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Carceri, Italia vs Svezia. Nessuna circostanza giustifica la tortura

art. huffington 30 giuL'Huffington Post, 30-06-2015
Claudia Miccichè Esperta nel settore della cooperazione internazionale

"Il nostro ruolo non è punire. La punizione è la sentenza di prigionia: sono stati privati della loro libertà. La loro punizione è che adesso sono con noi" cosi dichiara Nils Öberg, direttore di una prigione Svedese, durante un'intervista a The Guardian nel 2014. Nel periodo della giornata mondiale contro la tortura, purtroppo, si legge sempre più di torture psicologiche e fisiche subite dai detenuti nelle prigioni in Europa cosi come nel resto del mondo.

Nel dicembre del 1984 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adotta la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Ai sensi dell'art 19 della Convenzione, "gli Stati Parti presentano al Comitato, tramite il Segretario Generale delle Nazioni Unite, delle relazioni sulle misure da loro adottate al fine di dare esecuzione ai loro impegni in virtù della presente Convenzione."

Secondo il rapporto dell'Organizzazione Mondiale Contro la Tortura (OMCT) in occasione della 5° sessione del Comitato ONU contro la tortura, in Nuova Zelanda persistono casi di maltrattamenti di donne nelle carceri perché appartenenti ad una minorità indigena (maori). In Italia, secondo il Rapporto dell'associazione Antigone, (l'osservatorio che dalla fine degli Anni '80 si occupa della condizione dei penitenziari italiani), il numero delle carceri ha avuto una lieve diminuzione, ma purtroppo il sovraffollamento persiste. Si ricorda anche la recente condanna da parte della Corte europea dei diritti umani sui fatti accaduti alla Diaz durante il G8 di Genova, ove si parlò di reato di tortura.

In questo scenario, non è facile passare in rassegna le torture inflitte ai detenuti, ma si vuole per lo più dare voce ai segnali positivi di apertura verso un cambiamento. In Tunisia, il Ministero dei Diritti Umani e della Giustizia transazionale ha elaborato, in seguito a delle visite di esperti internazionali presso alcune prigioni tunisine, delle linee guida (un aide-memoire) per la realizzazione delle visite nelle prigioni al fine di migliorare la governance del sistema penitenziario. Una sorta di manuale che si ispira ai trattati internazionali, che tiene in considerazione i bisogni delle carceri femminile in linea con i Regolamenti di Bangkok delle Nazioni Unite.

Ritornando alla Svezia, secondo lo stesso articolo di The Guardian, il numero delle prigioni è diminuito da 5.722 a sole 4.500 nel 2014. Un dato indicativo che porta a riflettere sull'approccio svedese nella gestione delle carceri. Un detenuto è infatti considerato come una persona che "deve essere reintegrato nella società con una forma psico-fisica migliore di come è entrato" secondo lo stesso Öberg.

Le note di "Il Cielo in una stanza" di Mina non accompagneranno i detenuti in prigione, ma di certo siamo tutti sotto lo stesso cielo. In ciascuno paese, siamo collegati, apparteniamo allo stesso stato e viviamo di leggi comuni. Un approccio all'avanguardia come quello svedese, non è di facile traduzione in termini giuridici e nella gestione quotidiana delle carceri, ma in Svezia è vincente. Questo non vuol dire che sia un modello facilmente trasferibile in altri Paesi con un contesto socio-economico e culturale completamente diverso, ma potrebbe essere un buon esempio a cui ispirarsi.

Pubblicato: Martedì, 30 Giugno 2015 13:50

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