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Le Storie

Manuel Eliantonio

Manuel EliantonioLa vicenda

Manuel Eliantonio, 22 anni,  muore il 25 luglio 2008 nel carcere Marassi di Genova, ufficialmente in seguito ad un arresto cardiaco provocato dall'inalazione di gas contenuto in una bomboletta.

 
Sette mesi prima, il 22 dicembre 2007, Manuel, residente in Liguria, aveva trascorso la serata  in compagnia di quattro amici, in una discoteca vicino Cuneo. La mattina dopo, percorrendo l’autostrada Torino-Savona per tornare a casa, l’auto guidata da Eliantonio si ferma per una sosta in autogrill. Lì, i ragazzi vengono fermati per un controllo antidroga, al quale, stando a quanto riferito dagli agenti, risultano positivi tutti e cinque. La circostanza, in ogni caso, non è documentata.
 
Manuel, già in attesa di giudizio per furto e ricettazione, chiede agli agenti di potersi appartare dietro a un cespuglio per bisogni fisiologici. Preso dal panico tenta la fuga, ma è subito inseguito da un agente e portato nella caserma della polizia stradale insieme agli amici. Gli altri quattro, però, vengono rilasciati poco dopo, mentre Eliantonio è tradotto nel carcere di Savona. Deve infatti rispondere di resistenza a pubblico ufficiale  e lesioni plurime; e pare inoltre che guidasse un’auto rubata.  Manuel passa così un mese in carcere. Il fermo, poi, viene tramutato in obbligo di dimora, e il 16 marzo in arresti domiciliari. Qualche giorno dopo, però, non avendo rispettato i domiciliari, Eliantonio viene trasferito nuovamente nel carcere di Savona. Nel giro di poco tempo, viene trasferito prima nel carcere di Chiavari e poi a Torino, dove viene condannato con condizionale per i reati precedenti. Nuovamente a Chiavari, riceve una condanna di cinque mesi e dieci giorni per resistenza a pubblico ufficiale, e poco dopo viene trasferito ulteriormente, stavolta nella casa circondariale Marassi di Genova.
 
I mesi in carcere sono per Manuel molto duri: innanzitutto, i continui trasferimenti impediscono alla madre, Maria, che ha un’altra figlia piccola e versa in una difficile situazione economica, di andarlo a trovare. Oltre a questo, nelle sue lettere e nei racconti ai familiari, denuncia alcune circostanze piuttosto gravi: somministrazione forzata di psicofarmaci, isolamento protratto per molti giorni la settimana e violenze ripetute. In effetti, nella cartella clinica di Eliantonio, se ne trova  riscontro. Il 7 luglio vengono segnate una contusione nasale e una lesione alla base della fronte; entrambi i traumi, però, sono spiegati come fenomeni di autolesionismo, benché l’autolesionismo in carcere si manifesti in genere sotto altre forme. La cartella conferma anche la prescrizione terapeutica di ingenti dosi di psicofarmaci, malgrado il motivo di tale prescrizione resti oscuro.
 
La mattina del 25 luglio, un settimana prima della data di scarcerazione, Maria Eliantonio viene informata della morte del figlio. Il decesso viene subito spiegato come un suicidio, realizzato tramite l’inalazione del gas della bomboletta del fornello usato in cella. Stando alla ricostruzione ufficiale, il corpo di Manuel viene trovato nel bagno della cella, poco prima delle 7 di mattina, da un detenuto. Molte sono, però, le contraddizioni. L’autopsia indica tra le 22:50 e le 00:50 la probabile ora del decesso, ma questo non coincide con le deposizioni fornite dai compagni di cella, secondo i quali, intorno alle 2 di notte, Manuel si trovava ancora nel suo letto. Inoltre, gli stessi compagni di cella hanno dichiarato di aver sentito un forte odore di gas, al momento del rinvenimento del corpo, benché teoricamente dal decesso fossero passate molte ore. Un altro punto poco chiaro riguarda la bomboletta: secondo il pubblico ministero, al momento del rinvenimento del corpo, questa si trovava per terra; un detenuto, al contrario, ha raccontato di averla trovata ancora in mano al cadavere, e di averla lui stesso presa e  buttata nella spazzatura. Ci sono poi delle macchie rosse, viste nel bagno da un detenuto, che non risulta siano mai state prese in esame.  
 
Un altro dato, molto grave, riguarda le condizioni del corpo di Manuel così come Maria Eliantonio lo trova all’obitorio: dirà lei che il viso sembrava percosso, il collo spezzato, la pelle veniva via come bollita e sembrava che delle tracce di sangue fossero state ripulite. Il giorno del funerale, poi, quando i parenti si avvicinano al corpo di Manuel, un addetto della camera mortuaria grida loro di stare lontani: “ Non toccatelo, ha l’Aids”, dice, malgrado nulla lo dimostri.
 
In tutta la vicenda, però, la circostanza più oscura rimane questa: Manuel, in seguito a un trauma infantile, aveva sviluppato una vera e propria fobia nei confronti del gas tanto che, secondo quanto dichiarato dalla madre, a casa non era solito nemmeno accendere i fornelli per cucinare.
 Sulla morte di Manuel Eliantonio è stato aperto un fascicolo, in seguito archiviato. Pochi mesi dopo la morte del figlio,  Maria Eliantonio ha aperto un blog (http://blog.libero.it/manuelEliantonio).
 

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