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La vita è bella: il testamento biologico non è una norma ma una scelta

art huffi 3 novL'Huffington Post, 03-11-2015
Ileana Argentin, Deputata del Pd

Non si può morire dentro... Così mi pare che suonava il ritornello di una canzone degli anni '70, ed è proprio da queste parole che prendo spunto per parlare di un argomento ormai trito e ritrito come quello del fine vita.

Sono una persona disabile, nata con una patologia altamente invalidante ed impedita negli atti più elementari della vita quotidiana fino ad essere completamente priva di autonomia. Ma sono felice, la mia vita è straordinaria e non la cambierei con l'esistenza di nessun altro. Non sono triste, vivo nell'entusiasmo e pur non essendo scema, ritengo di essere una donna fortunata per quanto riesco ad appropriarmi del mondo e a rendere ogni giornata piena di senso e condivisione con gli altri esseri umani.

Tutto questo non mi permette, però, di essere una donna egoista, incapace di comprendere ed ascoltare il limiti degli altri. Ognuno di noi proprio perché diverso, vive i propri handicap con emozioni e reazioni strettamente soggettive, tali da sentire il peso delle proprie sofferenze, a volte, in modo esasperato. Non sono maestra di vita di nessuno, ed è per questo che ritengo giusto il diritto di poter redigere il testamento biologico. La mia non è una posizione personale, infatti come ho appena detto, io sono felice di essere al mondo, e credo che le mie "impossibilità" siano patrimonio della mia stessa persona.

Però, questo non mi vieta di sostenere la libertà di scelta del soggetto colpito da una malattia o da un handicap che non riesce a sopportare, o non vuole sopportare. Essere obbligato alla dipendenza degli altri è faticosissimo.

Essere liberi è una grande cosa e non poter bere un bicchiere d'acqua da soli quando si ha sete, non poter scacciare una mosca dal proprio naso, non poter far pipi quando hai un'impellenza o non baciare chi ami perché non ci arrivi, non è proprio un particolare. Dire basta ci sta quando non ce la si fa più. Chiunque parli di vita e di morte mettendosi al di sopra delle parti e sentenziando se è giusto vivere o morire in situazioni estremamente dolorose, dovrebbe far silenzio. Tutti noi siamo diversi ed i nostri limiti di accettazione arrivano, per ognuno di noi, fino ad un certo punto: il nostro punto Zero. Non è vero che "l'importante è vivere", ne tanto meno che "tanto prima o poi si deve morire". La mia verità è che la qualità della vita che subiamo deve essere quella che noi riusciamo a sostenere. Io sono una cattolica convinta, ma se sapessi che mia madre ( la donna che amo di più al mondo) avesse dolori tremendi, fisici o mentali, tali da impedirle di amare le sue giornate, io credo che sarebbe giusto che lei scegliesse il suo futuro. Chiaramente non starei a cuor leggero, ma la vita è bella, perché doverla accettare a tutti i costi se è orribile, ingestibile o indegna?

Il testamento biologico è diventato argomento di tendenza e si sono formate molte correnti di pensiero: quelle dei buonisti e quelle dei garantisti a tutti i costi. Non può essere così! Ognuno deve fare i conti solo con se stesso e con la comunità che lo circonda nelle sue decisioni di vita. Liberiamo il mondo dalla regolamentazione del fine vita, da sempre avviene che chi non ce la fa più trova il modo per finire, ma facciamo in modo che non sia una colpa punibile, eticamente o penalmente, quando qualcuno dice basta perché, a mio avviso, nessuno è in grado di poter giudicare.

Per tutto questo ho deciso di far parte della commissione interparlamentare sul Fine Vita.

Pubblicato: Martedì, 03 Novembre 2015 13:03

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