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Passaggio a livello: La bizzarra democrazia a cinque stelle

Beppe Grillo12-02-2016
Ubaldo Pacella

Il decalogo che il duo Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo hanno fatto sottoscrivere ai candidati del Movimento 5 Stelle per le prossime elezioni amministrative supera ogni invenzione farsesca, esce dal caleidoscopio delle pinzillacchere di Totò, come pure dai dialoghi dei fratelli De Rege per assumere i contorni tristi e plumbei di una realtà che potremmo definire in mille modi pungenti, tra i quali scegliamo il più semplice e innocuo: aberrante. Abbiamo sperato fosse uno scherzo di Carnevale, magari maldestro, invece dell’ironia sono arrivate le risposte stizzite del direttorio: è tutto vero!

Il solo pensiero di poter sottrarre al sindaco e ai consiglieri eletti l’autonomia di giudizio e di libera scelta, a insindacabile valutazione della Casaleggio associati, con Grillo e il direttorio in funzione di “garanti” senza appello, mette i brividi e ricorda i regimi “popolari” di Pol Pot , quelli “socialisti” dell’Est europeo targati Breznev o Ulbricht, senza scomodare i padri fondatori da Lenin a Stalin.

Mettere nero su bianco che un affiliato ? non vedo come altro potrebbe definirsi, in questo contesto, un candidato 5 stelle ? deve sottostare ai futuri voleri e interpretazioni del duo Casaleggio?Grillo, spalleggiato all’occorrenza dal direttorio di turno verrebbe da aggiungere, è il sovvertimento dei più basilari principi democratici.

Se aggiungiamo l’ulteriore misura della penale di 150 mila euro e l’espulsione sconfiniamo nell’iperuranio del ridicolo. Consiglierei a Casaleggio e Grillo di prevedere in aggiunta pene corporali da comminare sulla piazza principale dei municipi che i 5 stelle governano, quello di Civitavecchia credo sia il più vicino e facilmente raggiungibile da Roma. Poi se dovessero vincere potranno colpire i malcapitati dissidenti all’ombra del Marco Aurelio, direttamente sulla piazza del Campidoglio.

Non provo alcun impulso all’ironia al cospetto di proposte così farneticanti. La conoscenza della storia, ancorché modesta, evoca scenari lugubri e catastrofici. Quando un movimento politico che vanta nei sondaggi oltre il 25% dei consensi tra gli elettori arriva a mettere nero su bianco richieste come queste è in gioco la democrazia. Non si può né sorridere, né tanto meno sottovalutare e fare spallucce. Il ‘900 è intriso di idee così liberticide, da lasciare una scia di violenza che continua a contaminarci.

Non è solo la voglia di arginare il dissenso, di zittire ogni voce, ben oltre le manipolazioni del blog di Casaleggio chiamato sin qui a emblema di una democrazia diretta, che non è mai esistita nelle convinzioni dei fondatori del Movimento 5 Stelle, siamo in presenza di una logica settaria, di un totalitarismo del potere, più rigido e immediato di quello sovietico o maoista, poiché una autonomia di gestione ai gerarchi locali era consentita o tollerata. La voglia di garantirsi il potere assoluto nel Movimento da parte di Casaleggio e Grillo permea di inquietudine il futuro. Che potrebbe accadere alla cosa pubblica domani? Le scelte strategiche di chi amministrerà la Capitale saranno decise a Genova e in Emilia e comunicate telematicamente in tempo reale entro l’aula Giulio Cesare? Perché scegliere allora degli onesti cittadini in buona fede e desiderosi di contribuire al bene collettivo, basta affidarsi a replicanti, magari senza barba o con folte capigliature solo al femminile.

Il fatto che genera più sconcerto è vedere che solo i giornali dedicano qualche commento alla vicenda. La Stampa con Jacopo Iacoboni che per primo ha pubblicato la notizia, il Corriere della Sera con un editoriale di Francesco Verderami , Il Foglio e poco altro. I telegiornali hanno messo la sordina e i talk show, fatta eccezione per una puntata di Otto e mezzo di Lilli Gruber, ignorato il fatto, tutti presi in accendere polemiche buone solo per gli share , così modesti da far impallidire i conduttori, soprattutto in rapporto ai faraonici stipendi pagati dalla tv pubblica.

Dotte disquisizioni dei costituzionalisti à la carte non pervenute, dichiarazioni di fuoco della sinistra radicale sulle derive democratiche disperse nel nulla, riflessioni ponderose degli aedi del parlamentarismo nemmeno a parlarne, indipendenza di giudizio di chi la invoca in Senato da due anni evaporata, silenzio dei giuristi sulla inapplicabile follia di queste richieste, non parliamo poi di notizie di reato, scomodate a piè sospinto per ogni banale accadimento, ma impossibili da formulare accademicamente per una palese violazione della Costituzione e del nostro ordinamento giuridico.

Sopire, sopire, sopire, mi viene in mente questa raccomandazione di Giovanni Giolitti quando era primo Ministro del Regno d’Italia. Una pagliacciata senza senso, lo si disse anche della marcia su Roma voluta da Mussolini, sappiamo com’è finita. Descritta impareggiabilmente da Age e Scarpelli nel film omonimo diretto da Dino Risi, ma solo nel 1962. Troppi sono pronti a brandire la polemica al riparo delle proprie prebende, strizzando l’occhio al populismo sgraziato e fellone, illudendosi di poterne ricavarne un tornaconto.

La realtà nero su bianco sotto ai nostri occhi, non è l’imbarazzo del sindaco di Quarto, le difficoltà estreme di Pizzarotti a Parma, tenuto nel Movimento solo per l’effetto alfiere, né i problemi dei primi cittadini di Livorno o di Gela, sta nella strenua volontà di imporre, non una linea politica, bensì comportamenti quotidiani eterodiretti, togliendo, a piacimento, voce ai diversi militanti, agli eletti, figuriamoci agli elettori. Quello che nemmeno la rete addomesticata può più garantire deve essere imposto con il ricatto: io ti creo e io ti spengo, tu non sei nessuno, devi solo realizzare la volontà del capo.

Beppe Grillo è tornato a teatro, ai suoi monologhi senza contraddittorio, Casaleggio ha scritto il decalogo per gli eletti del Movimento, qualcuno alza il sopracciglio, troppi tacciono, noi non abbiamo alcuna voglia di ridere, soprattutto se pensiamo che il prossimo sindaco di Roma potrebbe essere il ventriloquo di questo duo, d’intesa con Di Maio e Di Battista. Confidiamo in duemila anni di storia. Non ci fanno paura, a noi romani, queste stelline di carta sbiadite, dopo il cavallo di Caligola, il sacco di Roma, il Papa Re, le fosse Ardeatine, le bombe, e mafia capitale sapremo arginare ogni spinta eversiva, anche la più ridicola.

Fonte immagine: lucabottura.net

Pubblicato: Venerdì, 12 Febbraio 2016 11:25