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L’Italia blocca l’apertura dei centri: «Mancano regole sui migranti»

art corrie 16 setCorriere della sera, 16-09-2015
Fiorenza Sarzanini

Respinti i solleciti Ue a far partire da oggi le strutture: prima inizi la redistribuzione. Secondo il Viminale, ci vorranno almeno due mesi per siglare una nuova intesa Ue

La data di inizio era stata fissata per oggi. E invece tutto è stato bloccato. Nessun «hotspot», gli ormai famosi centri di smistamento e identificazione, sarà aperto. Nel documento stilato dalla commissione europea che due giorni fa ha diviso i governi mostrando ancora una volta il fallimento di politiche comuni in materia di immigrazione, era ritenuto «cruciale che un efficace meccanismo diventi operativo dal 16 settembre in Italia e in Grecia per garantire l’identificazione, la registrazione e la raccolta delle impronte digitali dei migranti». Ma l’Italia dice no, nessuna misura sarà attuata fino a che l’intero sistema non sarà approvato e otterrà il via libera per entrare in funzione.

Non serve l’ulteriore monito della cancelliera tedesca Angela Merkel di far partire la nuova procedura per il censimento degli stranieri, né la decisione presa in serata dalla presidenza di turno lussemburghese di convocare per il 22 settembre una nuova riunione dei ministri dell’Interno «con l’obiettivo di raggiungere un accordo sulla crisi migratoria». Fino a quando non saranno stabilite regole chiare sul trasferimento dei profughi negli altri Stati, nel nostro Paese non sarà fatto nulla di ciò che la Ue sollecita.

L’irritazione per quanto accaduto martedì sera a Bruxelles, quando non si è riusciti a dare il via libera neanche a un accordo di massima sul piano messo a punto dalla commissione guidata da Jean-Claude Junker, era apparsa evidente pochi minuti dopo la chiusura della riunione ed è montata con il trascorrere delle ore. Il ministro Angelino Alfano lo ha spiegato esplicitamente ieri mattina ai responsabili dei dipartimenti interessati - in particolare quello dell’Immigrazione Mario Morcone e il capo della Polizia Alessandro Pansa - dopo aver concordato la linea con Palazzo Chigi. Del resto in un’intervista rilasciata a Rtl era già stato esplicito: «Nei prossimi due mesi partiranno le prime redistribuzioni di richiedenti asilo dall’Italia verso l’Europa e poi faremo partire gli hotspot, i centri di smistamento in cui si distingueranno chi ha diritto all’asilo e chi invece va rimpatriato».

Due mesi, questo secondo il titolare del Viminale, potrebbe essere il tempo necessario a siglare una nuova intesa. In realtà le resistenze dei Paesi del blocco dell’Est appaiono solide, difficile che si riesca a convincere tutti ad accettare una divisione «permanente e obbligatoria» di chi varca i confini europei per scappare dalla guerra. Ma anche - questa era l’altra condizione posta dall’Italia già qualche settimana fa - che si riesca ad effettuare i rimpatri assistiti negli Stati d’origine di chi non ha diritto all’asilo, in particolare in Africa.

Ostacoli che convincono i tecnici del ministero dell’Interno a cercare soluzioni alternative per l’accoglienza di chi è già in Italia e di chi arriverà nelle prossime settimane. Non a caso si è deciso di «sfollare» il Centro di Mineo - portando il numero delle presenze dalle attuali 2.900 persone a 2.000 con la previsione di dimezzarlo ancora - se non addirittura di svuotarlo completamente entro la fine dell’anno. E di accelerare la messa a disposizione dei 20 mila posti secondo le quote regionali indicate nella circolare inviata alle prefetture la scorsa settimana per sistemare gli stranieri in alberghi, residence, campeggi. Il timore è che la scelta di molti Stati di sospendere il trattato di Schengen e ripristinare i controlli alle frontiere provochi una situazione di emergenza nel nostro Paese lasciando di fatto «intrappolati» anche coloro che arrivano in Italia solo per transito ma vogliono stabilirsi altrove.

Pubblicato: Mercoledì, 16 Settembre 2015 11:29

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