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Un'Europa unita dall'indifferenza

indifferenzala Repubblica, 17-09-2015
LUIGI MANCONI

«La più importante e forse l'unica legge di vita dell'umanità intera». Così Dostoevskij definisce la compassione: quella capacità, cioè, «di estrarre dall`altro la radice prima del suo dolore e di farla propria senza esitazione». Dunque, l`umanità e la sua essenza morale, come com-passione: avvertire la sofferenza dell`altro, ancor più se causata da altri uomini e, soprattutto, quella indirizzata verso minoranze comunque stigmatizzate.

È significativo, in questo senso, come ricorda Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, che per una delle più grandi tragedie della storia umana, quale l`Olocausto, l`indifferenza di quanti sapevano o avrebbero potuto sapere abbia rappresentato una delle condizioni determinanti per la realizzazione di quel progetto criminale. E che proprio questo silenzio di fronte al dolore altrui abbia determinato una vera e propria degradazione della coscienza collettiva ( non solo in Germania ); al punto che - secondo Jaspers - la stessa dignità avrebbe imposto ai tedeschi di «vedere chiaro sulla questione della nostra colpa», perché nessuno si sarebbe potuto ritenere estraneo a quella responsabilità. Del resto, la reazione a quest`indifferenza e ai totalitarismi che l`hanno indotta, unitamente ai principi di libertà, eguaglianza e democrazia è stata una delle ragioni fondative del progetto europeo e dell'idea di Europa espressa dal Manifesto di Ventotene.

La tutela dei diritti e, in particolare, della dignità umana; la salvaguardia delle minoranze, della democrazia e del pluralismo sarebbero quindi state sancite nei Trattati, quali obiettivi della Comunità prima e dell`Unione europea. Il ripudio dell`indifferenza è assurto quindi, dopo Lisbona, a elemento qualificante non solo i rapporti interni all`Unione, ma anche le sue relazioni esterne. Significativamente, l`art. 67 del Trattato sul funzionamento dell`Unione europea affianca alla solidarietà tra gli Stati membri l`equità rispetto ai cittadini dei Paesi terzi, come principi essenziali ai quali la politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne deve ispirarsi. Questo non ha impedito, tuttavia, tante morti tra quanti - nel tentativo di raggiungere le nostre coste - hanno voluto credere a quelle promesse di solidarietà. E ancora una volta l`indifferenza o una colpevole inerzia sono stati i sentimenti prevalenti di fronte all`ecatombe di corpi che il Mediterraneo ci ha restituito. E che non ha impedito, e nemmeno contrastato, politiche pubbliche ( non solo nazionali) basate su una visione meramente contabile della questione migratoria, la cui complessità è stata ridotta a un`equazione tra quote di ingresso, costi di sussistenza e numero di espulsioni.

Vengono in mente le parole di Federico Caffè: «Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l`asillo dei riequilibri contabili» E, allora, il parallelismo qui suggerito tra Shoah e strage di migranti e profughi non intende negare, in alcun modo, le differenze profondissime tra queste due tragedie. Piuttosto, intende sottolineare un elemento comune a entrambe e talmente significativo da risultare qualificante: la violazione, radicale e massiva, della dignità; di quel "diritto ad avere diritti" di cui parlava Hannah Arendt. Potrà dirsi in un caso dolosa e nell`altro colposa; in uno commissiva e nell`altro omissiva: eppure, in entrambi si è deciso che il destino di altri uomini sarebbe stato «quello di non avere più destino alcuno» (Lejbowicz ). E in entrambi i casi si sceglie - con minore o maggiore consapevolezza - di restare inerti dinanzi a una simile reificazione di persone colpevoli solo di non appartenere alla "razza ariana"; o di essere nate dalla parte sbagliata del mondo.

Dunque, l`indifferenza è davvero la parola chiave. Per quanto diversi per entità, ampiezza e natura, tanto il genocidio degli ebrei quanto le stragi nel Mediterraneo hanno rappresentato, con quell`indifferenza che li ha circondati, crimini che «non si possono punire né perdonare». Ed è stata proprio l`incommensurabilità di questi crimini rispetto alle pene conosciute dai nostri codici e il bisogno di reagire all`indifferenza ad aver suggerito una diversa idea di giustizia, capace di ricomporre comunità lacerate più e prima che di irrogare sanzioni. Da questa idea di giustizia si dovrebbe, allora, ripartire per reagire all`indifferenza, soprattutto in quell`Europa che alla "ingiustizia legale" di cui parlava Radbruch, ha voluto opporre la solidarietà, i diritti e la dignità.

Il testo introduce il fascicolo Il peccato dell`indifferenza con contributi • di Grasso, Boldrini, Lerner, Manconi, Portelli, Segre, Terracina, Woldeghiorgliís, frutto degli incontri promossi dalla Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato.

Fonte immagine: www.youtube.com

Pubblicato: Giovedì, 17 Settembre 2015 18:50

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