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Reato di tortura, commissione cambia disegno di legge: dovrà tornare alla Camera
La Repubblica, 07-07-2015
ROMA - La commissione Giustizia del Senato modifica ancora una volta il disegno di legge sul reato di tortura che ora dovrà tornare alla Camera nel caso in cui l'aula di palazzo Madama approvi le modifiche.
E' da marzo 2013 che si verifica un 'rimpallo' sul testo tra i due rami del parlamento. Al centro della questione innanzitutto la 'premura' che non si vada a configurare un reato contro le forze dell'ordine. Dopo un primo via libera al Senato e dopo una seconda approvazione alla Camera, seppur con sostanziali modifiche rispetto al testo originario, la commissione dà oggi mandato al relatore. Con gli emendamenti approvati si ritorna in parte alla impostazione originaria approvata dal Senato, con la riduzione delle pene ad esempio.
Si 'contestualizza' ancora meglio ciò che fa scattare la pena dei dieci anni: viene introdotto il termine 'reiterate violenze' l'agire 'con crudeltà' e il 'verificabile trauma psichico'. Sul punto relativo alle forze dell'ordine, torna la dicitura originale del Senato. Nel testo della Camera era stato specificato: "Se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso di poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio si applica la pena della reclusione da cinque a quindici anni".
L'emendamento approvato prevede invece questo: "Se tali fatti sono commessi da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni o da un incaricato di un pubblico servizio nell'esecuzione del servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni". Novità anche per i respingimenti. Nel testo della Camera non si poteva attuare l'espulsione o il respingimento verso uno Stato dove lo straniero potesse essere oggetto di persecuzione: questo per alcuni senatori avrebbe impedito qualsiasi respingimento. Da qui si è introdotta l'inammissibilità del respingimento o dell'espulsione verso uno Stato "qualora esistano fondati motivi di ritenere che la persona rischi di essere sottoposta a tortura".