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Aiutiamoli a casa nostra
il manifesto, 09-09-2015
Giulio Marcon, Andrea Segre
11 settembre. Decine di migliaia di persone manifesteranno in tutta Italia per dire no ai muri e alla Fortezza Europa, per dire che ci vogliono dei corridoi umanitari, che vanno chiusi i centri di detenzione, che serve una organica normativa europea sul diritto di asilo, che va superato il regolamento di Dublino. Ci saranno manifestazioni anche a Parigi e a Lipsia.
Quando alla fine di agosto abbiamo pensato di organizzare, in solidarietà con i migranti, la «marcia delle donne e degli uomini scalzi» a Venezia, non pensavamo che in pochi giorni avrebbero aderito più di 300 organizzazioni e 1500 personalità e che si sarebbero organizzate l’11 settembre - in contemporanea a Venezia - manifestazioni in altre 61 città italiane (per info cliccate qui ).
Ci ha spinto un’urgenza politica ed etica di fronte alla strage di centinaia di migranti in mare, all’inazione dell’Italia e dell’Europa e ai muri e ai fili spinati che si ergevano nel nostro continente per impedire a migliaia di profughi di trovare asilo e protezione nei nostri paesi. La risposta è stata straordinaria.
L’11 settembre decine di migliaia di persone manifesteranno in tutta Italia per dire no ai muri e alla Fortezza Europa, per dire che ci vogliono dei corridoi umanitari, che vanno chiusi i centri di detenzione, che serve una organica normativa europea sul diritto di asilo, che va superato il regolamento di Dublino. Ci saranno manifestazioni anche a Parigi e a Lipsia.
Sotto l’onda dell’emozione dei morti e della marcia dei profughi siriani sull’autostrada ungherese, qualcosa nel frattempo si è mosso. La Germania ha costretto gli altri paesi all’apertura delle frontiere e ha accolto i profughi siriani, si è dato vita ad un (limitato) piano di accoglienza europeo, si va nella direzione di una politica unitaria in materia di asilo. Ma ci sono molti «ma».
La Merkel, pur dichiarando positivamente che non c’è alcun limite ad accogliere a chi scappa dalle guerre, ha detto ad Orbán che l’apertura delle frontiere è stata e sarà «una tantum» ed il premier ungherese ha ripreso a costruire il muro ai confini della Serbia. Volano, poi, «venti di guerra»: dalla Gran Bretagna alla Francia, si ricomincia a parlare di raid aerei in Siria. Così non si fermerà l’Isis, ma si alimenteranno nuovi flussi di disperati. Per i profughi che arrivano dal mare, poi, niente di nuovo. Si continua con Triton, mentre servirebbe una vera e propria missione di soccorso di chi si imbarca per arrivare da noi.
E Renzi, qui in Italia, dovrebbe fare qualcosa di più delle sue roboanti dichiarazioni: dovrebbe chiudere i centri di detenzione, rifare una Mare Nostrum solamente umanitaria, introdurre il diritto di voto alle elezioni amministrative per i migranti residenti, mettere in campo un piano straordinario e strutturale per l’accoglienza di 500mila profughi nei prossimi due anni, senza se e senza ma.
È triste dare ragione al Pentagono: ma si tratta di un’emergenza almeno ventennale. Forse più. E non solo per le guerre, la violazione dei diritti umani e la povertà. Nei prossimi anni verranno al pettine i nodi dei cambiamenti climatici: milioni di profughi si metteranno in marcia per sfuggire alla siccità e alla desertificazione di una parte sempre più grande dell’Africa.
Tutti motivi per metterci in marcia a piedi scalzi anche noi venerdì prossimo e per non fermarci nemmeno dopo. Altro che «aiutiamoli a casa loro». Ora, si tratta di aiutarli a casa nostra o, meglio, di aiutarci tutti insieme su questa terra, che è di tutti.