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Troppi passi indietro
Avvenire, 15-09-2015
Paolo Lambruschi
Sul tema complesso dell’immigrazione, la Ue fa passi indietro dopo il recente passo avanti della Germania che ha aperto all’accoglienza dei siriani. E dimostra di non avere una politica all’altezza di un problema epocale. Il primo passo indietro è di natura umanitaria. L’accordo sulla redistribuzione di 120mila persone in 28 Paesi su cui si è litigato ieri al vertice dei ministri Ue, che doveva essere decisivo per risolvere la crisi profughi più seria dal 1945, slitta per l’ennesima volta al prossimo 8 ottobre, ma così si continua a lesionare i valori fondanti dell’edificio europeo, dove tutti sono stati profughi.
Inutile ricordare lo sforzo sostenuto fin qui dalla Giordania e dal Libano che hanno accolto complessivamente due milioni di siriani (e quasi altrettanti iracheni) o dell’Etiopia – l’Etiopia – che ospita 600mila migranti dall’Eritrea. Siriani ed eritrei sono le due etnie indicate dal piano di redistribuzione biennale (a partire da quelli arrivati lo scorso 15 agosto) su cui si è trovato un accordo per ricollocarne 40mila. Circa due milioni e mezzo di persone accolte nei Paesi confinanti contro i 160mila di un’Europa timida e anche avara. Secondo passo indietro è la stretta securitaria con il ripristino delle sorveglianze ai confini nazionali.
Consentite, certo dal Trattato di Schengen, ma condite da una buona dose di ipocrisia per placare l’opinione pubblica. Parigi sa benissimo che non risolverà la crisi di Calais intensificando i controlli alla frontiera con l’Italia, perché la frequenza con la quale si arriva nei pressi dell’Eurotunnel passando da Ventimiglia è direttamente proporzionale al denaro che si possiede. Chi ne ha di più può pagare un passeur e viaggiare quasi indisturbato in auto. Questa è la regola. Ed è illusorio credere che il muro reale eretto dagli ungheresi e quelli ideali di cechi e slovacchi frenino il flusso via terra di siriani, afghani e pakistani.
Quanto agli hotspot, i centri di identificazione per i migranti, sono una misura che può, sì, placare gli animi degli elettori tedeschi o francesi, ma seppur rispondenti a una giusta necessità di ordine pubblico, sembrano più un modo per ricacciare ancora una volta il fardello sulle spalle dei Paesi di prima accoglienza (Italia e Grecia) se non accompagnati dalla volontà politica di archiviare definitivamente il regolamento di Dublino – che obbliga il richiedente asilo a restare in questi Paesi di primo approdo – e di agire in modo solidale tra i 28. Quanto ai respingimenti alle frontiere, che si vorrebbero incentivati da Frontex, le notizie dei naufragi solo di questo settembre ci mostrano i visi delle persone che si vorrebbero ricacciare indietro: perlopiù famiglie e con bambini piccoli.
Fa bene il cardinale Bagnasco a puntualizzare che la Chiesa italiana collabora, ma non si sostituisce alle istituzioni pubbliche. Non è suo compito, anche se non rinuncia a dare l’esempio e praticare l’accoglienza cristiana. Così come è giusto chiedere a chi arriva di accettare i valori delle comunità ospitanti. Un primo segno, però, sarebbe finalmente l’impegno a rivedere la legge che vieta ai richiedenti asilo di lavorare mentre attendono che venga accolta la loro domanda. In molti Comuni italiani si è ovviato promuovendo esperienze di volontariato per ricambiare l’accoglienza. Ne ha accennato Juncker nel suo discorso della scorsa settimana, ma ieri pare non se ne sia parlato. Accusata a torto a ogni livello dai professionisti dei discorsi di odio e di buonismo, di astrazione dalla realtà quando non di collaborare con il nemico aprendo le porte a invasori e a terroristi, la Chiesa e le organizzazioni da lei ispirate o promosse e che da anni sono in prima linea hanno elaborato un pensiero molto concreto e avanzato che la Ue continua a ignorare.
Architrave di queste proposte, coscienti del fatto che ad esempio la guerra in Siria non cesserà improvvisamente né l’Eritrea diventerà di colpo democratica né i Boko Haram (e i loro fratelli legati all’Is) verranno sconfitti in fretta, è la creazione di canali umanitari per fare entrare in Europa persone che ne hanno diritto in sicurezza istituendo non solo hotspot, ma centri di accoglienza in Paesi sicuri dai quali partire. Invece ieri la Ue è tornata piccola e si è interessata solo ai Paesi sicuri nei quali respingere, ignorando che paradossalmente questo finirà con l’alimentare il traffico di uomini e quegli scafisti di mare e di terra che ieri ha deciso all’unanimità di combattere.