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Home a buon diritto

Scrittori invisibili

Artefici del nostro destino

Nella vita abbiamo spesso l'impressione di sentirci incastrati nelle situazioni che stiamo vivendo, vittime delle circostanze, e nello stesso tempo sappiamo che in quelle situazioni indesiderate ci siamo capitati anche in virtù delle nostre scelte o abitudini. Noi non scegliamo la nostra nascita né il luogo né il momento in cui venire al mondo e ci muoviamo in una realtà che ci condiziona (i genitori, la famiglia, l'ambiente...), eppure nel momento in cui viviamo dobbiamo sempre decidere.

C'è un'efficace metafora dallo psicologo Hillman che rende bene questa contraddizione: "Abbiamo sempre addosso il collare, ma il collare è adattabile". Spostando il discorso dal terreno individuale a quello collettivo, sappiamo che il periodo storico in cui viviamo ci condiziona materialmente e culturalmente, ma ugualmente vogliamo difendere la nostra personale libertà di scelta. Nella Storia ci sono stati e ci sono tuttora sistemi politici e sociali che si basano sulla mortificazione della libertà individuale, sistemi, cioè, che stringono più forte il collare e riducono lo spazio di manovra per adattarlo (le dittature, le istituzioni organizzate gerarchicamente sulla base dell'autorità...). Ci è sembrato utile approfondire la conoscenza storica di questi sistemi per capire i meccanismi con i quali essi esercitano un potere sui comportamenti individuali.
Per questo abbiamo invitato Luciano Zani, professore di Storia Contemporanea a La Sapienza, a tenere una lezione sul seguente tema:


CATTIVI SI NASCE O SI DIVENTA?
I meccanismi nei regimi di dominio: obbedienza all'autorità e responsabilità individuale
(Sintesi dell'incontro nel Laboratorio di scrittura di Rebibbia
con il prof. Zani, docente Storia Contemporanea, La Sapienza)
14.02.2013

Il secolo scorso è stato il secolo dell'omicidio di massa: 1 milione e mezzo di Armeni uccisi dai Turchi nel 1915; 6 milioni di ebrei più 3 di russi, 2 di polacchi... nella seconda guerra mondiale; 20 milioni nei gulag sovietici; quasi 30 milioni nella Cina di Mao Tze Tung... Da tremila anni gli stati compiono il male: Agamennone davanti alle porte di Troia incitava gli Achei a non risparmiare nessun troiano, neanche quelli nel grembo materno, e le stesse parole sono state usate nel genocidio del 1994 in Ruanda. In nome di un'ideologia e in base all'ordine di autorità carismatiche gli uomini distruggono altri uomini, i Nemici!
E' consolatorio pensare che tra male e bene ci sia un abisso, così come tranquillizza ritenere, come fanno in molti, che la responsabilità di certe azioni riprovevoli moralmente o sanzionabili socialmente sia da attribuire alle "mele marce". Ma se si vuole imparare dalla storia e dall'esperienza dobbiamo prestare attenzione ai meccanismi che fanno "marcire la mela", vale a dire al "cesto". Ci sono due tendenze di pensiero: quella che interpreta i comportamenti individuali preferibilmente come determinati da fattori disposizionali, cioè dal carattere, dai tratti della personalità, dalla predisposizione genetica; e quella che attribuisce maggiore incisività ai fattori situazionali, cioè alle condizioni e ai meccanismi che favoriscono quei comportamenti. E' auspicabile un equilibrio tra le due tendenze.

Quali sono i meccanismi con cui i fattori situazionali esercitano un potere sui comportamenti individuali? Alcuni psicologi sociali hanno condotto degli esperimenti per studiare queste situazioni, quello più noto (ne è stato fatto anche un film The experiment, Hirschbiegel 2001) è il seguente:
Esperimento condotto da Philip Zimbardo nell'università di Stanford (1971) - Dei volontari selezionati tra gli studenti universitari furono suddivisi in prigionieri e guardie carcerarie. Entrambi i gruppi avevano dei segni di riconoscimento: cranio rasato e tuniche, i detenuti; uniformi e occhiali scuri, le guardie. A queste ultime fu data una lista di regole che dovevano far rispettare, senza però far uso di violenze fisiche. Bene, l'esperimento fu interrotto una settimana prima della scadenza prevista perché le guardie costrinsero i detenuti ad azioni degradanti e pericolose, superando di gran lunga l'immaginazione degli ideatori dell'esperimento. I volontari, pur sapendo che si trattava di un esperimento, si calarono nel ruolo al punto di esercitare violenze sui sorvegliati, sentendosi legittimati a farlo dall'autorità scientifica.

Nel 2007 Zimbardo pubblica il risultato dei suoi studi includendo anche la sua esperienza di perito nel processo sul caso "Chip" nel carcere di Abu Ghraib (L'effetto Lucifero. Cattivi si diventa?, Cortina 2008). Nel libro mette in evidenza gli elementi comuni tra l'esperimento di Stanford e i comportamenti dei soldati americani contro i prigionieri iracheni. E siamo nel 2004.
Nel 1942 il Battaglione 101, costituito non da SS ma da semplici riservisti della polizia tedesca, uccise in un giorno solo con un colpo di pistola alla nuca 1500 ebrei, abitanti di un villaggio polacco. Lo storico Browning traccia una somiglianza tra l'esperimento di Stanford e il massacro del '42: in entrambi i casi si tratta di uomini comuni, che accettano un ordine per obbedienza a una autorità, per conformismo sociale.
In sintesi, i meccanismi che inducono a comportamenti inumani sono i seguenti:
- La forza della paura e della minaccia. In situazioni particolari, come la guerra, si spezza la routine quotidiana e si crea un clima di minaccia e paura, che induce anche le persone pacifiche a diventare guerrieri. Himmler nell'incitare le SS a uccidere anche le donne diceva loro che se non lo avessero fatto sarebbero stati i nemici a uccidere le loro.
- Strettamente connessa al primo punto è la disumanizzazione del nemico: il nemico non è una persona, bisogna annientarlo perché è una minaccia.
- L'obbedienza cieca all'autorità. Disubbidire all'ordine veniva interpretato come atto di viltà non di umanità.
- La deindividuazione è implicita nel conformismo: se ci sentiamo tutti uguali è più facile compiere il male.
- L'inerzia, l'indifferenza alla sorte dell'altro, il voltare la faccia dall'altra parte.

Nel dibattito seguito alla lezione i detenuti hanno messo in evidenza i meccanismi di conformismo sociale e di deresponsabilizzazione presenti nel carcere, meccanismi che contrastano con l'art. 27 della Costituzione, secondo cui le pene deve tendere alla rieducazione e al reinserimento nella società. Anzi, la parola stessa "rieducazione" fa pensare all'addestramento. Una cosa che individualmente è necessario fare è potenziare la conoscenza della realtà e di noi stessi.
(Luciana Scarcia)

Al termine dell'incontro, il prof. Zani ci ha letto il seguente decalogo:


DECALOGO PER RESISTERE ALLE INFLUENZE INDESIDERATE
(suggerito da Philip Zimbardo in L'effetto Lucifero, Cortina, 2008)

"Ho sbagliato"- Ammettere i propri errori prima a noi stessi e poi agli altri; "darci un taglio" invece di perseverare nell'errore comporta un costo immediato, ma a lungo termine è sempre un vantaggio.

"Sto attento" - Ricordarsi di non vivere la vita con il pilota automatico, ma di concedersi sempre un momento zen per riflettere sul significato della situazione attuale. Praticare il pensiero critico: domandare argomenti che sostengano le affermazioni, immaginare scenari finali delle conseguenze future di qualunque pratica attuale.

"Sono responsabile" - Assumere le responsabilità delle proprie azioni mette l'attore al posto di guida, nel bene e nel male, e rende più resistenti all'influenza sociale indesiderabile. L'obbedienza all'autorità è meno cieca nella misura in cui si è consapevoli che la diffusione della responsabilità maschera semplicemente la nostra complicità collettiva in azioni discutibili.

"Affermerò la mia identità" - Non permettere agli altri di deindividuarci, di collocarci in una categoria, in uno scomparto, di trasformarci in un oggetto. Operare per cambiare qualunque condizione sociale che renda anonime le persone. Non praticare stereotipie negative: parole, etichette e battute che possono essere distruttive se sbeffeggiano altre persone.

"Rispetto l'autorità giusta ma mi ribello contro l'autorità ingiusta" - Distinguere quelli che detengono l'autorità per competenza, saggezza, anzianità o status speciale e quindi meritano rispetto, e quelli che sono pseudo-leader, imbroglioni, falsi profeti, promotori di se stessi.

"Voglio essere accettato nel gruppo, ma do valore alla mia indipendenza" - Essere accettati in un gruppo è un bisogno naturale perché siamo animali sociali, però il conformarsi a una norma del gruppo è talvolta controproducente per il bene sociale, quindi è fondamentale vagliare quando seguire la norma e quando rifiutarla.

"Sarò più attento al framing (influenza esercitata dal modo di presentare questioni)" - Il modo in cui le questioni sono presentate ha spesso più influenza degli argomenti persuasivi sviluppati. Immagini, slogan, loghi ci influenzano senza che ce ne accorgiamo (V. pubblicità). Cercare quindi di vigilare per far fronte al potere del framing sulle nostre emozioni, sui nostri pensieri.

"Equilibrerò la mia prospettiva temporale" - Quando ci facciamo intrappolare in un presente dilatato e cessiamo di fare assegnamento sul nostro senso degli obblighi passati e sul nostro senso delle responsabilità future, ci esponiamo alle tentazioni situazionali. Sviluppando una prospettiva temporale equilibrata, in cui sia possibile attivare passato, presente e futuro, si agisce più saggiamente e responsabilmente.

"Non sacrificherò le libertà personali o civili all'illusione della sicurezza" - Quando ci si trova di fronte a presunte minacce della nostra sicurezza o a una promessa di sicurezza, si può essere indotti a pensare che valga la pena sacrificare un po' delle libertà personali. Non è mai così, perché i sacrifici sono effettivi e immediati, mentre la sicurezza è una remota illusione.

"Posso contrastare i sistemi ingiusti" - Gli individui vacillano di fronte alla forza dei sistemi militari, penitenziari, di bande, sette, ecc. Ma la resistenza individuale, unita a quella di chi condivide lo stesso atteggiamento, può fare la differenza. Resistere può significare sfidare il pensiero di gruppo, ottenere aiuto da altre autorità, documentare le accuse di atti illeciti, ecc.

a cura di Luciana Scarcia

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