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Alla stazione di Hegyeshalom, al confine tra Austria e Ungheria

art huff 28 setL'Huffington Post, 28-09-2015
Sandra Zampa Vicepresidente del Pd

Alla stazione di Hegyeshalom, tre chilometri dal confine ungherese con l'Austria, non si può che prendere atto che il premier Orban ha vinto la sua partita contro i profughi. Non c'è traccia di loro né del loro dramma se si esclude una presenza discreta di operatori della Croce rossa. Eppure questa mattina alle 10.30, quando sono arrivata alla stazione ne erano arrivati da poco 1500-1600. Sembrano scomparsi nel nulla. Solo uno è rimasto qua, in questo paese dove il consenso nei confronti di Orban è di recente cresciuto proprio in ragione del suo rifiuto di accogliere.

È rimasto perché era ferito, riferisce il sindaco di Hegyeshalom in un incontro con la piccola delegazione di parlamentari italiani ed europei, tutti del Pd: Silvia Costa, Flavio Zanonato, Laura Garavini, Nicola Danti, Roberto Cociancich, Mauro Del Barba. Nessuno può avere contatti con i profughi perché appena scendono dal treno - di fatto una tradotta con cui dal confine con la Croazia vengono portati a Hegyeshalom - la polizia li scorta fino alla statale 1 e percorre con loro quei quattro chilometri che li separa dall'Austria per accertarsi che lascino davvero l'Ungheria. Anzi, scompaiano.

Le tracce del passaggio di bambini, donne, uomini, a piedi, le ritrovo lungo l'ultimo chilometro del confine, poco prima di Nickledorf, in Austria. Coperte, bottiglie d'acqua, bucce di banana, mele, uno scialle di lana, felpe, scarpe, bicchieri di plastica. I ragazzi dell'UNHCR ci vengono incontro, le operatrici della Croce rossa stanno rimettendo ordine sui tavoloni e sotto le tende dove sono raccolti beni di prima necessità per i profughi.

Fa impressione vedere scarpe per bambini in fila sul tavolo. Pochi metri oltre la polizia austriaca, una donna cortese e un suo collega, ci spiegano come funziona la prima accoglienza in grandi tensostrutture nelle quali sostano i profughi appena arrivati prima di ripartire per Vienna o Salisburgo. Le direttive prevedono che da qui si vada via presto possibilmente senza pernottamento. Non ci sono strutture adatte, l'inverno arriva. Il trasferimento avviene in pullman (pagati dal governo) o taxi (a carico dei profughi che se lo possono permettere). Per questo servono informazioni attendibili sui flussi in arrivo: oggi sono attesi altri 10 treni.

Riferiscono i poliziotti austriaci e due italiani (in missione esplorativa) con loro, che la gran parte di quanti arrivano qua chiede di poter andare in Germania. Solo in Germania, non in Austria, non in Francia, non in Italia. Lo conferma il giovane insegnante siriano che sa l'inglese e parla un po' a nome di tutti gli altri anche se lui ha l'Olanda come meta. Gli hanno ucciso tre fratelli nella sua città in Siria, madre e sorella sono rimaste in Turchia. Arrivano i pullman. I primi che vengono ordinatamente accompagnati fuori dal campo sono bambini, donne e uomini.

Nuclei familiari. Ringraziano: thank you. I bambini non piangono, sorridono, come in un'avventura. Partono. A parlare sono gli uomini che attendono in fila ordinata il pullman destinato a loro. Raccontano dei sei giorni di viaggio a piedi. Descrivono la distruzione a casa. Hanno lasciato familiari in Turchia. "Tutti, in Croazia, in Turchia, ci hanno dato soccorsi" dicono.

Fonte immagine: www.tgcom24.mediaset.it

Pubblicato: Lunedì, 28 Settembre 2015 11:56

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