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Rom, l’unica strada possibile è l’inclusione

art. manifesto romil manifesto, 19-06-2015
Alessandro Capriccioli*

Fac­ciamo un patto: se pro­metti di fare il bravo mamma e papà ti com­prano il moto­rino. È grosso modo que­sta, a quanto si legge, la stra­te­gia per la chiu­sura dei campi rom con­cor­data dai sin­daci dei comuni ita­liani col mini­stro Alfano: una stra­te­gia che subor­dina l’erogazione di ser­vizi alter­na­tivi all’accoglienza nei campi, e in par­ti­co­lare le solu­zioni di carat­tere abi­ta­tivo, alla sot­to­scri­zione di «patti» con cui i desti­na­tari di quei ser­vizi dovranno impe­gnarsi a tenere com­por­ta­menti con­formi alla lega­lità. Pro­met­tete di com­por­tarvi bene, insomma, e noi vi tro­viamo una casa.

Met­tendo da parte per qual­che istante le pur intri­ganti impli­ca­zioni giu­ri­di­che di simili accordi (quale valore legale potrebbe mai avere l’impegno a non delin­quere scritto su un pezzo di carta?), l’angosciosa domanda che sorge spon­ta­nea è: e tutti gli altri? Cioè, per quale ragione i rom dovreb­bero impe­gnarsi alla lega­lità per otte­nere dei ser­vizi dai comuni, men­tre un adem­pi­mento ana­logo non è pre­vi­sto per il resto dei cit­ta­dini? Non è che così con­ge­gnata l’iniziativa sarebbe un tan­tino discri­mi­na­to­ria, e in quanto tale pas­si­bile di richiami e san­zioni da parte dell’Unione Europea?Perché, per dirla tutta, a Stra­sburgo hanno già avuto da ridire sul modo in cui il nostro paese ha affron­tato per decenni la que­stione rom: e, come si dice, aggiun­gere altra carne al fuoco non sarebbe esat­ta­mente il massimo.

Il punto, in realtà, è che alla lega­lità dovreb­bero impe­gnarsi in primo luogo i sin­daci, imple­men­tando — una buona volta — i per­corsi di inclu­sione già deli­neati nella stra­te­gia nazio­nale di inclu­sione adot­tata nel 2012 dal governo Monti in osse­quio alle indi­ca­zioni euro­pee: al di là della fan­ta­siosa sti­pula di con­tratti con­ce­piti ad hoc su base etnica, che sul piano del diritto appa­iono assai discu­ti­bili, per usare un eufe­mi­smo. Per­corsi di inclu­sione per­so­na­liz­zati e moni­to­rati, con tempi certi e tappe sta­bi­lite, come quelli che a Roma ven­gono chie­sti dalle deli­bere di ini­zia­tiva popo­lare della cam­pa­gna «acco?glia?moci?.it», pro­mossa da Radi­cali Roma insieme a realtà come Asso­cia­zione 21 luglio, A buon diritto, Arci, Cild, Pos­si­bile, Un ponte per, Zalab e Asgi: per­corsi che hanno risolto effi­ca­ce­mente il pro­blema in altri paesi euro­pei e che sarebbe pos­si­bile atti­vare comin­ciando a ricon­ver­tire le risorse (sol­tanto a Roma 25 milioni l’anno) sin qui sper­pe­rate nella disa­strosa poli­tica dei campi; moni­to­raggi che sono ormai ine­lu­di­bili non sol­tanto nel caso dei rom, ma anche per sanare l’altra piaga aperta dei cen­tri di acco­glienza a richie­denti asilo e rifugiati.

Solu­zioni pra­ti­ca­bili, se solo ci si degnasse di uscire dalla reto­rica logora dei rom che rubano, chie­dono l’elemosina e non man­dano i figli a scuola. Se solo si abban­do­nasse la ten­ta­zione di dare in pasto all’opinione pub­blica l’ennesimo pro­clama dema­go­gico spe­rando di raci­mo­lare qual­che voto in più: e ci si deci­desse, final­mente, ad affron­tare la que­stione in tutta la sua com­ples­sità.
* segre­ta­rio Radi­cali Roma

Pubblicato: Venerdì, 19 Giugno 2015 17:48

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