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Carceri: la proposta per l'affetto dietro le barre, ma il sesso c'entra poco

art rep 19 novla Repubblica.it, 19-11-2015
CATERINA PASOLINI

Forse presto ci sarà una legge per realizzare nei luoghi di pena le "stanze dell'affettività famigliare". Se ne sta occupando il parlamentare padovano del Pd, Alessandro Zan. La realtà di chi ha contatti troppo rarefatti con la famiglia e soprattutto i figli, che sono quelli che soffrono di più. "Non si può far pagare il debito con la giustizia anche agli innocenti"

ROMA - Nelle carceri italiane sono rinchiuse più di 50mila persone. Hanno perso la libertà, come condanna per i reati commessi, ma spesso finiscono per perdere anche quello che resta della loro vita, quello che in un futuro li ancorerebbe ad un'esistenza normale: la famiglia, mogli, figli, amici. Puniti anche loro, innocenti, con l'assenza, il vuoto dei legami. Genitori e bambini, donne e compagni di chi viene arrestato, dal momento in cui si aprono le porte del carcere hanno infatti solo sei ore al mese, in spazi comuni, in mezzo ad altri sconosciuti, per vedersi, parlare, cercare di mantenere rapporti, non perdere la crescita dei figli, un minimo di condivisione e intimità della vita fuori e dentro le sbarre. Per non perdersi un domani possibile.

Le "stanze dell'affettività". Di questo parla la proposta di legge per realizzare in carcere le "stanze dell'affettività famigliare", di cui primo firmatario è il parlamentare padovano del Pd, Alessandro Zan. Per raccontare la realtà di chi questa assenza la vive tutti i giorni, fuori e dentro le mura delle prigioni, in Commissione Giustizia alla Camera, via skype, sono arrivate le voci e i volti di chi s'incontra solo in parlatorio. Detenuti di Padova, dove ci sono esperienze modello in questo campo, hanno raccontato la loro fatica quotidiana nell'assenza, la paura di perdere gli ultimi legami, parole confermate dalla figlia e la moglie di un condannato. Pezzi di vita in giro per l 'Italia inseguendo un genitore trasferito di continuo, la vergogna di un padre che finge di lavorare in carcere come idraulico, perché non ha le parole per dire alla figlia la verità e in quelle risicate sei ore al mese in cui l'ha davanti vuole solo godersela anche se mentendo.

Il diritto all'intimità. La proposta di legge punta a concedere ai detenuti il diritto di intimità, un diritto che in molti paesi europei è gia legge e che viene declinato in modi diversi, da piccoli appartamenti per famiglie, a stanze per coppie, spazi aperti. La proposta italiana prevede una visita al mese, che può durare dalle 6 alle 24 ore in locali realizzati appositamente, le cosidette stanze dell'affettività, senza controlli visivi o acustici. Ora dietro un vetro ci sono gli agenti a controllare. Sulla proposta di Zan, realizzata in collaborazione con Ristretti Orizzonti, sito diretto da Ornella Favero, nominata presidente della conferenza nazionale volontariato a giustizia, e sottoscritta da altri 20 parlamentari di vari partiti (soprattutto Pd e M5Stelle), è stata subito polemica. Con la Lega nord ad accusare di voler "trasformare il carcere in un bordello".

"Non è giusto punire anche la famiglia". "Il sesso non c'entra nulla, qui stiamo parlando di altro. Un detenuto è giusto che venga punito perché ha commesso un reato, ma non è giusto che sia punita anche la famiglia. La proposta per il diritto all'affettività vuole garantire soprattutto ai figli una situazione di famiglia e di intimità più riservata per gli incontri, riproducendo una situazione di vita famigliare". Così ribatte De Zan. "Mi ricordo un ergastolano, arrestato in Belgio era abituato a vedere moglie, figli, essere trasferito in Italia e vederli sei ore al mese in parlatorio per lui fu un vero shock", racconta Ornella Favero che da anni vive in prima persona i problemi di chi si trova dietro le sbarre, soprattutto nel carcere di Padova e della Giudecca, dove ogni anno coinvolge cinquemila studenti, portandoli all'interno perché capiscano cosa vuol dire vivere in cella.

I più colpiti sono i figli dei detenuti. "Ho visto mogli di detenuti che hanno seguito per anni i propri mariti, in giro per tutte le prigioni d'Italia, solo per vederli poche ore - dice ancora Ornella Favero - gente che prima portava i figli e ora porta i nipotini, ma è come se per tutta la vita fossero state anche loro prigioniere, condannate, private dell'affettività. Ma sono i bambini i più colpiti, perché è difficile mantenere legami, farli crescere in sei ore condivise in uno spazio affollato, lontano da qualsiasi apparenza di vita famigliare e domestica. Penso - aggiunge Favero - sia una quesitone di sicurezza anche per la società: un detenuto che mantiene legami con la famiglia, una volta uscito dal carcere ha più probabilità di farcela". E parla dei vari esperimenti, di chi ha chiesto almeno l'uso di skype per vedersi più spesso, anche solo a distanza, oppure la richiesta di più ore al mese e periodi comunque più lunghi per incontrarsi. E poi gli spazi, anche se tutto questo ha a che fare con un cambiamento radicale dell'edilizia carceraria, sebbene all'inizio - sostengono in molti - ce la si potrebbe fare solo usando dei prefabbricati".

"E' una questione di dignità". Sulla stessa linea Donatella Ferranti, presidente della Commissione Giustizia alla Camera, che dice: "Il diritto all'affettività dei detenuti non è una questione di sesso in carcere: il problema è ben più serio e investe il rispetto della dignità umana e la necessità di garantire accettabili e non umilianti condizioni di vita negli istituti di pena. Del resto il riconoscimento del diritto all'affettività dei reclusi è contenuto già nei principi di delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario che abbiamo di recente approvato alla Camera votando la riforma del processo penale".

L'esempio di Bollate. E la realtà di alcune carceri italiani è gia più avanti della legge che verrà. "A Bollate - racconta il direttore, Massimo Parisi - c'è una sorta di appartamentino con cucina, divani, un ambiente simile ad una vera casa dove genitori e bambini possono passare le giornate". Una cinquantina, su gli oltre mille detenuti, quelli che, grazie alla partecipazione a progetti specifici, entrano nella stanza dei desideri. Dove senza controlli - solo una telecamera registra - padri e figli possono passare insieme ore ed ore cercando di ricostruire una normalità, una quotidianità perduta.

Pubblicato: Giovedì, 19 Novembre 2015 14:14

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