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Italia - Razzismo

"Non sono razzista ma...": la paura ai tempi dello Ius soli

non sono razzista maRepubblica.it, 20 settembre 2017

di Silvana Mazzocchi

L'odio contro gli stranieri è ormai legittimato? Luigi Manconi e Federica Resta analizzano la situazione e indicano come la politica dovrebbe saper raccogliere quel "ma" come grido di aiuto

"NON sono razzista, ma..."   se nessun italiano si dichiara razzista, come mai sempre più spesso il linguaggio denuncia il contrario? E a chi attribuire la responsabilità di comportamenti sociali al limite della xenofobia, certo non rari nel nostro paese? Sono gli italiani a essere razzisti oppure, nell'indifferenza della politica, gli imprenditori della paura hanno trovato e trovano terreno fertile per coltivare l'avversione contro lo straniero; un atteggiamento che  a volte rischia di sfociare persino in odio?

Luigi Manconi, Presidente della Commissione per i diritti umani del Senato e insegnante di Sociologia dei fenomeni politici all'Università IULM di Milano e Federica Resta, avvocata e dottore di ricerca in Diritto Penale, nel loro saggio "Non sono razzista, ma" analizzano quanto sta accadendo in Italia dove, a fronte di un inarrestabile flusso migratorio, cresce in modo esponenziale il timore verso chiunque arrivi nel nostro paese in cerca di riparo dalla guerra e dalla fame o, più semplicemente, di una vita migliore. Un timore che trova attuale conferma nel muro che si è alzato per bloccare la legge sullo Ius soli, anche se la norma riguarda solo chi, di provenienza straniera, sia nato in Italia

Ci si chiede che fine abbiano fatte le conquiste per l'uguaglianza tanto radicate nel nostro paese. Gli autori ipotizzano che, dietro quel "ma", contenuto nella  frase ripetuta spesso da molti, ci sia un'esplicita richiesta di aiuto a "non diventare razzisti". E il rischio sarebbe alimentato dalla fragilità economica e dalle tensioni sociali contemporanee "che mettono gli uni contro gli altri: gli ultimi (i migranti e profughi) e i penultimi (gli strati più poveri tra gli italiani)". Una situazione che rischia di degenerare in vero e proprio razzismo, mascherato da una motivazione (la necessità di garantire ai cittadini la massima sicurezza e stabilità possibili) che sembra avere più di un fondamento ma, che alla prova dei fatti, non trova riscontro nei dati che riguardano la criminalità. Se è vero, come è vero, che il gran numero di reati non sono commessi da extracomunitari  regolari, bensì dagli "irregolari". E gli autori ricordano che è l'essere irregolari la "fondamentale causa della pericolosità sociale degli stranieri e dell'alto numero dei detenuti".

Oltre a lanciare un grido di allarme e, oltre a denunciare come e quanto l'intolleranza etnica abbia ormai trovato spazio nella sfera politica, al punto che anche figure di rilevanza istituzionale arrivano a incentivare reazioni xenofobe tra i cittadini, Manconi e Resta argomentano del come si possa evitare che l'indifferenza e il vuoto della politica favoriscano il passaggio dalla xenofobia più o meno espressa, al vero e proprio razzismo.Il pericolo esiste. Il ruolo di una politica degna di questa nome sarebbe "disincentivare e disinnescare l'ansia collettiva", senza cedere alla tentazione di trasformarla soltanto in una strumentale risorsa elettorale.

Non sono razzista, ma... Che cosa si nasconde dietro a quel "ma" ?
"Quella frase ha una molteplicità di significati. Il primo e forse più importante esprime una sorta di grido di aiuto. Una richiesta che può assumere toni drammatici: aiutatemi a non diventare razzista. I principi di uguaglianza nei quali si riconoscevano molti italiani fino a qualche tempo fa sono oggi assai più fragili a causa della crisi economica e delle tensioni sociali. Dunque, in una situazione dove la convivenza tra italiani e stranieri si fa sempre più precaria, non essere razzisti è diventato più difficile. Forte è, infatti, la tentazione di attribuire la responsabilità del proprio disagio e della propria fatica di vivere a un nemico esterno, tanto meglio se diverso anche fisicamente da noi: lo straniero. Ma non tutti si rassegnano e da qui nasce quella frase che è anche un grido di aiuto, indirizzato alla classe politica: a chi governa e a chi amministra. D'altra parte quelle parole sottintendono un meccanismo psicologico tanto elementare quanto diffuso, volto da un lato a prendere le distanze da atteggiamenti e azioni ritenuti comunemente riprovevoli ('non sono certo razzista'); dall'altro lato quella frase vale a introdurre specifiche eccezioni, che si vorrebbero limitate, ma che tendono fatalmente alla generalizzazione, per esempio: 'non sono razzista, ma gli islamici sono terroristi'".

Oltre a subire l'influenza degli "imprenditori della paura", non credete che l'intolleranza etnica si stia espandendo anche per il gran numero di extracomunitari che commettono reati, come i recenti avvenimenti di cronaca e la loro presenza in carcere?
"Il tasso di criminalità tra gli stranieri regolari (oltre 5milioni) è pressoché pari a quello rilevato tra gli italiani: e, per alcuni reati, è anche minore. Quella percentuale cresce in maniera assai significativa tra gli irregolari: è questa dunque la fondamentale causa della pericolosità sociale degli stranieri e dell'alto numero dei detenuti. Da qui l'esigenza di regolarizzare quegli stranieri che si trovano in una condizione di marginalità e di non visibilità, pur lavorando, e moltissimo nei ristoranti e nei cantieri, nell'agricoltura e nel commercio. Non è una proposta 'di sinistra' e, tantomeno, 'buonista': è una ipotesi intelligente e razionale, fatta propria dai governi di molti paesi europei: e dallo stesso governo Berlusconi-Maroni, responsabile della più grande sanatoria della storia nazionale. Ovvero centinaia di migliaia di extra comunitari legalizzati in poche ore nel 2009".
 
Il passaggio dalla xenofobia al razzismo è un rischio. Come si può scongiurare nel rispetto dei diritti di tutti, italiani compresi?
"È proprio nello spazio tra la fobia e la discriminazione che dovrebbe agire la politica ed è lì che, in genere, la politica non agisce. IL diffuso sentimento di inquietudine e di ansia degli stranieri, infatti, non è destinato fatalmente a diventare violento e aggressivo e a farsi razzismo. É qui, dunque, che si gioca tutto intero il ruolo della politica. È questa che può svolgere un compito di razionalizzazione e negoziazione o, all'opposto, può funzionare da irresponsabile incentivo e detonatore di pulsioni violente. La politica può disincentivare e disinnescare quell'ansia collettiva oppure può trasformarla in una strumentale risorsa elettorale. Si pensi a un primo ed essenziale dato: i comuni italiani sono 7.982  e, di questi, appena 1300 hanno accettato di realizzare progetti di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo. La conseguenza è presto detta: su questi 1300 si scarica l'intero peso di un sistema che, se equamente distribuito tra tutti i comuni sarebbe assai più leggero e produrrebbe un numero assai minore di tensioni e conflitti. Insomma, la politica, se davvero lo volesse, potrebbe allo stesso tempo rispondere alle domande sociali e al bisogno di sicurezza dei residenti e alle necessità di tutela e di integrazione dei nuovi arrivati. Ma in genere, per una manciata di voti, gran parte della politica preferisce vendersi l'anima".
 
Luigi Manconi - Federica Resta
Non sono razzista, ma
Feltrinelli
Pagg.150, 15 euro

Pubblicato: Venerdì, 22 Settembre 2017 12:08

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