Morire di carcere
Suicidi in carcere: possono essere previsti? Possono essere evitati?
Con la necessaria premessa che ogni caso di suicido contiene fattori di imponderabilità poiché deriva da situazioni e scelte personalissime, con il nostro lavoro stiamo cercando di comprendere meglio le motivazioni del suicidio tra i detenuti che, ricordiamolo, ha una frequenza 20 volte maggiore rispetto a quella nella cittadinanza italiana.
Non dappertutto è così: anche in alcuni paesi che riteniamo meno "democratici" e "civili" rispetto all'Italia i suicidi tra i detenuti sono meno frequenti: in Romania, ad esempio, ci sono 40.000 detenuti circa e avvengono di media 5 suicidi l'anno. In Polonia ci sono oltre 80.000 detenuti e si registra un numero di suicidi che è la metà rispetto a quello dell'Italia (dati del Consiglio d'Europa).
Nel dossier "Morire di carcere", ora confluito nel libro "In carcere: del suicidio e altre fughe" abbiamo analizzato oltre 1.300 suicidi avvenuti nelle carceri italiane dal 1980 al 2007, ma anche un numero molto maggiore di tentati suicidi avvenuti nello stesso periodo: 17.605, da tutti i possibili punti di vista; personologico, giudiziario, ambientale, etc.. .
Questo significa che oltre il 90% dei detenuti che tentano di togliersi la vita vengono "salvati" e, nel 70% dei casi, il suicidio viene sventato dall'intervento dei compagni di cella, mentre nel restante 30% circa sono gli agenti di polizia penitenziaria ed intervenire in tempo e salvare la vita al detenuto.
Quindi il regime di isolamento è assolutamente controproducente, rispetto al tentativo di evitare i suicidi. Di seguito potete vedere alcune indicazioni "di massima" (contenute nel libro), che speriamo possano aiutare quantomeno a ridurre le morti in cella.
Francesco Morelli,
curatore del dossier "Morire di carcere" per Ristretti Orizzonti