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Sul diritto di cittadinanza un passo avanti, ora l’altro

cittadinanza 4il manifesto, 15-10-2015
Filippo Miraglia * vicepresidente nazionale Arci

La riforma della legge sulla cit­ta­di­nanza è stata appro­vata alla Camera e passa ora al Senato. Se si con­fer­merà que­sto impianto legi­sla­tivo, qual­cosa final­mente cam­bierà. Certo, non è la legge per la quale la cam­pa­gna «L’Italia sono anch’io» ha rac­colto più di 200mila firme. Ma se si è fatto un passo avanti, pur tra limiti e con­trad­di­zioni, è anche gra­zie a migliaia di per­sone che ci hanno cre­duto e al lavoro di asso­cia­zioni che da anni si bat­tono per un paese più giu­sto e democratico.

Se la legge sarà appro­vata anche al Senato (e pos­si­bil­mente miglio­rata), chi nasce in Ita­lia acqui­sirà subito la cit­ta­di­nanza, senza dover aspet­tare i diciotto anni. La con­di­zione è però che uno dei geni­tori sia in pos­sesso del per­messo Ue di lungo sog­gior­nante. E’ un limite pesante, che esclu­derà migliaia di bam­bini e bam­bine, per ragioni legate al red­dito dei geni­tori. È que­sto un argo­mento sul quale le forze demo­cra­ti­che hanno perso ter­reno sul piano cul­tu­rale, cedendo ad argo­men­ta­zioni stru­men­tali e discri­mi­na­to­rie della destra raz­zi­sta. La reto­rica dell’italianità da dimo­strare, delle prove da supe­rare per acce­dere alla comu­nità nazio­nale ha carat­te­riz­zato tanti inter­venti poli­tici, cul­tu­rali e legi­sla­tivi di que­sti anni.

Tra le tante scioc­chezze costruite ad hoc per soste­nere che le per­sone di ori­gine stra­niera, per aver diritto a vivere sta­bil­mente in Ita­lia, doves­sero supe­rare un esame d’italianità, vale la pena ricor­dare l’Accordo di Integrazione.

Una sorta di «patto spe­ciale» ad hoc per gli stra­nieri con l’obiettivo di ras­si­cu­rare gli ita­liani, sug­ge­rendo impli­ci­ta­mente che uno stra­niero, in quanto tale, è poten­zial­mente peri­co­loso e che quindi vanno pre­vi­sti stru­menti straor­di­nari per accer­tarne il livello di «inte­gra­bi­lità». Un orrore giu­ri­dico e cul­tu­rale tut­tora operativo.

Ma nono­stante i limiti della legge appro­vata alla Camera, che rispon­dono a ragioni di sal­va­guar­dia di equi­li­bri interni alla mag­gio­ranza, non pos­siamo che acco­gliere con sod­di­sfa­zione il passo avanti nella civiltà giu­ri­dica di que­sto Paese, che cam­bierà la vita di migliaia di per­sone, di tante bam­bine e bam­bini che in Ita­lia sono stati a lungo discri­mi­nati per legge.

Una volta appro­vata in via defi­ni­tiva, la legge dovrà essere appli­cata e tanti saranno gli osta­coli che incon­trerà doven­dosi con­fron­tare con una buro­cra­zia che non è certo dalla parte del cit­ta­dino, soprat­tutto se di ori­gine stra­niera. Alcuni pas­saggi restano infatti affi­dati alle que­sture e al Mini­stero dell’Interno. Per que­sto sarà impor­tante essere pre­senti nelle città a fianco di ragazzi, ragazze e famiglie.

Va sot­to­li­neato che per­mane, con que­sta riforma, una legi­sla­zione distante dai pro­blemi reali, in par­ti­co­lare per quel che riguarda la natu­ra­liz­za­zione degli adulti e le com­pe­tenze sulle loro domande. Cen­ti­naia di migliaia di per­sone che vivono e lavo­rano in Ita­lia da più di 10 anni e che non rie­scono a diven­tare, pur volen­dolo, ita­liani ed ita­liane, ver­ranno ancora gestite dagli uffici del Mini­stero dell’Interno, per loro stessa ammis­sione non ade­guati a rispon­dere alla mole di richie­ste che arri­vano. Un solco tra ita­liani e stra­nieri che con­ti­nuerà a diven­tare ogni giorno più pro­fondo, minando il nostro comune futuro. La bat­ta­glia cul­tu­rale e poli­tica su que­ste ter­reno deve andare avanti.

Il pros­simo obiet­tivo è ridare slan­cio alla cam­pa­gna sul diritto di voto alle ammi­ni­stra­tive. Si tratta della seconda pro­po­sta di legge di ini­zia­tiva popo­lare su cui «L’Italia sono anch’io» ha rac­colto il con­senso di cen­ti­naia di migliaia di per­sone. In molte città la pros­sima pri­ma­vera ver­ranno rin­no­vati sin­daci e con­si­gli comu­nali. Una per­cen­tuale impor­tante di cit­ta­dini e cit­ta­dine stra­niere che con­tri­bui­scono in maniera deter­mi­nante, anche pagando le tasse, alla cre­scita delle comu­nità locali, non potranno par­te­ci­pare al voto. E’ un’ingiustizia che va sanata, per garan­tire a tutti il diritto alla par­te­ci­pa­zione nella scelta di chi ammi­ni­strerà le comu­nità in cui si risiede.

* L’autore è vice­pre­si­dente nazio­nale Arci


Fonte immagine: www.cronachediordinariorazzismo.org


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Pubblicato: Giovedì, 15 Ottobre 2015 13:12

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