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Passaggio a livello: Onestà e trasparenza: dove vola l'etica

San Pietro16-11-2015
Ubaldo Pacella

Laica o confessionale la strada del rigore, del rispetto dell’altro, della solidarietà o della comunione ora delle idee, ora dello Spirito è irta di inciampi.

La seduzione del potere, la brama di ricchezza, la disponibilità di denaro, soprattutto se illecito, sono un costante richiamo che rimanda al mito di Ulisse, simboleggiano le sirene alle quali è sempre più arduo resistere.

Le pagine oscure che emergono dalle mura leonine, filtrano dal colonnato di San Pietro, effondono miasmi sulfurei dai palazzi della curia cattolica, gettano una luce cupa, quanto triste, sulle miserie del mondo nelle quali sono immersi alti prelati, vescovi e cardinali chiamati a testimoniare, per converso, l’amore e la carità evangelica.

La fuga di documenti riservati, il montare della polemica, le violazioni del segreto professionale, l’utilizzo di indagini Vaticane interne trascende di gran lunga la miseria dei gesti attribuiti dalle autorità della Santa Sede al prelato spagnolo dell’Opus Dei, Luis Angel Vallejo Balda, o alla signora Francesca Chaouqui, una laica dall’incerto e tenebroso curriculum, chiamata, a poco più di trenta anni, in un ruolo chiave nell’amministrazione finanziaria Vaticana.

Ciò che si fa strada, nel palpabile imbarazzo di Papa Francesco, di larga parte della gerarchia, come in tutta la Chiesa mondiale, è la lotta di potere che avvolge i sacri palazzi. Mura avvezze, in altri momenti della storia millenaria, a intrighi e delitti ancora più efferati e cruenti, a delazioni che lambivano la stessa stola papale, conflitti sordidi a stento sopiti, il cui eco si rintracciava per le strade e i vicoli di Roma sino alla caduta del Papa Re.

E’ manifesto oggi come uno sfregio iconoclasta il conflitto tra una pastorale evangelica delle origini, fatta di amore per l’altro, di umiltà, di sobrietà e accoglienza, di misericordia che il Pontefice esprime a chiare lettere e la difesa strenua delle prerogative dell’aristocrazia curiale. Il potere temporale della curia romana, di cui si fa gelosa custode e ne esercita le prerogative, non è stato insidiato da secoli, forse addirittura dall’epoca della cattività avignonese. Nessun Papa, in era moderna, aveva osato metterlo in discussione, nemmeno il Santo Giovanni Paolo II, per non dire di Benedetto XVI costretto ad un gesto estremo come le dimissioni nella consapevolezza di non avere le forze per redimerne le consuetudini. Si consuma così un progetto che oseremmo definire diabolico, nel senso più strettamente etimologico del termine, una divisione profonda dentro le gerarchie vaticane che ripropone quella dottrinale e teologica andata in scena nel recentissimo sinodo sulla famiglia.

Sono ben poca cosa le rivelazioni giornalistiche di questi giorni, molto meno dei sonetti al vetriolo di Giuseppe Giacchino Belli o delle celeberrime Pasquinate romane, al cospetto della partita che si giuoca nelle segrete stanze. E’ il potere con tutte le sue seduzioni, gli accordi, le ruberie, i favori, i silenzi, in campo contro la trasparenza, il rigore l’onestà morale, prima ancora che materiale.

Vorremmo confidare che la Chiesa di Roma sia capace di uniformarsi integralmente al Vangelo, oltre otto secoli dopo l’altro Francesco, il Santo di Assisi che predicava la stessa via alla conversione. Lasciatemi esprimere forti dubbi, perché ancor oggi le nostre coscienze sono assai lontane dal cogliere il primato dell’etica, come valore intangibile.

La corruzione politica, le ruberie, i crimini dei colletti bianchi, come si è soliti definirli, non sono forse l’altra faccia della stessa medaglia? Allignano nella durezza dei cuori, nella scarsa considerazione che diamo oggi all’onestà, al rigore, alla trasparenza delle nostre azioni. La censura sociale è un armamentario frusto e logoro, il rispetto degli altri un souvenir di spiriti molli, una dialettica letteraria in tempi feroci con i fanatici dell’Isis alle porte.

Occorre seminare con pazienza ideali etici, cultura, tolleranza, rispetto del diverso, intangibilità dei diritti degli altri. Solo se sapremo ricostruire e preservare questi valori potremo sperare in una società meno iniqua, rozza, volgare, intollerante e violenta. Se proprio funzionari e corpi dello Stato vengono meno a questi ideali, come faremo a radicarle nelle coscienze dei giovani o dei troppi adulti disincantati con i quali viviamo quotidianamente gomito a gomito?

La trasparenza dei comportamenti, come degli atti pubblici e privati, dei contratti e degli appalti è un diritto della società, non un metodo per salvaguardarne l’onestà. Le istituzioni si educhino a diventare una casa di vetro, suggeriscano il primato dei diritti intangibili dei singoli e della collettività civile, questo potrà garantire una redenzione reale al di qua e al di là del Tevere.

Fonte immagine: www.christusrex.org

Pubblicato: Lunedì, 16 Novembre 2015 12:49