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Passaggio a livello: Corruzione: codice penale o etica civile?

corruzione28-10-2015
Ubaldo Pacella

Age e Scarpelli, Totò e Macario, Fabrizi e Nino Taranto, Tognazzi e Gassman, il mitico Albertone (Sordi) e Manfredi non sarebbero stati in grado, malgrado la loro corrosiva genialità nel mettere alla berlina l’italietta piccolo borghese, ignava, pasticciona e truffaldina, di arrivare a descrivere quello che le immagini registrate dalle forze dell’ordine portano quotidianamente nelle case di milioni di italiani: il desolante spettacolo della corruzione, del disprezzo del lavoro, della furfanteria, da quella di sontuosi uffici tra cravatte di Hermes e scarpe “tacco 12” per conti a sei zero a quella in pantaloncini e infradito o canottiera.

Lo scandalo, per usare un termine corrivo usurato dalla insopportabile frequenza con il quale viene ammannito per stigmatizzare a parole un fenomeno nel quale siamo avvolti come un brodo di coltura primordiale, non è in questi deprecabili comportamenti, si annida vieppiù nella resa concreta ad ogni forma di corruttela, di arbitrio, di prevaricazione cui soggiacciamo senza visibile ribellione. O meglio, truffe e illeciti rappresentano i frutti marciti di una società che non vuole promuovere la qualità, l’onestà, la rettitudine, i valori, diciamola tutta l’etica civile, il solo ancoraggio per le fondamenta di una comunità democratica, moderna, trasparente, pluralista e inclusiva.

La pervasiva ramificazione della corruzione sin negli anditi più recessi delle organizzazioni pubbliche, negli uffici più periferici, per le minute cose, lascia salire i miasmi di un corpo sociale gravemente malato di cui nessuno in realtà si cura. Il sussulto di sdegno si placa repentinamente nelle chiacchiere al bar, nelle confidenze con i colleghi, al più nei commenti al vetriolo tra le mura domestiche o qualche salace sfottò nei confronti ora di questa ora di quella categoria di persone giunte alla ribalta del discredito.

Passato qualche giorno, le ormai insopportabili comparsate televisive, i corsivi dei giornali, l’ironia del web, tutto viene dimenticato, tutto torna come prima e la corruzione, il malaffare, l’arbitrio, la tronfia arroganza la fanno da padrone. Nessuno si impegna per curare questa patologia mortale che provoca la cancrena della società e il disfacimento di qualsiasi comunità civile.

Lasciamo che la cronaca con il suo corredo di squallide laidezze scivoli via come il sapone in una vasca di cristallo; non vogliamo curarci dell’ultima moda giornalistica si chiami Anas o Sanremo, poiché replicano sempre lo stesso cliché, analizziamo, invece il fenomeno.

La corruzione si supera con la magistratura, le inchieste, il rigore delle pene, il contrasto al malaffare o con una nuova cultura, una fondazione etica originale, innovativa, ma soprattutto capace di includere tutti, dal cittadino dotato di maggiore consapevolezza e conoscenza ai tanti fragili esponenti di una umanità travagliata che esprime il proprio disagio nella risacca dei conflitti, nella truffa, nelle forme più variegate di violenza o di rifiuto della collettività e delle sue regole del vivere civile?

Pochi sono i casi di grande corruzione, quella che muove milioni e miliardi di euro, disegnata nelle ovattate stanze dei consigli di amministrazione, messa in atto tra le luminescenti sedi della finanza italiana e internazionale, come nei disordinati uffici pubblici, dove il solo farsi ricevere vale un obolo disonesto. Innumerevoli quelli di cui apprendiamo qualcosa per le inchieste penali della magistratura o le denunce dei mezzi di comunicazione, infinitamente maggiori quelle che ognuno di noi sperimenta sulla propria pelle, direi ogni giorno, che subisce in modo rassegnato perché non vede alternativa, né prefigura possibilità diverse. E’ questa collusione implicita che rende noi cittadini onesti e integerrimi alleati ignari della corruzione e del malaffare.

Siamo, in troppi casi, arresi al malcostume, alla prevaricazione, all’inefficienza, ai trucchi, esposti senza tutele alle truffe, ai raggiri, al sistema occulto per avere dai pubblici uffici un servizio che dovremmo pretendere trasparente e tempestivo, da cittadini degni di questa consapevolezza, mentre cerchiamo di accaparrarcelo con la servile abitudine dei sudditi, o la consumata abilità del sordido guadagno.

Abbiamo una necessità o in altri casi un obiettivo e usiamo ogni mezzo lecito o meno per raggiungerlo. Non vogliamo confrontarci in modo rigoroso e trasparente con gli altri, fuggiamo le gare, perché temiamo per la nostra magari grama professionalità, perché vorremmo raggiungere ambiti che ci sarebbero preclusi dall’onesta. Cerchiamo ogni via, questo è il “pizzo” la corruzione per affermarci vincenti, oscurando ogni reale consapevolezza o defraudando chi è più bravo del suo dovuto successo.

Non c’è spazio per la corruzione diffusa ove vige l’assoluta trasparenza degli atti come dei curriculum professionali, del lavoro svolto, delle responsabilità individuali, ben focalizzate ad ogni passaggio, dei tempi certi, della corretta applicabilità delle decisioni e delle scelte. Non vi sarebbe bisogno di una giustizia assai viscosa, lenta, occhiuta, piegata sull’interpretazione formale delle norme, quanto lontana dal dare corretta interpretazione del diritto per migliorare, in ogni recesso il miglior vivere sociale. Tar e tribunali, loro malgrado, è pleonastico sottolinearlo, aiutano la corruzione, allontanando il cittadino dalla rapida esecutività dei propri diritti o all’inverso garantendo l’impunità al malfattore e al disonesto.

Siamo il Paese più corrotto d’Europa insieme a Grecia e Bulgaria, possibile che tutto avvenga ad insaputa del collega, del capo ufficio, del dirigente, del cittadino? No è materialmente impossibile, ma lo tolleriamo, perché l’etica cui facciamo riferimento si è atrofizzata, tocca sempre agli altri intervenire, perché don Chisciotte non veste i nostri panni, al massimo indossiamo quelli di don Abbondio.

Costruire un modello integralmente nuovo di etica e partecipazione civile, questo è l’antidoto per il futuro contro ogni tipo di criminalità, di diseguaglianza, di inefficienza. Impegnarsi perché la classe dirigente del domani, i figli e i nipoti, si misuri solo sulle competenze, le qualità, la dedizione e l’onestà, senza scorciatoie, né percorsi preferenziali per nessuno. Le responsabilità vanno esercitate, la collusione repressa non solo attraverso l’audit interno o le variegate forme di controllo efficiente e selettivo, ma dal discredito sociale, come pure da forme attive di partecipazione, perché i diritti della persona, del cittadino, tra i quali quello ad intraprendere, sia garantito e tutelato attraverso le migliori e più avanzate tecnologie e forme di governance. Il primo passo è rovesciare ogni burocrazia, superare le troppe norme e interpretazioni, anteporre l’efficacia e il rigore morale ad ogni altra valutazione.

Una distorta valutazione della moralità e probità pubblica e privata ha lasciato che il male oscuro ed endemico della corruzione attecchisse in ogni fibra del nostro apparato pubblico, divorandone le qualità. Invertire la tendenza è possibile, necessario, indispensabile. Qualità ed efficacia del lavoro reso in diamantina trasparenza ne è una condizione imprescindibile. Lasciatemi dire che i furbetti del cartellino prosperano dove c’è un assurdo eccesso di risorse: troppi uffici pubblici sono luoghi per “lavoratori socialmente assistiti”, il tutto a danno degli onesti e dei bravi cui sono negati i giusti incentivi e remunerate le professionalità.

Chi ruba il futuro è due volte colpevole, scuola, formazione, università, genitori e agenti educativi si impegnino perché l’etica torni ad essere protagonista della nostra vita quotidiana, in ogni ambito, nulla deve essere sottratto al bilancio dello spirito nobile, non ci sono riserve nelle quali escludere la dignità umana e il rispetto dell’altro. Proviamo insieme questo antidoto, sicuramente, con i suoi tempi, darà i risultati che nessuna operazione di polizia e “pulizia” negli ultimi trent’anni è riuscita a realizzare. Cambiare le coscienze per modificare i comportamenti attraverso la consapevolezza e la conoscenza.

Fonte immagine: www.dolcevitaonline.it

Pubblicato: Mercoledì, 28 Ottobre 2015 11:47