare l’economia, fondare una nuova Europa, non quella dei banchieri e della finanza, bensì quella dei popoli, grazie al vigore e la spregiudicatezza dei tantissimi giovani preparati che i partiti e una imbelle classe dirigente spingono ogni giorno nelle retrovie, solo per conservare il proprio esausto potere a danno della collettività.

Occorre avviare una stagione originale in Italia, ancor più a Bruxelles. L’unione dei trattati di Maastricht è finita, sepolta per sempre dal clangore delle armi, dalle emergenze che sfondano i confini, sovrastano e scompaginano le logore logiche di un mondo arcaico fatto di regole inattuali e perniciose, più simile a quello del Congresso di Vienna che non alla storia post 11 settembre. E’ indispensabile concepire una politica europea mai nata, un disegno economico diverso, dopo le macerie del rigorismo teutonico condannate da tutti gli studiosi e bollate dal FMI come il motore della più grave crisi economica nella storia del vecchio continente.

Vi sono molte energie nelle case e nelle piazze italiane ed europee, è ora che trovino il modo di dare impulsi concreti, non solo toccanti testimonianze di valori etici imprescindibili e fondanti, di solidarietà e di comunione. Ci aspettiamo che questi luoghi si riempiano anche delle comunità islamiche, perché è ora nel concreto e nelle azioni dirette,che si distinguono i campi. La stagione anni ’70 dei compagni che sbagliano è intrisa di sangue innocente e non possiamo spargerne ancora, pena una deriva irredimibile di conflitto inutile a tutti, proprio quello che bramano i terroristi.

Fonte immagine: www.lospiffero.com

Pubblicato: Domenica, 22 Novembre 2015 13:11