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Quell'umanità morta sulla spiaggia e quel ricordo di Auschwitz che non ho

huffington 1 setl'Huffington Post, 01-09-2015
Milene Mucci

Come molti di voi, sono qui con la foto davanti agli occhi di questa bimba restituita dal mare. Il vestitino bianco e nero, le calze con i fiorellini, anche un piccolo bordo di pizzo che si intravede ed un fiocchetto.

C'è lei. stesa li su quella spiaggia... e non si può certo dire la frase di rito che "sembra che dorma". Non si può dire perché il dolore è evidente,come il lavoro del mare quando rende parte di sé chi lo sfida malamente. Ecco, potrà sembrare strano all'inizio ma è un attimo e penso ad Auschwitz. Mentre guardo la foto di questa bimba penso ad Auschwitz ed al ricordo più importante che non mi ha lasciato.

Sì, fra i ricordi più importanti del viaggio ad Auschwitz e Birkenau, col Treno della Memoria ce n'è uno che non ho e che è, invece, il più importante. Ci penso guardando le foto che si avvicendano dell'ecatombe di questi giorni, di questa umanità forse mostrata mai come prima nel momento di una morte terribile, che sia in un camion stracolmo o su una battigia che la restituisce gonfia dal mare penso ad Auschwitz e al ricordo che non ho portato da lì e che, invece, è quello che tutti ci aspetteremmo ed io per prima avrei immaginato di trovarvi.

Quello di immagini di quella umanità provata, sfinita che da lì è passata. Quella fatta di corpi distrutti dalla fame e dagli stenti,di occhi stravolti. Insomma. L'iconografia classica di tutto il racconto che la Storia ed i media ci hanno fatto conoscere. Ad Auschwitz non c'è niente di tutto questo.

Niente.

Non c'è niente perché, come spiegano benissimo quando sei lì, nessun essere umano, nessuno di coloro che è morto lì avrebbe voluto vedere la propria dignità lesa al punto da essere mostrato nel punto massimo del suo dolore e della perdita di rispetto come persona.

Nessuno avrebbe voluto farsi vedere nudo,reso uno scheletro, con il terrore negli occhi o ammassato come uno straccio in una fossa comune insieme ad una catasta di altri come lui.

Il Rispetto per questo Dolore e per queste vicende si insegna "lì'" proprio non mostrandoli così. Allora, su delle grandi pareti del campo di Birkenau vedi, infatti, sorrisi, vedi foto di momenti felici, vedi persone in abito della festa e in momenti familiari gioiosi.

Vedi le foto che si erano portati con sé, foto di persone che ti guardano quando la loro Vita aveva una speranza, un sogno di possibilità. Della vita al campo vedi al massimo le foto segnaletiche all'arrivo, quelle schedate alla perfezione dai mostri che rispettavano le regole, quelle regole che, seguite poi al millimetro, mettevano a posto la coscienza degli operatori di morte.

Ma, il "dopo" lo intravedi e, guardate, forse è peggio. È peggio perché lo intravedi comunque nella montagna di migliaia di scarpine dei bimbi che se ti soffermi a guardarle una ad una ti sembra di diventare pazza dal dolore, lo intravedi nei capelli tagliati che riempiono una stanza e quella treccina bionda che spunta e racconta tanto ti fa stare male fino alla nausea e devi uscire.

Il dolore lo intravedi nelle migliaia di spazzole, valige lasciate li come se poi dovessero essere riprese un attimo dopo. Ma, l'essere umano ridotto al peggio di sé stesso non lo vedi. "Loro non avrebbero voluto farsi vedere cosi", ci hanno detto ad Auschwitz. Ecco, questo per me è stato uno dei grandi insegnamenti avuti da quel luogo e a cui penso guardando ora le foto che ho davanti dei morti venuti dal mare o del camion abbandonato.

Loro non avrebbero voluto farsi vedere così. "Così",così in questo modo che alla fine ritengo sia anche una sorta di alibi per noi, "per noi" qui che ci crediamo ancora al sicuro sulla terraferma. Si perché queste persone poi, alla fine, non lo sono più "persone" se ci abituiamo a vederle "così". Diventano archetipi di gente senza speranza, appunto, gente che può essere solo vista in mare su un barcone, o sotto una coperta di metallo su una banchina di un porto o, peggio ancora,gonfia dal mare che li ha "ovviamente" uccisi o "solo"una delle tante braccia ripiegate che compongono quel puzzle terribile in un camion abbandonato.

No,no. Dobbiamo evitare tutto questo. Dobbiamo provare a guardare , e a chiedere di farci vedere a chi ce l'ha fatta, attraverso la memoria di quei telefonini che stringono nelle mani, da vivi e da morti come cordone ombelicale con la loro Vita abbandonata, come erano "prima". Quello dovrebbe essere pubblicato a mio parere,quello dovremmo chiedere di vedere! Certo non troveremo certamente niente di eclatante altrimenti non ne sarebbero fuggiti... mi pare ovvio. Ma sono certa vedremmo foto di sorrisi, di momenti belli, di tenerezza o di amore.

Potremmo ,insomma,vedere le loro speranza il loro essere davvero come noi. Insomma... questo si sarebbe restituire dignità. Questo sarebbe vedere davvero queste persone senza l'alibi sottile dei "predestinati" che ,anche inconsciamente ed in buona fede, si è costruito intorno a "loro" e ci fa andare avanti. Passare ad altro più o meno immuni anche dopo aver visto cosa accade.

È una bomba umana quella che si sta realizzando.Una bomba. Io voglio sentirmi in colpa, soffrire, sentire il dovere di fare qualcosa perché quella bimba con i capelli neri, il vestitino a pois, le calze messe precise ed a posto dalla sua mamma; l'ho vista anche giocare e sorridere felice "prima" e, poi, ho visto il suo sorriso interrotto e perso su quella spiaggia.

Cosi ridiventerebbe davvero una bambina. Non so voi ma io ho paura che, nella moltitudine dei corpi spersi a cui si fa una sorta di terribile abitudine per l'ineludibilità di quello che sembra non si possa fermare, quel sorriso si perda e non ci scuota come dovrebbe. Noi "di qua" all'asciutto, ancora ritenendoci scioccamente al sicuro da quanto sta accadendo. Io voglio vederli aperti quegli occhi neri, prima.

Vedere che ci guardano per riuscire noi a sostenere quello sguardo con la consapevolezza e l'orgoglio di sapere che qualcosa si sta facendo. Voglio vederli aperti,quando sorridevano ancora quegli occhi di bambini. Cosi, su una spiaggia è troppo facile per noi, troppo facile.

Teniamoli aperti per fare, teniamoli aperti per indignarci con chi davvero non vede e non vuol capire ma chiudiamoli davanti a quei piccoli corpi gonfi sulla spiaggia e immaginiamoli anzi mentre corrono e giocano sorridendo. Immaginiamo quelle braccia incastrate in quel camion una sull'altra , invece, mentre salutano o amano o stringono altre mani. Immaginiamoli con la Vita che non hanno più. Forse solo questo può difenderli dalla banalità di una Morte ovvia che il nostro mondo gli sta regalando. Solo questo.

Pubblicato: Martedì, 01 Settembre 2015 11:21

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