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Passaggio a livello: L'andatura sconnessa del sindaco che cadde sulla Terra.

roma 124-06-2015
Ubaldo Pacella

Roma non fa la stupida stasera aiutame a faje di de no! Abbiamo molti gravi problemi: l’economia che stenta a ripartire, l’ immigrazione affrontata da tutti, almeno per quel che trapela dai mass media, come al bar dello sport di Pizzighettone e non ce ne vogliano gli amici lombardi, a suon di slogan talmente beceri da infamare persino chi li cita, la crisi Greca gestita da Bruxelles e dalle cancellerie europee, come il bilancio della regione Sicilia secondo Sciascia. Tutto questo non basta a trasformare le notti in incubi, noi romani abbiamo anche l’interrogativo irrisolto del sindaco Marino.

Lo avete votato tenetevelo! Direte voi italiani, avete ragione, se non fosse che l’altro candidato era, vogliamo ricordarlo? Gianni Alemanno. Quello il cui mandato è da mesi all’ onore delle cronache non solo per la permeabilità dell’amministrazione alla così detta Mafia Capitale, ma i cui manager, nominati nelle varie grandi aziende pubbliche, sono tutti stati condannati, in primo grado per i reati più diversi o hanno patteggiato la pena.

Una città meravigliosa, da qualsiasi angolo la si voglia vedere, offesa dal degrado, da ogni tipo di bruttura, devastata dal malaffare, stuprata dall’arroganza, insultata dall’anarchia imperante, sfruttata da troppi, non solo i mariuoli, i truffatori, qualche politico e soprattutto i corruttori, sempre all’opera nella città eterna come ci ricordano Catone, Cicerone, Marziale o in tempi più recenti Pirandello e Flaiano.

Assistiamo sgomenti ad una partita di tennis politica con scambio di colpi tale da lasciare basiti Djokovic e Federer. Un confronto tra Marino e il PD romano dal giorno dopo la sua elezione a sindaco sino al commissariamento dell’organizzazione dell’Urbe, come che nessuno avesse sentore di sedere non su uno scranno di Palazzo Senatorio al Campidoglio, bensì su un vulcano in procinto di eruttare. Proseguito tra una giunta riottosa ad una vera normalizzazione, improntata all’efficienza e al rigore e un sindaco clamorosamente assente in ogni momento cruciale della vita cittadina, percepito da molti in fuga disordinata dalle responsabilità, come dai problemi. Lunare nelle sue apparizioni, come nelle passeggiate in bicicletta a favore di telecamere. Mai visto andare da via Nazionale al Campidoglio su due ruote. Lo sfiderei volentieri io che con un modestissimo scooter rischio quasi ogni giorno l’osso del collo, per un chilometro di sampietrini talmente sconnessi da somigliare al rally della Corsica. L’ ennesima partita, infine, si giuoca in questi giorni, nell’algido silenzio del prefetto Franco Gabrielli, addirittura con Matteo Renzi, colpevole di avergli chiesto, con la consueta forbita eleganza e il noto aplomb britannico, di governare Roma. Emergenza primaria non solo per milioni di cittadini, ma per l’intera nazione, non fosse che ne è la capitale. L’ ultima cosa che manca all’immagine scolorita di quello che fu il Belpaese è lo scioglimento della giunta capitolina per infiltrazione mafiosa.

L’ onestà indubbia, quanto stralunata non fa di un politico improvvisato un buon amministratore. Tutti coloro che mi conoscono sanno bene quali motivi, oggi più che mai fondati, avessi sul candidato sindaco Marino, per di più dopo la disastrosa esperienza Alemanno, seconda per disastri solo al sacco del 1527.

I limiti di questa esperienza non sono solo politici. Avremmo voluto un decisionismo più attivo da parte del presidente del PD e commissario di quello romano Orfini, né siamo inclini a strizzare l’occhio alle censure tardive di Barca. Dove erano gli organismi di partito quando si giuocava con le tessere e si stava a braccetto con i procacciatori di compromessi in odore di corruzione? Nessuno si è mai accorto di nulla? Occorre ripartire, meglio rifondare, dal primato dell’etica, dai valori del rigore, dell’onestà, del rispetto degli uomini prima, poi delle regole della convivenza civile. La politica tornerà ad esprimere un pensiero, solo se sarà in grado di liberarsi dagli affari e di decidere.

Le responsabilità del sindaco Marino sono evidenti, non rispetto ai fenomeni corruttivi che non ne sfiorano l’operato, bensì nelle drammatiche carenze amministrative. Nulla appare cambiato nella gestione corrente e quotidiana della città. Un sindaco che tollera lo stato attuale del selciato di Piazza Venezia come può preparare Roma al Giubileo straordinario? Sono le piccole scelte quelle che orientano i bisogni e i comportamenti dei cittadini. Una amministrazione che si ricorda di allontanare, a parole, i camion bar dai monumenti più famosi e visti al mondo dopo due anni, quale grande progetto sarà mai in grado di elaborare. Chi passivamente accetta che oltre 800 suoi vigili urbani trasgrediscano un ordine perentorio, determinino allarme per la sicurezza la notte di san Silvestro e aspetta che altri gli tolgano le castagne dal fuoco, senza una battaglia per la moralizzazione dei comportamenti, non credo possegga il coraggio per fronteggiare una sfida ciclopica come quella di tentare di amministrare oggi la città eterna.

Tralasciamo, per carità di patria, le frizioni sociali dovute al fenomeno migratorio, alla marginalizzazione dei cittadini delle periferie, dei campi Rom, di ogni sorta di prevaricazione e degrado. Quale idea di cittadinanza viene oggi proposta da coloro che dovrebbero dare l’esempio “Romano e Repubblicano” della probità? Forse le 23 commissioni del consiglio comunale del Campidoglio? Quasi il doppio di quelle di Camera e Senato dove siedono 630 deputati e 315 senatori eletti.

L’ ultima cosa che auspico è una deriva “grillina” dell’opinione pubblica e degli elettori romani. Caro sindaco la prego, faccia qualcosa di serio per tutti noi, torni alle sue camere operatorie, torni a fare il medico, ci liberi della grottesca arroganza di urlare come sfida che rimarrà con la fascia tricolore sino al 2023, non sarebbe una promessa ma una minaccia. Chi sarà il prossimo bersaglio dei suoi fendenti? Il Papa? Obama? Putin? Forse il destino cinico e baro che ha voluto fosse sindaco di Roma, non in un periodo di sonnolenta e indolente ruberia democristiana, ma nel momento nel quale la ribellione frustrata dei cittadini vede il colle impreziosito dal genio di Michelangelo come la bocca di un vulcano e spera in cuor suo che travolga ogni sciattezza per lasciare che la luce torni a splendere su una città unica al mondo, dove possono incontrarsi la visionarietà cristiana e la solidarietà, la bellezza e i motti di spirito, l’ironia e il sacrificio. Aperta a tutti i popoli perché questa è la storia che noi romani respiriamo, senza meriti e con piena dignità e consapevolezza.

fonte immagine: www.rome-roma.net

Pubblicato: Giovedì, 25 Giugno 2015 11:53