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Quelle strane morti dietro le sbarre
Inchieste de L'Espresso
27/07/2015
di Alberto Custodero
Gli ultimi casi avvenuti a Regina Coeli hanno riacceso i riflettori su un dramma spesso dimenticato: ogni anno nelle prigioni italiane si tolgono la vita 60 detenuti. Un numero triplicato rispetto a quanto avveniva negli anni 60', quando la popolazione carceraria era la metà di quella attuale. Ma sono davvero tutti suicidi i casi archiviati come tali dall'amministrazione penitenziaria? I dubbi sono molti perché, tra reclusi trovati senza vita con segni di percosse sul corpo e dinamiche a dir poco incredibili, non mancano certo i casi che avrebbero meritato indagini piu approfondite.
Stringhe, lividi e lenzuola: tutti i casi incredibili
ROMA - Un sacchetto in testa. Una sniffata al gas delle bombolette del cucinino. Una laccio di scarpa, una felpa, una cintura, una striscia di lenzuolo o di jeans stretta al collo, un taglio in gola, le vene dei polsi squarciate. Così ci si toglie la vita, in carcere. Ogni anno nelle 200 prigioni italiane si suicidano in media sessanta detenuti. Le prigioni italiane, va precisato, sono il posto nel quale lo Stato, sotto la sua responsabilità, colloca i cittadini privati, per legge, della loro libertà. Nel momento in cui una persona entra in cella, è lo Stato, dunque, che diventa responsabile della sua sopravvivenza. O della sua morte, come negli ultimi casi avvenuti pochi giorni fa a Regina Coeli, dove nella stessa giornata del 20 luglio si sono tolti la vita un detenuto rumeno e il presunto killer del gioielliere romano Giancarlo Nocchia.