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Accogliere i rifugiati dev'essere l'impegno di tutti

art. huff 10 setL'Huffington Post, 10-09-2015
Alessia Mosca

In questi giorni ho letto la storia di Misa, una donna di Roma, di professione fisica e ora in pensione, che anni fa ha raccolto in casa sua dei ragazzi afghani e iracheni. Una storia che ha raccontato non perché cercasse pubblicità ma per incentivare l'accoglienza, la solidarietà, per fare appello a quel sentimento di fratellanza che in questi mesi non abbiamo purtroppo saputo onorare.

Ne parlo qui, uno spazio che avevo detto sarebbe stato dedicato alle donne, prima di tutto perché questa settimana, più di sempre, non è possibile non parlarne, considerando l'arrivo delle prime vere azioni degli Stati membri sul tema e il rafforzamento di quelle già richieste a maggio dalla Commissione europea e ad aprile dal Parlamento europeo.

Ci troviamo davanti al più grande fenomeno migratorio a cui la mia generazione abbia assistito. In queste settimane, si sono susseguite analisi sulle cause e sulle conseguenze, nella migliore delle ipotesi, e dichiarazioni farneticanti e di pessimo gusto, nella peggiore, insieme a un diffuso scaricabarile di responsabilità gli uni sugli altri. Fino a quando una coscienza collettiva si è risvegliata davanti alla più tragica delle immagini, un bambino di tre anni morto sulla spiaggia. Allora sono arrivate le aperture dei Paesi fino a ieri più ostili e ci si è riscoperti uniti nel desiderio di attenuare i dolori delle vite colpite da grandi tragedie.

La seconda ragione per cui ne parlo qui è che sono convinta che esista una dimensione di genere molto forte in tutto quello che sta succedendo. Angela Merkel, personaggio fulcro delle decisioni (e non-decisioni) degli ultimi mesi su questo tema, è diventata "mamma Merkel", che poco ha a che fare con la donna di ferro, gelida e tutta orientata al profitto della sua Germania, a cui gli stessi giornali ci avevano abituato. Non so dire se la svolta che stiamo vivendo in questi giorni sia tutto merito suo ma è innegabile che lei abbia avuto un ruolo importante.

Un ruolo che, io credo, potrebbero avere molte donne, ognuna per ciò che le compete, ognuna nella propria esperienza personale o professionale. Le donne non sono meglio o peggio degli uomini, ma hanno attitudini diverse: tendenzialmente, hanno una predisposizione maggiore all'accoglienza, alla solidarietà, alla risoluzione dei problemi invece che alla recriminazione sui loro autori. Con le dovute eccezioni, ovviamente, perché se è vero che abbiamo un Salvini è vero anche che una Le Pen non è certo da meno.

E noi abbiamo bisogno, invece, di tutte le donne, di tutte noi, ora forse ancora più di prima. Perché questo fenomeno non è temporaneo e la sua gestione non si può esaurire nell'accoglienza che siamo riusciti a ottenere nell'emergenza. Sarà necessaria una forza di volontà e una progettualità che non potranno più beneficiare della spinta emotiva dovuta alle scene terrificanti a cui abbiamo assistito.

Bisognerà capire come gestire nel lungo periodo un'integrazione non facile. Provvedere non solo alle prime necessità, ma anche "alle seconde", "alle terze": alloggi permanenti, lavoro, scuola, lingua, sanità. Soprattutto, scuola: la vera integrazione passa da qui, nella condivisione della cultura e nella conquista di strumenti che permetteranno, un giorno, di muoversi sul mercato del lavoro, di partecipare alla crescita, economica e non solo, della società europea. Anche di questo abbiamo discusso in questi giorni, con la relazione Rodrigues sull'emancipazione femminile attraverso l'istruzione.

Solo così, con il contributo da parte di molti, peraltro, si ottengono grandi risultati anche a livello politico: perché una democrazia funzionante ha bisogno di una cittadinanza consapevole, attiva, impegnata.

Pubblicato: Giovedì, 10 Settembre 2015 13:55

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