Sistema di accoglienza
I buchi neri di Alfano
il manifesto, 19-06-2015
Luigi Manconi, Valentina Brinis
Per velocizzare i rimpatri il ministro dellinterno ripropone il trattamento dei migranti. Ma dimentica il fallimento e le illegalità dei Cie nel passato
In questi giorni riemerge con forza il tema dei centri di identificazione e di espulsione indicati come gli unici luoghi da cui verrebbe garantito un effettivo rimpatrio degli stranieri irregolarmente presenti. E, in teoria, doiÌrebbe essere proprio così. Dovrebbe accadere, infatti, che le persone trattenute in queste strutture vengano quanto prima identificate e poi rimpatriate. Ma, come è stato ampiamente dimostrano, ciò si verifica solo in pochi casi. Si prenda ad esempio il 2014, anno in cui la percentuale di quanti sono stati riportati nel loro paese dopo essere transitati nei Cie, è stata del 55%. Un dato che può trarre in inganno se non si precisa che il numero assoluto corrisponde esattamente a 4.986 stranieri entrati anche solo per poche ore in un Cie, di cui 2.771 sono stati poi effettivamente rimpatriati.
Nel 2013, invece, si sono calcolati 6.016 ingressi e 2.749 espulsioni eseguite. Chi non rientra in questa cifra, in alcuni casi viene dimesso dai centri senza essere stato identificato e senza aver avuto la possibilità di regolarizzare la sua posizione; mentre in altre circostanze dovrà provvedere autonomamente a eseguire il rimpatrio. Ma ciò che più colpisce è l`incidenza dello 0,9% dei rimpatriati sul totale degli stranieri irregolari che si stima siano presenti in Italia. E questo rende il tasso di efficacia del Cie davvero molto basso.
A spiegare i dati qui riportati c`è la difficoltà a eseguire il rimpatrio. Esso infatti dipende da molti fattori tra i quali il rapporto con le autorità consolari dei paesi in cui lo straniero è destinato a ritornare. Ed è proprio questo a risultare il maggiore impedimento. Non sempre, infatti, si instaurano rapporti di collaborazione tali da garantire tempi di rimpatrio compatibili con quelli previsti dalla normativa sul trattenimento. E, dunque, quando il ministro dell`Interno Angelino Alfano si lascia andare a proclami su questo argomento, e in particolare sulla necessità di aumentare il tasso dei respingimenti e allontanamenti, e sulla capacità dell`Italia di eseguirli, dovrebbe tenere presente quali sono le difficoltà reali che impediscono un simile automatismo. Non solo. Qualora si verificassero le condizioni per mettere in atto un piano di azione in cui i respingimenti si velocizzano e diventano uno strumento funzionale per la gestione dei flussi di migranti in ingresso, il ministro non deve cedere in alcun modo alla tentazione di un suo utilizzo sistematico.
Come è avvenuto in passato quando, complici la fretta e la prepotenza, si sono compiute azioni addirittura illegali. Lo dimostra una recente sentenza della Cassazione riguardo il dovere delle autorità competenti di fornire informazioni sulla protezione internazionale prima di notificare un ordine di allontanamento. Ciò in riferimento a un fatto avvenuto a febbraio del 2014 quando un migrante di nazionalità nigeriana, difeso dall`avvocato Alessandro Ferrara, dopo essere stato soccorso in mare dalla nave San Giusto, aveva immediatamente ricevuto il provvedimento di respingimento e, in breve tempo, si era ritrovato al Cie di Ponte Galeria, nei pressi di Roma. Da qui, poi, aveva presentato domanda di asilo, sostenendo che quella possibilità non gli fosse stata accordata al momento dello sbarco. La Cassazione ha così disposto che in questo caso il trattenimento fosse illegittimo autorizzando l`uscita immediata dal centro.
A questo punto, oltre alla speranza che la riforma del diritto di asilo garantisca effettivamente a chi ne abbia necessità una tutela adeguata, è consigliabile fare tesoro degli errori del passato soprattutto in una fase come questa in cui si prospetta una pianificazione degli interventi futuri. E come si è visto, in tema di immigrazione, il grande limite è stato sempre la carenza di memoria.