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"Porto il caso Aldrovandi a teatro nel mio Cile alla ricerca di giustizia"

 

art repub 22 settila Repubblica, 22-09-2015

MICOL LAVINIA LUNDARI

Paula Zuniga e una ventina di giovani artisti da tre anni mettono in scena "Federico". "Anche io come regista ho un potere, e lo esercito così. Il nostro sogno sarebbe recitare a Ferrara"

Tra Ferrara, Italia, e Santiago, Cile ci sono 11903 km di distanza, km più km meno, eppure la storia di Federico Aldrovandi è arrivata anche lì. "Perché qui in Cile? Perché questa storia è un caso importante per il mondo intero. E può essere d'esempio per un Paese, il mio, che non ha ancora chiuso i conti col passato". La voce di Paula Zuniga arriva pacata e determinata dall'altra parte del mondo. Da tre anni a questa parte, con diciassette giovani attori, porta in scena uno spettacolo, "Federico", sul processo Aldrovandi. Ogni replica, assicura, è un successo di pubblico e un tassello in più nella costruzione di un mosaico di coscienza civile, la cui necessità accomuna tanto l'Italia quanto il suo Cile.

"Mi ha sorpreso per l'età della vittima, per i dettagli della storia, ma soprattutto perché io sono cilena: qui ci sono stati tanti morti durante il periodo della dittatura Pinochet, tanti casi che non hanno ancora soluzione, per il silenzio davanti alla giustizia di chi non è capace di dire cosa è veramente accaduto. Questa storia mi ha colpito fortemente, soprattutto perché ancora accadono queste cose, in Italia come in Cile come nel resto del mondo".

Arrivata a insegnare regia alla Università cattolica del Cile ha pensato che quella fosse la storia da raccontare ai suoi studenti e da portare in scena. Si è documentata tantissimo, con tante carte e alcune trasmissioni televisive come "Chi l'ha visto?", ma prima che quel disegno che aveva in testa si trasformasse in una piece ha contattato la famiglia Aldrovandi, "con molta delicatezza, per chiedere loro il permesso: era ancora un caso aperto e non volevo coinvolgerli troppo".

Zuniga, cosa può insegnare la vicenda di Federico al pubblico cileno?
"Abbiamo deciso di raccontare il processo. Per me era molto importante far vedere la storia di Federico - spiega Zuniga - perché mai più, para que nunca mas accadano queste cose ad altri. Lo spettacolo è uno luogo di commemorazione, ma anche uno spazio per rivedere la storia sempre, e non dimenticare le cose successe. Ma era anche un modo per portare in Cile un colpo forte alle persone, come a dire 'sveglia!', perché grazie a tante persone che hanno parlato il caso Aldrovandi si è riaperto. E' questo di cui abbiamo bisogno in Cile, per esempio dopo tanto tempo quest'anno grazie a una testimonianza si è riaperta una delle pagine più dure della dittatura di Pinochet. La verità è sempre importante per le famiglie e per ricostruire la storia. Per questo alla fine dello spettacolo abbiamo messo il Cile, come a chiudere il cerchio: appaiono notizie riportate dai nostri giornali su casi politici e la storia del popolo Mapuche defraudato delle sue terre, dove i ragazzi che si ribellano vengono uccisi dalla polizia. La gente non deve abituarsi che queste cose accadono e basta".

VIDEO "Ecco perché Federico"

E la gente come accoglie lo spettacolo?
"Ogni replica la sala del teatro è piena. La gente è commossa e interessata alla storia di Aldrovandi. Gli ultimi spettacoli li abbiamo fatti a Villa Grimaldi, un centro di tortura. Ci hanno accompagnato i famigliari delle vittime, Federico è arrivato qui a trovarsi con altri. Grazie al teatro molti cileni hanno conosciuto Federico: sullo sfondo del nostro spettacolo c'è un omaggio a lui, per ricordarlo sempre, per ricordarci che stiamo facendo teatro ma stiamo raccontando una storia reale".

Di fatto ha trasformato il dramma di Aldrovandi in una forma di teatro civile e di impegno morale.
"E' così: i diciassette attori e i due tecnici sono sempre disponibili a portare in scena Federico anche se hanno in corso altri progetti teatrali, e lo fanno di fatto senza guadagno: non lo facciamo per soldi, in Cile il teatro non lo si fa per denaro, ma perché ha un senso. Noi abbiamo fatto un compromesso con Federico Aldrovandi, e per noi è una cosa vitale. Sappiamo che stiamo facendo del bene a una persona cui hanno fatto del male, e a una famiglia che ha sofferto tanto. Il nostro sogno massimo ora è portare lo spettacolo a Ferrara. Con Lino Aldrovandi sono sempre in contatto, lo aggiorno su tutte le nostre repliche, sono certa che per la famiglia sia importante sapere che anche in una terra così lontana pensiamo a suo figlio".

Dove può arrivare il teatro? Che potere ha?
"In Italia avete tanti casi simili a quello di Aldrovandi: Cucchi, Uva... Per fortuna quando la parte civile della società funziona, si arriva a un punto in cui le persone iniziano a parlare con voce propria. Questo è un potere che dobbiamo ancora recuperare. Io credo che fare teatro sia una forma di potere; anche chi scrive libri, immagino, pensa lo stesso: si può arrivare a tante persone. Io mi chiedo sempre come posso utilizzare al meglio questo mio ruolo con un fine sociale.

Nella misura in cui noi cittadini possiamo contribuire a denunciare questi fatti, le persone iniziano a parlare e a creare un movimento sociale, come successo a Ferrara attorno a Patrizia e alla sua famiglia. Abbiamo vinto con la riflessione e il silenzio, ricostruendo quello che è successo a Federico. La vera verità, però, è morta nel momento in cui sono state insabbiate le cose, e lì si è creata una frattura, non solo per la famiglia Aldrovandi ma per la storia umana. Ogni volta che la frattura si allarga, la ricostruzione per quella famiglia o per quel fatto è più difficile, è questo che mi tormenta. La mia missione come madre, come essere umano, è trasformare questo mondo di violenza, perché la verità possa essere presa per mano, per migliorare questo mondo, perché il sogno possa essere reale, perché si può fare, perché qualcuno lo ha fatto, perché qualcuno lo sta facendo".

VIDEO Il trailer dell'opera cilena su Federico Aldrovandi

Pubblicato: Martedì, 22 Settembre 2015 15:24

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