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Le due facce di un dramma
Internazionale, 07-09-2015
Bernard Guetta, giornalista
Dal punto di vista umano, come in ogni dramma, ci sono cose buone e altre che lo sono molto meno. In questo caso ci sono i cinquanta viennesi che si sono messi al voltante nel fine settimana per andare incontro ai rifugiati, portargli del cibo e caricarli in auto. Poi c’è il siriano in lacrime che alla stazione di Monaco mormorava “le persone sono così buone. Ci trattano come esseri umani, non come da noi”.
Oppure ci sono i volontari della stazione di Francoforte che cantavano “ecco la solidarietà umana” tra gli applausi della folla. Ci sono anche il grande rabbino di Francia Haim Korsia che ha chiesto di non chiudere le porte ai nostri fratelli e il papa che ha invitato tutte le parrocchie d’Europa ad accogliere una famiglia di rifugiati.
Dall’altro lato, però, ci sono anche i politici cechi che non trovano niente di meglio da fare se non lanciare una “petizione contro l’immigrazione”, mentre dal punto di vista politico la cosa fondamentale sarebbe mettere fine al conflitto siriano. E su questo piano ancora non ci siamo. Qualcosa, comunque si muove.
Tre ostacoli
Come all’inizio della guerra, anche oggi esiste un consenso internazionale sulla necessità di formare un governo di transizione a Damasco, includendo tutti tranne gli estremisti dello Stato islamico, e di organizzare elezioni libere sotto il controllo internazionale. Anche l’Iran, principale sostenitore militare e finanziario del regime siriano, si è dichiarato favorevole. Ma questa fragile unanimità incontra tre ostacoli.
Il primo è che russi e iraniani vogliono che Bashar al Assad resti al potere durante la transizione, cosa assolutamente inaccettabile per l’opposizione perché a quel punto il regime sarebbe nella posizione di bloccare tutto.
Il secondo ostacolo è che l’opposizione democratica, presa nella morsa tra lo Stato islamico e l’esercito siriano, non ha più molta influenza sul campo e si frammenta in esilio.
E veniamo al terzo e principale ostacolo: per il momento sembra impossibile organizzare una conferenza internazionale sulla Siria e trovare una cornice per mettere tutte le questioni sul tavolo, perché molti protagonisti (a cominciare dall’Iran e dall’Arabia Saudita) rifiutano di sedersi allo stesso tavolo.
Questo perché la Siria è diventata il campo di battaglia del grande conflitto tra due correnti religiose dell’islam, lo sciismo e il sunnismo, per la conquista delle zone d’influenza, un conflitto che sta già modificando le frontiere regionali e creando nuovi paesi, sunniti o curdi.
È in tale contesto che François Hollande annuncerà oggi che in futuro l’aviazione francese potrà colpire lo Stato islamico anche in Siria e non più solo in Iraq, perché gli organizzatori degli attentati su suolo francese hanno la loro base in Siria e perché lo Stato islamico è sempre più radicato nel paese. È essenziale arginare i terroristi, anche a costo di rafforzare in regime. Ma non è certo questo cambiamento che modificherà il quadro generale.
(Traduzione di Andrea Sparacino)