Tortura
Il Senato ha approvato (di nuovo) la legge sulla tortura
17 maggio 2017
di Gaia Romeo (A Buon Diritto),
Il Senato ha approvato in terza lettura il ddl tortura. Ora il testo torna nuovamente alla Camera.
Questa mattina il Senato ha approvato per la seconda volta il disegno di legge che introduce il reato di tortura nell’ordinamento penale italiano. Benché già dal 1988 – l’anno della ratifica della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti dell’Onu- sull’Italia gravi l’obbligo internazionale di dotarsi giuridicamente in questo senso, questo ddl è il primo che abbia una qualche speranza di essere approvato, sebbene assai tortuoso si stia rivelando il suo iter tra la Camere.
Il testo era stato presentato nel 2013, dal senatore del Pd Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani e presidente di A Buon Diritto. Tra le modifiche – più lievi – apportate dal Senato in prima lettura nel 2014 e poi – ancora più profondamente - dalla Camera nel 2015, il ddl è stato notevolmente trasformato: se nell’intenzione originaria la tortura si configurava come reato proprio, ovvero ascrivibile esclusivamente a un ufficiale o a chi eserciti pubbliche funzioni, come abuso di potere nei confronti di chi si trovi in stato di privazione della libertà o di minorata difesa, nella più recente versione si tratta di un delitto comune, che può essere messo in atto da chiunque si trovi a esercitare una forma di “vigilanza, controllo, cura o assistenza”.
Nel corso dell’esame alla Camera, successivamente, era stato introdotto il concetto di dolo specifico, ovvero l’idea che la tortura, per essere riconosciuta, dovesse essere stata compiuta per una precisa motivazione “al fine di ottenere (…) informazioni, dichiarazioni, o di infliggere una punizione o di vincere una resistenza, ovvero in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose”. Come faceva notare lo stesso Manconi, in questo modo sarebbe stata esclusa dall’ambito di applicazione del reato la tortura inferta senza alcuna motivazione, come è avvenuto per esempio a Genova nel 2001.
Così formulato, il testo è tornato al Senato. La Commissione giustizia di palazzo Madama ha apportato allora ulteriori modifiche: il concetto di dolo specifico è stato eliminato, ma alcune nuove precisazioni hanno reso comunque più problematico, rispetto al testo originario, provare la sussistenza del reato. Infatti il delitto, per essere tale, deve aver causato, oltre ad acute sofferenze fisiche e psichiche anche “un verificabile trauma psichico”, e le originarie violenze e minacce inferte alla vittima devono essere state agite “con crudeltà”. In più, nella nuova versione, esse dovevano essere qualificabili come “reiterate”.
Questo punto, duramente criticato da Amnesty International Italia, è stato parzialmente modificato nel corso della successiva discussione in aula: se nel luglio 2016, quando era iniziata per la prima volta questa seconda discussione al Senato, la qualifica di reiterate era stata eliminata, nelle ultime settimane è stato aggiunto un breve paragrafo in cui si dice che il fatto è punibile “se compiuto mediante più condotte”, con una formulazione vaga che rende però ancora più difficile accertare che un’azione riconducibile al reato di tortura sia stata effettivamente portata a termine.
In sostanza, nel testo che approderà alla Camera, il reato di tortura è un reato comune – ovvero commettibile da chiunque-, che per sussistere deve essere stato compiuto con crudeltà e mediante più condotte e che abbia provocato un verificabile trauma psichico, ma che non per forza sia stato agito con una precisa intenzione. Si specifica inoltre che la legge non è applicabile nel caso “di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti”, ma si prevede un aumento della pena se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio. È punito anche il reato di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura, e si disciplinano immunità ed estradizione nei confronti di cittadini stranieri sottoposti a procedimenti o condannati per il reato di tortura.
Di fronte allo stravolgimento del testo presentato nel 2013, Manconi ha preferito astenersi dal voto, dichiarando di non voler assumere la responsabilità delle modifiche apportate.
Nel frattempo, continuano le sollecitazioni internazionali: con la sentenza del 7 aprile 2015 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per quanto commesso nei confronti di Arnaldo Cestaro, picchiato durante il blitz alla Diaz nel 2001, riconoscendo che in quel caso si era trattato di tortura e che il ricorrente non avrebbe potuto ottenere giustizia nel proprio paese, non essendo tale reato previsto dall’ordinamento penale italiano. Poco più di un mese fa, inoltre, la stessa Corte ha preso atto della risoluzione amichevole tra lo Stato italiano e sei delle sessantacinque vittime di quanto avvenuto nella caserma di Bolzaneto, sempre a margine del G8, che avevano deciso di appellarsi a Strasburgo. Il governo italiano, riconoscendo i maltrattamenti subiti dagli interessati nonché l’assenza di leggi adeguate, ha accettato di versare 45.000 €, tra danni morali e spese processuali, a ciascuno dei sei ricorrenti, impegnandosi inoltre ad adottare le misure necessarie per garantire in futuro il pieno rispetto della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
Nella prima metà di marzo 2017, inoltre, si è svolta a Ginevra l’annuale sessione Human Rights Committee, l’organismo indipendente dell’Onu che monitora il rispetto del Patto Internazionale sui diritti civili e politici (CCPR). In seguito alla partecipazione dell’Italia – a ragione della quale anche A Buon Diritto, insieme ad altre associazioni che operano nel campo dei diritti umani, è stata chiamata a presentare un suo rapporto- sono state pubblicate le Osservazioni Conclusive: l’introduzione del reato di tortura è secondo il Comitato uno dei provvedimenti più urgenti da adottare.