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La riforma della cittadinanza è una norma di civiltà per le nuove generazioni

cittadinanza 3L'Huffington Post, 14-10-2015
Khalid Chaouki

Cara presidente, cari colleghi,

mi è impossibile nascondere oggi l'emozione e l'orgoglio per questa dichiarazione di voto a nome del Partito democratico su un provvedimento che non esagero a definirlo un tassello fondamentale per il futuro del nostro Paese, la riforma della legge sulla cittadinanza dopo 23 anni di attesa per i bambini nati o cresciuti in Italia. Una norma di civiltà che riconosce a chi è nato e cresciuto nel nostro Paese di potersi finalmente riconoscere cittadino a pieno titolo del Paese che lo ha cresciuto.

Il cosiddetto Ius Soli temperato per i bambini che sono nati nel nostro Paese da genitori ormai radicati in Italia e lo Ius Culturae per coloro che sono arrivati in Italia sotto i 12 anni e che hanno frequentato almeno per cinque anni la scuola italiana. Una riforma attesa da tanti, troppi anni da una nuova generazione di italiani di fatto e stranieri per legge. Una riforma richiesta e sollecitata attraverso centinaia di iniziative in piccoli e grandi comuni, che in modo trasversale, ci hanno chiesto in questi anni semplicemente di ratificare il cambiamento già avvenuto nel Paese. Ci hanno chiesto di aggiornare una legge importante come quella sulla cittadinanza al passo con i tempi che viviamo e nell'interesse del futuro che ci spetta, un futuro inevitabilmente multiculturale che abbiamo il dovere di costruire insieme ai nuovi cittadini nella condivisione dei valori dettati dalla nostra Costituzione.

Chi nasce e cresce in Italia è italiano. È la storia di un percorso di riflessione e ascolto, di una battaglia di civiltà portata avanti con convinzione da parte del Partito democratico e che ha trovato nel Paese una larghissima condivisione e una straordinaria convergenza con il mondo dell'associazionismo fino a tradursi in una straordinaria campagna "L'Italia sono anch'io", grazie alla quale sono state raccolte oltre 100mila firme per una proposta di iniziativa popolare che oggi viene recepita in alcune sue parti in questa nostra legge.

È anche la mia storia personale; se posso permettermi in questa occasione storica questa breve parentesi. Ricordo come fosse ieri quel freddissimo dicembre del 1992, a nove anni atterrato a Malpensa e finalmente felice e commosso per la possibilità di riabbracciare il mio papà, tappezziere poi operaio metalmeccanico costretto a migrare alla ricerca di un futuro migliore per la sua famiglia prima a Palermo poi in Emilia. Non smetterà mai di essere grato ad un Paese che lo ha accolto e che ha adottato i suoi figli. E oggi certamente lui insieme a tutti i migranti che con fatica hanno lavorato per il bene di questo Paese, saranno grati ad un Paese che finalmente riconosce i loro figli, dopo anni di sacrifici, figli legittimi di questa loro nuova comunità.

Una norma di civiltà che permetterà ai figli di immigrati, nati o cresciuti in Italia, di considerarsi finalmente a pieno titolo figli legittimi di una madre, l'Italia, di cui sono diventati padroni della sua lingua e dei suoi mille dialetti, tifosi delle sue squadre e innamorati della sua bellezza. Questa è la storia dei nuovi italiani.

Stiamo parlando di una generazione di bambini e ragazzi che popolano le scuole e gli oratori, i campi di calcio, le palestre di città e periferie. Hanno nomi, origini e religioni diverse, ma nutrono passione e amore per l'unico Paese che hanno davvero conosciuto, l'Italia. Quando tornano in vacanza nei Paesi di origine dei loro genitori sentono immediatamente nostalgia per la loro vera patria. Eppure sono costretti al rientro a fare file riservate agli stranieri. Sono italiani costretti a portare in tasca ed esibire un permesso di soggiorno nella città dove sono nati. Sono la cosiddetta generazione Balotelli, una generazione che ci entusiasma quando fa goal in nazionale, ma che non possiamo più trascurare quando ci chiede semplicemente di riconoscere il diritto all'identità, a sentirsi pienamente parte integrante di una comunità nazionale.

Oggi quindi stiamo per scrivere una nuova pagina della nostra storia. Stiamo per fare un passo deciso verso il futuro dell'Italia nell'Europa e nel mondo di domani aggiornando una legge sulla cittadinanza la 91 del 1992, ormai superata. Lo dimostrano le numerose proposte presentate in questo parlamento da tutti i gruppi parlamentari senza eccezioni.

Una legge fondata sullo Ius Sanguinis, nata guardando in particolare alla diaspora italiana nel mondo e a come tutelare giustamente il rapporto tra milioni di italiani emigrati e la loro patria di origine. Oggi con lo Ius Soli noi vogliamo guardare soprattutto al presente e al futuro del Paese.

Per noi la nuova legge sulla cittadinanza per chi nasce o cresce in Italia significa oltre a riconoscere un diritto fondamentale per chi è già parte integrante della nostra società, riconoscere all'Italia finalmente il diritto di diventare un Paese al passo con la modernità. Il diritto del nostro Paese a guardarsi allo specchio senza paure e vivere il suo futuro affrontando le nuove sfide globali, forte di una comunità nazionale multiculturale e contemporaneamente ancorata ai principi condivisi della Costituzione.

Il diritto dell'Italia a servirsi di una nuova generazione di italiani che portano con sé esperienze che magari hanno origini lontane, ma che possono offrirci un contributo utile per allargare i nostri orizzonti. Il diritto dell'Italia di poter beneficiare di una marcia in più grazie ad una generazione di nuovi italiani ansiosi di poter finalmente partecipare con tutte le loro energie al successo del nostro Paese. Lo ha dimostrato qualche settimane fa il giovane Yassin Rachik, appena divenuto italiano grazie alla grande sensibilità del presidente Sergio Mattarella, che da qui vogliamo ringraziare anche per la parole importanti su questo tema nel suo discorso di insediamento, ha vinto ed è salito sul podio alla sua prima gara europea intonando l'inno d'Italia e abbracciando il tricolore.

La nuova legge sulla cittadinanza non è solo quindi una riforma che elimina le discriminazioni e riconosce un diritto a chi nasce e cresce in Italia di crescere alla pari dei propri coetanei senza differenze. Ma è una riforma che aiuterà l'Italia a diventare ancora più forte nella sfida della globalizzazione.

Una legge che per il Partito democratico rappresenta certamente l'inizio e non la fine di percorso di cambiamento nella società che ci vede oggi orgogliosi di affermare nuovi diritti ma consapevoli nello stesso tempo delle nuove sfide che ci attendono. La cittadinanza per noi non può ridursi semplicemente alla consegna di un nuovo passaporto, ma come per tutti i cittadini, deve tradursi in valori condivisi, impegno per il bene comune e partecipazione a tutti i livelli della società. Noi non siamo per nessuna scorciatoia demagogica, ma per un percorso di piena inclusione dei nuovi italiani attraverso un serio investimento sulla scuola pubblica in materia di educazione civica e promozione dell'interculturalità tra i protagonisti nell'Italia di domani.

Un impegno che finora hanno svolto, troppo spesso in silenzio e senza mezzi sufficienti, le vere eroine di questi ultimi 20anni in cui il nostro Paese ha conosciuto l'immigrazione. Maestra Lucia, che nella mia scuola elementare a Monticelli Terme in provincia di Parma, unico bambino "straniero" e accolto con amore come un simpatico extraterrestre ormai 23 anni fa. Maestra Lucia, maestra Carmen, maestra Elsa: hanno saputo accompagnarmi per i primi mesi verso l'amore per la lingua italiana, la sua grammatica e le sue poesie imparate a memoria meglio di alcuni miei compagni. Da qui voglio ringraziare loro e ringraziare a nome di tutti lo straordinario popolo delle nostre insegnanti e il lavoro determinante svolto dalla nostra scuola pubblica che merita riconoscimento e un sostegno decisivo per il futuro. La scuola ad oggi è certamente la prima agenzia di convivenza e cittadinanza del nostro Paese, ed è per questo che in questa legge abbiamo voluto, grazie al contributo di tutti i gruppi, assegnare centralità al ruolo della scuola nel processo di cittadinanza.

Signora presidente,

Il 22 novembre 2011 vennero pronunciate queste parole: "Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri. Negarla è un'autentica follia, un'assurdità. I bambini hanno questa aspirazione". A pronunciarle fu l'emerito presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, instancabile nel ribadire con gesti e parole la necessità di riconoscere a questi ragazzi il diritto di sentirsi finalmente italiani. Un nostro grazie a Giorgio Napolitano, che fin dagli anni'90 insieme all'allora ministro Livia Turco cominciarono a riflettere sulla necessità di aggiornare il nostro ordinamento per tracciare con lungimiranza i pilastri sui quali costruire l'Italia verso il futuro.

Infine vorrei a nome del Partito democratico esprimere il voto favorevole a questa nuova norma di civiltà ringraziando senza alcun formalismo tutti i colleghi, di maggioranza e opposizione, la nostra relatrice Onorevole Marilena Fabbri e il governo per aver favorito, in un contesto certamente non semplice, un dialogo e un confronto nel merito di questa importante riforma, senza demagogie ne inutili strumentalizzazioni. Oggi questo Parlamento con questo voto contribuirà a scrivere una nuova pagina di futuro di un Paese che tutti amiamo. Viva l'Italia con i suoi nuovi italiani!

Fonte immagine: www.mahatmagandhi.it

Pubblicato: Mercoledì, 14 Ottobre 2015 11:16

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