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Il nemico in casa ce l'ho io. È il padre di mia figlia

art huffi 16 novL'Huffington Post, 16-11-2015
DARIA SIMEONE

Quando ho saputo di quello che stava accadendo a Parigi ero in una bettola di Barcellona a mangiare gamberi e patate con una mia amica. La paura e la tristezza ci hanno colpito immediatamente, per quanto quell'orrore non poteva essere più lontano da dove eravamo, in quel momento di spensieratezza mangereccia. Ho pensato subito a mia figlia. La prima reazione è stata di metterci a discutere, su posizioni apparentemente distanti. Lei ricordandomi della nostra ipocrisia nel farci toccare solo da ciò che succede agli europei, dimenticando che altrove si muore ogni giorno e dimenticando quello che gli europei hanno fatto ad altri popoli. Io in qualche modo difendendo il mio dolore e, con pochissime argomentazioni valide, dicendo che non era il momento di fare la gara a quali morti contino di più. Abbiamo discusso animatamente, perché credo ci servisse a camuffare la tristezza, a finire i gamberi e le patate, e poi correre a casa.

Forse tutti quelli che hanno scritto su Facebook e Twitter del loro dolore e della loro rabbia, lo hanno fatto un po' per lo stesso motivo. Io, invece, a parte nell'intimità della bettola con la mia amica, non sono riuscita a scrivere niente. Perché qualunque pensiero, per quanto di solidarietà, mi sembrava ridicolo e irrispettoso di fronte a tanto orrore.

Poi ci sono quelli che si scoprono statisti ad ogni attentato terroristico e che ritirano in ballo la "profezia" di Oriana Fallaci. Che dice che il nemico ce lo abbiamo in casa

"Ed è un nemico che a colpo d'occhio non sembra un nemico. Senza la barba, vestito all'occidentale, col permesso di soggiorno. Con l'automobile. Con la famiglia. E pazienza se la famiglia è spesso composta da due o tre mogli, pazienza se la moglie o le mogli le fracassa di botte, pazienza se non di rado uccide la figlia in blue jeans, pazienza se ogni tanto suo figlio stupra la quindicenne bolognese che col fidanzato passeggia nel parco".

E allora su quello avrei una cosa da dire. Anzi, una domanda da fare. Conoscete personalmente una persona di fede musulmana? Vorrei presentarvi il mio compagno, il padre di mia figlia, l'amore della mia vita. Non ha un permesso di soggiorno perché è britannico da quando è nato, in Sudan, da una madre inglese e cristiana, unica moglie di suo padre. Così come io sono la sua unica fidanzata (ecco ha quel difetto lì che ancora non mi ha chiesto di sposarlo). Non mi fracassa di botte, sono io che gli fracasso le palle spesso e volentieri. Non va in moschea ad addestrarsi, le uniche uscite sospette sono quando va a giocare a Basketball, visto che la panza comunque non gli scende. Ma l'ho seguito anche lì per verificare, sarà un problema di metabolismo. Non torna in Sudan neanche in vacanza perché crede che il suo Paese debba prendersi le proprie responsabilità e liberarsi da una classe dirigente che usa la religione per controllare le vite. Il suo coinquilino, per anni, è stato un ebreo israeliano. Mangia il maiale, ma preferisce le salsicce inglesi a quelle italiane (glie l'ho detto che non capisce niente).

Prima che entrasse nella mia vita non conoscevo nessun musulmano. Conoscevo quelli che mi entravano in casa attraverso il telegiornale, i nemici, quelli che si portavano via con la forza i figli avuti con mogli occidentali, o che segregavano la figlia perché aveva messo la minigonna, o che si facevano esplodere per raggiungere un paradiso pieno di vergini. E poi, certo, se si chiamano Mohammed o Ahmed è più probabile che ammazzino la loro moglie velata piuttosto che lo facciano nostri connazionali dai nomi poco esotici come Santo Pisano, Luca Priolo, e Luigi De Michele, per citare gli ultimi tre uxoricidi. Ed è prevedibile che i figli di quei mostri di Mohammed e Ahmed violentino le ragazzine per strada, piuttosto che lo facciano stupratori seriali come Teodoro Polito di Brindisi o Roberto Benatti di Belluno, o, figuriamoci, quel bel ragazzo di Simone Borgese che invece non ha un padre musulmano, come dice la Fallaci, ma una madre italianissima che lo ha giustificato dicendo che non ha avuto una vita facile.

Quello che voglio dire è che anche io ho avuto pregiudizi fortissimi, finché il "nemico" non l'ho avuto davvero in casa. E allora, forse, questa nuova generazione di piccoli musulmani che iniziano ad andare all'asilo con i vostri figli, anche in Italia, vi insegnerà qualcosa, come il mio compagno l'ha insegnata a me. Lo so che resta più facile scegliersi un nemico, e che sia il più diverso possibile da noi. Ma sarebbe troppo facile continuare a farlo, meglio provare a scrollarsi di dosso un po' di ignoranza. Il mio nemico in casa, adesso, siete voi.

Fatemi sapere se volete conoscere Zi, suo padre Mohammed, le sue sorelle Farida, Sophia, Yasmine. Magari vi invito al mio matrimonio quando si decide a mettersi in ginocchio con un brillocco in mano.

Pubblicato: Martedì, 17 Novembre 2015 12:22

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