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Un buco nella rete ed ecco la Francia, la fuga sui sentieri sopra Ventimiglia

art. repubblica.itla Repubblica.it, 18-06-2015
MASSIMO CALANDRI

Da quando la frontiera è bloccata a decine salgono fin quassù ogni giorno per aggirare i controlli. “Ci siamo lasciati alle spalle l’inferno, non saranno quattro gendarmi a fermare il nostro viaggio”

«Ci siamo lasciati alla spalle l’inferno. Come possono fermarci i poliziotti francesi?». No, nessuno può fermarli e negare loro il diritto di vivere. Niente, nessuno. Il ragazzo compare all’improvviso lungo il vecchio sentiero dei contrabbandieri, quello che sale dalla frazione di Grimaldi Superiore e dopo un’ora di montagna si passa attraverso un buco ritagliato nella rete metallica, ma attenzione al Passo della Morte perché nell’ultimo secolo ci hanno perso la vita centinaia di migranti: antifascisti, ebrei, slavi, arabi.

Anche Sandro Pertini è passato di lì, negli anni Trenta. Questa volta tocca ad Haptom, un eritreo che di anni ne ha 28: domenica lo hanno fotografato alla frontiera di San Ludovico insieme ai suoi compagni. Reggeva un cartello — “Please, open that way”, aprite questa via per favore — e l’immagine è finita su tutti i giornali italiani. Infatti mostra orgoglioso il ritaglio di un quotidiano. Ma la Francia non ha aperto la porta, e allora Haptom ha scelto di aggirare «quell’inutile muro odioso». Insieme ad un amico. Tesfaye, 25 anni: nel Corno d’Africa faceva il sarto, sostiene che gli basta dare un’occhiata al disegno di un modello e lui cuce un vestito perfetto in un giorno. Tesfaye vuole andare a Manchester, dove lo spettano alcuni amici: «Parlo un po’ di inglese. Ma se non ci riesco provo con la Germania, o l’Olanda». Haptom prima deve raggiungere in Francia la fidanzata, che due settimane fa è riuscita a passare in treno e lo aspetta: «Forse a Marsiglia, non sono sicuro. Però ho un numero di telefono dove provare a rintracciarla». Vogliono sposarsi, vivere e lavorare ad Amsterdam dove li aspettano i parenti.

I due ragazzi sorridono, e c’è una luce come surreale nei loro sguardi: è più di una speranza, è la certezza che troveranno un mondo migliore. Che tutto andrà bene. Uno ha una piccola borsa a tracolla, l’altro solo un cappello in testa. Prima di affrontare il cammino si sono fermati per una preghiera nella piccola chiesa del paesino abbarbicato sulla frontiera — 50 abitanti d’inverno — che è dedicata agli Angeli Custodi. Saliamo lungo il sentiero. Raccontano di essere partiti dalla Libia, poi li hanno recuperati da una piccola barca con un elicottero e portati in Sardegna, quindi il traghetto e il treno fino a Ventimiglia. «Abbiamo aspettato 9 giorni. Poi, basta. La vita non può aspettare ancora ». Continuano a sorridere.

In cima, accanto a quel panettone di calcare che chiamano la Giralda e sta proprio sopra alla frontiera sulla costa — dove altri ragazzi si accampano e protestano — i francesi da più di 60 anni hanno messo una rete metallica. Qualcuno ritaglia un buco con delle cesoie, loro la riparano e il giorno dopo c’è un altro buco. Hapton e Tesfaye sono già di là, come tanti altri ieri e domani. «Buona fortuna». Sì, ma ora non prendete il sentiero a sinistra. È l’errore che commettono tutti, soprattutto di notte: perché a sinistra, verso il mare, ci sono le luci di Mentone e di Montecarlo. Quelli che non lo sanno le seguono come lucciole, ma poi la strada si trasforma in una trappola: il Passo della Morte. Il sentiero strettissimo, scivoloso. Col buio non si vede nulla. Cadono di sotto: dopo un volo di cento metri finiscono nel giardino di un francese che si chiama De la Rue e sono generazioni che la sua famiglia convive con questa storia crudele. Uno storico della zona, il maestro Renzo Villa, sosteneva che tra il 1945 e il 1955 fossero morte almeno 150 persone: immigrati italiani, quasi tutti dalla Sicilia. Qualche mese fa un sudanese è rimasto aggrappato alle rocce e da Tolone di è alzato un elicottero della polizia francese per trarlo in salvo. «Il cammino di destra: tra 20 minuti sarete nella parte superiore di Boulevard Garavan. Francia. Attenzione, perché la gendarmeria a volte si nasconde all’inizio delle strada asfaltata ».

Chissà se ce l’hanno fatta. Con lo scrittore Enzo Barnabà, che vive a Grimaldi, saliamo fino a Case Gina. Un insediamento abbandonato dove di solito trovano rifugio i migranti prima di passare per le vecchie piste dei passeurs: quella della e del Cardellino, dei Sette Camini, del Cornà. Sui muri in pietra screpolati qualcuno ha lasciato scritto la prima parte della sua storia: “George Galati 29/08/97, Romania”, “2004 Libya”, “Silvia Saki 2015”. «Perché di qui gli uomini liberi sono sempre passati», racconta Enzo Barnabà. «Nel settembre del 1938 sembrava oggi: gli ebrei che per via delle leggi razziali cercavano di emigrare, ma i francesi avevano l’ordine di riportarli in Italia». No. Nessuno può fermarli, impedire loro il diritto di vivere.

Pubblicato: Giovedì, 18 Giugno 2015 11:43

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