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Passaggio a livello: Il prevalere torbido della polemica

polemica20-04-2016
Ubaldo Pacella

Il referendum del 17 aprile si è concluso con un risultato largamente prevedibile, direi scontato. Potremmo dire finalmente si gira pagina, per concentrarsi sulle tante questioni capitali che assediano il nostro presente. Giammai, l’ardore della polemica pretestuosa, inutile, insulsa prende forma nella valutazione, forse onirica, del valore della percentuale dei votanti tra il 32% registrato in Italia e il 31,2% definitivo che comprende i residenti all’estero.

Ci si continua ad accapigliare in interpretazioni sociologiche precarie, se non astruse che non troveranno mai alcuna verifica, dimenticate già domani dagli stessi che oggi spericolatamente vi si esercitano.

Non vogliamo entrare in alcun modo nella querelle referendaria del cosi detto “ No Trivelle”. Messaggio ambiguo e stralunato già nella definizione, che in nulla evoca il reale oggetto del quesito. Parole autorevoli e definitive sono state pronunciate da molti, vogliamo ricordare in primis Giorgio Napolitano, Romano Prodi, Massimo Cacciari, Giuseppe de Rita, senza dilungarci in un elenco infinito di personalità che hanno definito con icastica incisività il valore di questo ricorso al popolo sovrano.

Ciò che ci preme è, invece, riflettere sulla perdurante assenza della vera, positiva politica sullo scenario italiano, non meno che su quello europeo.

Prevale in ogni ambito una polemica sterile, sguaiata, priva di significato, ridotta ad un tweet. Una fellonia cialtrona insopportabile che tocca tutti gli attori, tranne due: il Presidente della Repubblica Sergio Matterella, chiuso in un apprezzato rigido riserbo, e quello emerito Giorgio Napolitano, la mente più lucida del Parlamento.

Lo spettacolo è così triste da mettere a repentaglio la speranza che sempre muove chi scrive. Siamo assediati da immani problemi di economia, finanza, sviluppo sociale, inclusione, dovremmo fronteggiare scenari di politica estera mai così complessi da 70 anni, dal secondo dopoguerra, con un flusso migratorio capace di sconvolgere il tessuto sociale stesso dell’Europa e forse dell’occidente, dalle ripercussioni incalcolabili e invece in Italia ci balocchiamo con “polemichette” da strapaese, cui nessuno ha la statura per sottrarvisi , per primo il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Il capo del Governo non deve alimentare, in nessun caso, la polemica, non è un attore di questo sciatto agone, né il capocomico di una compagnia di giro di guitti, bensì colui che per primo dovrebbe governare il nostro Paese, con gli oneri che ben sappiamo, senza che i temi caldi diventino a loro volta strumento per bacchettare ora questo ora quell’oppositore. Un Presidente non ha sassolini nelle scarpe, stringe i denti, lavora, risolve i problemi, indirizza gli sforzi collettivi: produce fatti non parole.

Gli altri interpreti di questa pièce indecente sono forse peggio: fanno a gara a chi trova il pretesto più inutile per montare polemiche pretestuose, comunque senza frutto, peggio dannose per tutto il popolo italiano.

Sono autoreferenziali, né più né meno che gli osservatori, i commentatori, i giornalisti. Un circo Barnum posto su una lontana galassia, rispetto alle grandi emergenze che ci attanagliano: il lavoro, i giovani, la modernizzazione del Paese e delle istituzioni.

Appaiono come i pupi siciliani impegnati a darsele di santa ragione tra il tramestio degli astanti, con una aggravante che non si ride e non si vede chi sia il puparo di tanto imbarazzante spettacolo.

Abbandoni il Presidente del Consiglio l’atteggiamento del lider maximo, non giova alla democrazia, mette a repentaglio riforme imprescindibili come quelle costituzionali, fa danni proprio tra quanti ancora lo valutano con guardingo favore. Ricordi che farsi usbergo con il petto in fuori è insensato, soprattutto nel nostro Paese, coltivare inimicizia gratuitamente a che giova? L’Italia applaude servilmente il capo, talvolta, ma in cuor suo vorrebbe vederlo rotolare nella polvere, pensando ben gli sta! Troppi nemici moltiplicano i trabocchetti, sviano dagli impegni seri, assorbono energie. Bene farebbe, invece, se davvero avesse a cuore le sorti degli italiani, almeno di una loro larga maggioranza, ad aprirsi ad un confronto inclusivo con i partner sociali da Confindustria ai sindacati, almeno quelli più propensi al dialogo costruttivo, alla soluzione concreta dei problemi, ben oltre vetuste ideologie, alle organizzazioni professionali, al terzo settore e così via. Esiste una fetta importante di società che deve essere valorizzata in un orizzonte inclusivo, così da realizzare la grande trasformazione moderna dell’Italia. Gli spiriti migliori non sono una massa di manovra politica da usare, al pari delle plebi di antica memoria, per sfruttarne il consenso. E’ indispensabile coinvolgere attivamente gli altri per realizzare obiettivi ambiziosi. Vince la squadra perché esalta il leader, ma nessun fuoriclasse ha mai conseguito il primato con modesti comprimari.

Oggi abbiamo bisogno in Italia e nel mondo di una politica nobile, lungimirante, di strategie di lungo scenario.

Non possiamo pretendere da nessuno risposte subito vincenti, tutele, sicurezze, perché questa stagione è contrassegnata dalla precarietà, dall’incertezza, da una evoluzione che deve essere orientata nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dell’ambiente. I modelli del passato sono tutti superati in economia, nella finanza, in politica interna non meno che in quella estera. Dobbiamo costruirne di nuovi e questo si raggiunge con uno spirito originale, con la partecipazione e il coinvolgimento. La polemica sterile è utile solo a farci spazzare via dalla storia.

La democrazia diretta è forse la peggiore illusione ai mali del potere frammentato. Non si assumono decisioni lungimiranti in massa, quelle le coltivano gli statisti e le mediano con i bisogni della collettività. Vedremo quale evoluzione avrà il Movimento 5 Stelle dopo la scomparsa del suo fondatore e ideologo assoluto Gianroberto Casaleggio, se saprà emendarsi dalla logica della polemica a tutti i costi, per costruire qualcosa. Per farlo dovrà dialogare con altri, altrimenti sarà l’ennesimo naufragio al ritmo del bolero spagnolo o del flamenco andaluso. Dobbiamo trovare la serietà e il coraggio di mettere fine a questa insana corrida che è oggi il confronto politico parlamentare, avvelenato dall’ostilità, dall’ostracismo, dalla tattica, privo di valori, ideali, idee.

L’Europa, che tanto ha offerto di visionarietà e di stimoli in passato, oggi appare una barca ingovernata nella tempesta, squassata da onde e venti, destinata da un attimo all’altro al naufragio. L’equipaggio è confuso e tremebondo, lacerato come non mai nei principi, timoroso di perdere i propri anche modesti privilegi sotto la pressione di una migrazione biblica. dovuta per larga parte propria alle pessime scelte del vecchio continente.
Spicca un solo profeta nello scenario delle indecisioni e delle bassezza: Papa Francesco. Le sue parole e ancor più i suoi gesti sono accoglienza, etica ma anche politica. E’ un grido forte rivolto a tutti gli uomini di buona volontà, senza steccati, dobbiamo impegnarci affinché non cada nel deserto, come vorrebbero alcuni. Perché l’informazione è così pavida e asservita? I mass media sono traboccanti di perverse polemiche, drammaticamente assenti di progetti, di valori, di riflessioni, di storie. Danno voce a querule istanze mentre trascurano i fatti, gli orizzonti più autentici e veri, quelli che ci interrogano nel profondo, che non possiamo tacitare.

Fonte immagine: www.superinformati.com

Pubblicato: Mercoledì, 20 Aprile 2016 13:18