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Passaggio a livello: Tanto rumore per nulla?

parlamento18-03-2015
Ubaldo Pacella

Molto rumore per nulla, non possiamo dimenticare le mirabili invenzioni di Shakespeare osservando le minuzie della politica italiana arrovellata da un unico desiderio: far cadere Renzi.

I tratti dell’agire dell’attuale Presidente del Consiglio in effetti rimandano, con varie sfumature di enfasi a Rabelais o le granguignolesco avventure fatte di mirabolanti annunci e di irreali gesti, il tutto per esercitare una critica sottile, quanto corrosiva e intelligente, ai despoti del ‘500 e alle loro corti.
Oggi, invero, assistiamo, in Italia e non solo, ad un modesto teatrino dei burattini. Si esercitano su questa minuscola scena nel nostro Paese imbolsiti tribuni, vittime delle proprie ideologie, sconfitti, nelle poche fabbriche che rimangono aperte, dai fatti. Siamo tentati dal dire, con un modesto gioco di parole, non “ne podemus più”.

Specchio riflesso di questo atteggiamento sinistroide è quello di una destra inflazionata dal becerume, da un populismo cialtrone, da un’intolleranza di maniera che del razzismo coglie gli elementi di un confronto da bar dello sport, nei crocicchi più avulsi del grande nord. Idee, che in modo confuso e dissonante, aleggiano nel nostro Paese e in tutto il vecchio continente.

Il centro della scena, invero, dobbiamo chiarirlo senza dubbio alcuno, dovrebbe essere occupato da una politica attiva per la ripresa economica, la nuova occupazione, il rendere moderna ed efficiente, per quanto possibile, una macchina pubblica che oscilla tra il velleitarismo disorganizzato borbonico e l’affarismo corrotto delle corporazioni e delle lobbies. Il resto, con le quotidiane querelle politiche, è troppo distante dalle esigenze degli italiani, dalle logiche del mercato e dell’impresa, dalle necessità sociali orientate verso uno sviluppo ecosostenibile e scelte inclusive, capaci di ridurre lo iato esasperante tra un volgo privo di risorse e speranze e una ristrettissima minoranza di beneficiati.

Questa rappresentazione, sulla quale si concentrano tutte le vere attenzioni e gli interessi degli italiani, appare grottescamente sfumata dalle ricostruzioni che i mass media offrono dell’agitarsi di alcuni volenterosi autoproclamati leader nella politica nostrana. I Landini e i Salvini, legati dalle loro stesse desinenze, appaiono ben poca cosa rispetto alle necessità che politica, partiti e parlamentari debbono affrontare. I due non potrebbero essere così diversi nell’apparire, così simili nella chiave interpretativa di fondo che muove le loro azioni. Entrambi vorrebbero restaurare un passato sepolto per sempre. Landini, da un lato, si mostra come un personaggio di un nobile, ancorché, polveroso passato, alla ricerca di un conflitto di classe ormai inesistente e in modo permanente avulso dalla realtà, come da ogni disegno di vera innovazione sociale per il futuro. Gli si contrappone il Matteo leghista agitatore di nodosi bastoni di carta per randellare a dovere, nelle loro speranze, il Renzi Presidente del Consiglio, e il PD motore dell’attuale stagione politica, senza tralasciare qualche insulto da osteria al vecchio leader Berlusconi o un ancor più sanguinoso dileggio all’odiato Alfano.

Un intreccio, quello leghista a ben vedere, degno della commedia dell’arte, delle maschere come Arlecchino e Brighella, in alcuni tratti della più corrosiva ironia goldoniana. La volontà di usare Zaia in Veneto, come portatore di verdi bandiere della vittoria contro il potere romano, è messo a repentaglio da una baruffa tutta interna alla lega tra i padani egemoni da sempre nella scia di Bossi, rispetto ai veneti della “Liga” ai quali va riconosciuto il primato dell’idea del localismo già nei primi anni ’80.

Un florilegio di alleanze spurie tra Tosi e Alfano non si sa se tatticamente ebortite sull’onda dell’ennesimo scandalo giuridico da un lato, agguerriti avversari di Forza Italia e della Lega dall’altro. C’è da stupirsi come gli elettori di centro destra di sani principi liberali possano trovare un riferimento o un barlume di appartenenza in un confronto tra modesti attori di provincia, chiamati sul palco per uno sketch di qualche minuto in qualità di comparse a volte imbarazzanti e, costretti per gioco della sorte, a rimanervi per l’inopinata assenza di veri attori capaci di dar vita e luminosità anche al copione più sciatto.
Il Maurizio Landini si è improvvisato artefice della federazione di una galassia di micromovimenti autoreferenziali, quanto inconsistenti nei numeri, uniti dal velleitarismo protestatario, da un vago sentore sessantottino, mai in grado di solleticare le coscienze, le anime o i cuori con idee e proposte, utopie che parlino e mettano al centro dell’agire l’uomo e il suo futuro.

Un’azione sostanzialmente eversiva quella del leader sindacale della Fiom, rispetto alla stessa CGIL per la quale si propone come antagonista nella piazza dopo le brucianti sconfitte patite nel confronto sindacale con i lavoratori da un lato e con gli iscritti dall’altro. La gelida accoglienza riservata dai profeti del sinistrismo, da Vendola a Bersani, solo per citare i più eminenti, la dice tutta sulla scarsa vena e consistenza di questa idea che non poggia le basi su alcuna mobilitazione popolare, né scalda i cuori. Sembra già di leggere nella prese di distanza degli altri comprimari politici la preoccupazione di dover avere un altro commensale al dimesso banchetto delle spoglie della sinistra che fu. Nessuna novità, men che mai un guizzo originale, un’idea in grado di catturare la scena, un gesto nobile anticipatore di una lungimirante modernità.

Vedremo quali risultati potranno dare, in concreto, nel breve periodo questi spunti polemici, perché tali appaiono gli avventurosi progetti di Landini e di Salvini.
Potremmo essere smentiti dai fatti e, come sempre, ne faremo ammenda ammettendo l’errore con la dignità tipica di chi sa interpretare i fatti e renderli utili alle proprie elaborazioni, senza cercare scorciatoie o inutili scuse rispetto alle proprie analisi.

L’unico obiettivo, già enunciato, appare in realtà quello di aggregare gli spezzoni di coloro che da una parte o dall’altra, vorrebbero contrapporsi al “renzismo” imperante. Non pochi sono i limiti della politica incarnata dal giovane Presidente del Consiglio ma in realtà essa rifulge per la pochezza, o addirittura l’assenza di altre idee guida. I critici di questa stagione, all’interno e all’esterno del PD, si contendono le briciole di un dissenso asfittico, costruito sui distinguo, evocato da una chiara matrice di autoreferenzialità politica, nella realtà mai in grado di cogliere, le ansie, le aspettative e i bisogni di tutti gli italiani. Sarà un caso la trasversalità dell’attesa di positive novità che il Governo, nonostante lacci, lacciuoli e lentezza della politica comunica e realizza? Penso proprio di no. È nella assoluta mancanza di idee e proposte originali e innovative che si salda un’azione politica meno timorosa e impacciata di tutte quelle del passato, a dispetto del fatto di non poter contare su una maggioranza parlamentare coesa e motivata.

Renzi rafforza la propria leadership, perché chi ne contrasta l’azione non coglie le esigenze diffuse degli italiani. La necessità di concretezza, di speranza, di una sorta di lenta rivoluzione nei modi e nei metodi serpeggia negli ambienti più diversi, tra gli industriali e i lavoratori, tra i banchieri e i promoter finanziari, tra chi crede in un cambiamento possibile e chi già vi si adegua, mutando il proprio profilo perché teme che qualcosa dopo decenni possa cambiare realmente in Italia, con Matteo Renzi o con una nuova classe dirigente. che dietro di lui scalpita in maniera sempre più aggressiva e rombante.

Il duo degli …”INI” estremisti appare francamente così fragile e superato da non far barriera all’attuale Governo, soprattutto in chiave europea e internazionale.
L’Italia, con il suo abnorme debito pubblico, rappresenta forse l’unico reale pericolo di frantumazione per la UE. Questo comporta la necessità di adottare scelte inclusive e stimolanti per l’economia italiana, in modo tale che il Paese dei mandolini possa continuare a pagare gli interessi sul proprio debito e restare così a galla, salvando dal naufragio il galeone europeo che altrimenti sarebbe travolto dal gorgo della crisi economica. Tutto ciò non può che rafforzare, in un mutato scenario foriero di molte positive circostanze economiche, il ruolo e la tenuta dell’attuale Governo italiano. Molte sono le correzioni di rotta di cui necessiterebbe l’esecutivo, soprattutto scommettendo su una crescita capace di produrre lavoro, equità, politiche solidali e arretramento della corruzione e dello strapotere corporativo. Queste vere priorità restano lontane sullo sfondo ma a renderle, per ora, inattaccabili sono proprio gli avventurosi cantori di un’opposizione a Renzi, quelli che non concentrano la propria azione su questioni cruciali, bensì sollevano una polvere destinata a ricadere in poco tempo, lasciando immutato ogni paesaggio.


Fonte immagine; www.caffenews.it

Pubblicato: Mercoledì, 18 Marzo 2015 15:26