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Sistema di accoglienza

L'umanità riparte dalla stazione

 bolzano bozenAlto Adige, 30-09-2015

Luigi Manconi
Presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato

Il 3 ottobre dello scorso anno, si è tenuta a Lampedusa una significativa manifestazione in ricordo delle oltre 366 vittime del drammatico naufragio avvenuto dodici mesi prima in quel tratto di mare. Quel naufragio ha costituito per molti, nel nostro paese e in Europa, un'importante occasione di consapevolezza del crescente e inarrestabile movimento di esseri umani in fuga da tutte le tragedie del mondo. Da allora, abbiamo conosciuto meglio la cartografia del dolore e la mappa di catastrofi umanitarie e climatiche, di guerre civili e di conflitti sanguinosi.

E, poi, le storie di uomini e donne, bambini e vecchi, arrivati dopo aver attraversato per mesi, a volte per anni, territori e confini, a piedi o aggrappati tra le ruote dei camion, o ancora ammassati nelle stive di imbarcazioni precarie. Un dato è incontrovertibile: niente e nessuno ha potuto fermarli e niente e nessuno potrà fermarli in futuro. Non le frontiere o il filo spinato, non i muri e le motovedette, non le polizie, i cani e i blocchi navali. Lo sviluppo diseguale e iniquo delle risorse e delle capacità di crescita e le cifre inappellabili della demografia e dell'economia sono certamente più forti di qualunque barriera.

In questo contesto, l'Italia continua a essere per molti un paese di transito, da attraversare con una successione di tappe forzate, prima di raggiungere il nord dell'Europa. Dai luoghi di sbarco sulle coste siciliane fino a Roma e da lì a Ventimiglia o al Brennero. Basti ricordare che dalla stazione di Bolzano sono passate, solo nel 2015, tra le 100 e le 150 persone ogni giorno, trovando soccorso e ristoro grazie al contributo di associazioni e istituzioni. Qui, nelle officine FS il prossimo sabato, proprio all'interno della stazione, intendiamo ricordare il 3 ottobre attraverso le voci di quanti, volontari, politici, artisti, vogliono confrontarsi su un tema così cruciale del nostro tempo. E da qui lanciamo quattro proposte estremamente concrete e pienamente realizzabili, di cui vorremmo che il nostro paese si facesse carico, rivendicando un ruolo da protagonista in Europa.

La premessa è che il regolamento di Dublino, che ha gravato finora come una camicia di forza, possa venire utilizzato in maniera più duttile, nella prospettiva del suo superamento, e della elaborazione di un sistema europeo dell'asilo. Nel frattempo, e già da ora si possono utilizzare tutti quegli strumenti che lo stesso Regolamento offre, a partire dal principio dell'unità familiare con il ricorso, il più ampio, ai ricongiungimenti. E con l'applicazione di alcune clausole già contemplate. Come quella di sovranità, cui ha fatto ricorso la Germania a favore dei profughi siriani; E come quella che permette a qualsiasi paese membro, pur non competente dell’esame della domanda secondo i criteri ordinari, di diventarlo in considerazione di "ragioni umanitarie fondate in particolare su motivi familiari o culturali".

Laddove si individuino esigenze tali da permettere al richiedente di poter realizzare il proprio progetto di vita in un altro stato membro, questi meccanismi di mobilità interna all'Ue vanno attivati prioritariamente. Di conseguenza, va rivista in profondità la procedura di individuazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione. Una volta definite quote adeguate di ripartizione vanno creati i centri destinati a identificare i profughi e contestualmente a permettere loro di accedere alla procedura d'asilo già nella fase successiva al primo soccorso, individuando il paese europeo competente innanzitutto in base alle esigenze umanitarie e familiari.

Fondamentale è, poi, attuare un sistema comune e uniforme di asilo e di politiche dell'accoglienza in tutti i paesi europei. Questo potrebbe portare ad una riduzione sensibile del numero e dell'entità dei movimenti interni non regolari.

Non solo: é necessario e urgente intervenire laddove i flussi si addensano. È indispensabile, dunque, avviare programmi di reinsediamento e di ammissione umanitaria con numeri molto superiori rispetto a quelli, pressoché irrisori, previsti dall'agenda dell'Unione. Va messa in atto, pertanto, una strategia a livello europeo di anticipazione/avvicinamento della richiesta di protezione internazionale nei paesi di transito dei profughi; qui, quando possibile, va istituito un sistema di presidi, assicurato dalla rete diplomatica dei singoli Stati membri e dell'Unione, insieme a UNHCR e altre organizzazioni umanitarie. Qui i profughi verranno accolti temporaneamente per poi essere trasferiti con mezzi legali e sicuri in Europa, nello Stato membro in cui chiederanno asilo. Ne consegue che si devono intensificare in tempi brevi le iniziative di cooperazione con i paesi di transito dei flussi.

Infine, va ricordato che oggi la possibilità di ingresso regolare per motivi di lavoro, di studio e di famiglia nei diversi Paesi europei non è garantita in maniera sufficiente a rispondere all'attuale domanda e alle richieste del futuro prossimo. Questo comporta inevitabilmente irregolarità, precarietà e sfruttamento. È necessario invertire la rotta. Prima che sia troppo tardi. Lo chiederemo il prossimo Sabato dalla stazione di questa città che, negli scorsi mesi e ancor oggi, ha conosciuto e conosce il dolore di tanti fuggiaschi. E con noi lo chiedono esponenti delle istituzioni e volontari e l'agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati; e lo chiederanno le parole e i suoni di Paolo Fresu e Moni Ovadia, del coro di Ardadioungo e di Paolo Rossi, di Maurizio Maggiani e di Tetes de Bois.

Fonte immagine: altoadige.gelocal.it

Pubblicato: Mercoledì, 30 Settembre 2015 12:16

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