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La vita rinasce su un campo da calcio. “Pagi”, la squadra che ha solo migranti

art stasm 28 setLa Stampa, 28-09-2015
Nicola Pinna

Sassari, è la prima in Italia: giocherà nel campionato regionale dilettanti

Il capitano è un ventitreenne che in Togo aveva i giorni contati: «Dovevo essere ammazzato perché accusato di aver provocato un incidente stradale. In quello scontro sono morte due persone e i loro parenti hanno deciso di farmi fuori». Mariano, 20 anni, ha già imparato l’italiano ed è l’autore del primo gol fatto da questa squadra speciale. È fuggito dal Mali perché lo zio, subito dopo la morte del padre, gli ha impedito di andare a scuola e l’ha obbligato a pascolare le vacche di famiglia.

IN FUGA
Il portiere, Jeffrey Omonigho, in Nigeria viveva in fuga da anni: «La mia è una famiglia che non condivide le azioni del governo, mio padre è stato trucidato e io avevo già il destino segnato». L’attaccante su cui tutti scommetterebbero si chiama Collins, ha 26 anni, il piede giusto e un sorriso contagioso: a Sassari è diventato papà e sogna di costruire qui il futuro suo e della piccola Josephine.

La squadra più chiassosa di qualunque campionato debutta in campo il 4 ottobre. Gli undici della “Pagi” finora hanno disputato soltanto un’amichevole, ma nel frattempo sono già entrati nella storia del calcio italiano. Ancor prima di vincere un campionato, o una sola targa in rame, i ragazzi di questa formazione multietnica hanno conquistato un primato di cui vanno molto orgogliosi: la loro è l’unica squadra (sì, la prima della storia) composta interamente da extracomunitari. Tutti migranti, tutti fuggiti da guerre e persecuzioni, tutti arrivati in Italia sfidando le onde del Canale di Sicilia. Ora vivono a Sassari, nel capoluogo del nord della Sardegna, un’isola di cui loro non avevano mai sentito parlare.

L’AVVENTURA
Tra meno di due settimane inizia l’avventura della Seconda categoria: Girone M del campionato regionale dilettanti. Per far scendere in campo Andrew, Victory, Ali, Baba, Osa e gli altri è stata necessaria una deroga della Figc. La storia di questi ragazzi vale davvero una concessione speciale e per questo è stata violata la regola che impone di far scendere in campo non più di due extracomunitari. «All’inizio pensavamo di fare il contrario: due italiani in una formazione di ragazzi stranieri ma la Federazione ci ha consentito di formare una squadra di soli profughi», racconta Pierpaolo Cermelli, il responsabile di una comunità che accoglie 300 migranti e che ora è diventato il presidente della squadra. L’allenatore è Mauro Fanti, un ex portiere che con fatica tenta di spiegare ai ragazzi della “Pagi” i rudimenti della tattica di gioco. «Sono tutti carichi, entusiasti, ma non conoscono le regole del calcio. Per affrontare una partita, e possibilmente vincerla, serve anche un po’ di tecnica. Ecco, stiamo lavorando su questo».

Gli allenamenti e le partite in casa si svolgono in un campo della periferia della città, non lontano dall’ex Tribunale dei minori trasformato nella nuova casa dei rifugiati. Mortara, il paese della provincia di Pavia dove il sindaco ha negato il campo ai migranti, vista da qui sembra in un altro pianeta. A Sassari, gli allenamenti si svolgono di prima mattina ma ogni pomeriggio, nel cortile del palazzo, si fa sempre qualche partitella.

CERCASI SPONSOR
Della squadra per ora fanno parte 30 ragazzi, perché scegliere i titolari è davvero impresa difficile. Ancora manca uno sponsor, i fornitori fanno sconti straordinari, ma per il momento tutte le spese le sostiene la cooperativa che gestisce il centro di accoglienza. «Ogni volta che in tv c’è una partita la nostra sala mensa si trasforma in uno stadio e così ci è venuta questa idea – dice la presidente Fabiana Denurra – I ragazzi attendono l’esito della richiesta di asilo e nel frattempo hanno poco da fare. Non possono lavorare e allora abbiamo pensato che formare una squadra fosse un bel passatempo e un ottimo veicolo di integrazione».

Jallow Alagi è nigeriano e ha 24 anni. In campo è un attaccante, fuori fa l’interprete e nello spogliatoio riporta la calma tra i compagni. I palleggi non sono il suo forte, ma è lui il saggio del gruppo. «Qui finalmente abbiamo capito cosa vuol dire essere tutti uguali. Ora tutta l’Africa tifa per noi».

Pubblicato: Lunedì, 28 Settembre 2015 12:37

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