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Giustizia: le nostre carceri scoppiano, ma per Strasburgo sono un modello

carcere 1Il Garantista, 17 giugno 2015

 Francesco Lo Dico

"Sulle risposte da dare per risolvere la questione del sovraffollamento carcerario l'Italia è diventato un esempio di buone pratiche per diversi altri Stati membri". Le parole del segretario generale del Consiglio d'Europa, Thorbjorn Jagland, dopo l'incontro col ministro della Giustizia, Andrea Orlando, suonano provenire, più che dall'Europa, da un altro continente rimasto nello scantinato del mondo, ignaro che lassù, al primo piano va in scena una ben più tragica realtà.

Frasi che iniettano anche tra chi ogni giorno naviga a vista nell'odissea giudiziario-carceraria del nostro Paese, una massiccia dose di sbigottimento. "Ma questo Thorbjorn Jagland - si interroga piccata il segretario dei Radicali Rita Bernardini - sa qualcosa dell'irragionevole durata dei processi in Italia?". "Il fatto che con incredibile ritardo paghiamo finalmente le sanzioni in denaro della legge Pinto (da verificare comunque se sarà efficace l'accordo con la Banca d'Italia) - argomenta la leader radicale - non significa che i processi sono di una durata "ragionevole" ma che lo Stato italiano "paga" cifre spaventose (oggetto peraltro di una nostra denuncia per danno erariale confezionata da Deborah Cianfanelli della Direzione di Radicali italiani) per violare la Costituzione italiana e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo".

"Premesso che non si comprende a quale titolo il Segretario Generale del Consiglio d'Europa rilasci dichiarazioni "politiche" sull'operato dei governi - prosegue Rita Bernardini - colpiscono le parole secondo le quali Thorbjorn Jagland promuova l'Italia in merito alla sentenza Torreggiani e si spinga a congratularsi con il ministro Orlando su quanto l'Italia avrebbe fatto per ridurre la lunghezza dei processi".

Sebbene al Guardasigilli Orlando vada riconosciuta maggiore sensibilità dei predecessori sui temi detentivi, che hanno portato tra l'altro all'apertura di un dibattito sulla materia con gli Stati generali delle carceri, la situazione ereditata dal ministro, numeri alla mano, rimane ancora disastrosa. I dati diffusi dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria dicono che al 31 marzo 2015 i detenuti che inzeppano le nostre 200 carceri sono 54.122, e cioè di nuovo in aumento dopo i piccoli segnali di miglioramento legati ai provvedimenti "svuota carceri" e la sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale la legge Fini-Giovanardi che equiparava le sostanze stupefacenti leggere (hashish e marijuana) a quelle pesanti (eroina, cocaina).

E va ricordato poi, come già chiarito dalla stessa Rita Bernardini, che nonostante i miglioramenti degli ultimi cinque anni (nel 2010 i detenuti in attesa di giudizio erano il 43 per cento) a oggi vivono tra le sbarre, ancora in attesa di un processo 19.799 persone, e cioè quasi tre detenuti su dieci. In particolare, desta allarme la grande quantità di detenuti in attesa di primo giudizio, che sono in tutto quasi diecimila.

E il sovraffollamento rimane una piaga dalle enormi conseguenze, che lede la dignità di chi spende la propria esistenza in gattabuia. Le carceri italiane che presentano un sovraffollamento superiore al 130 per cento sono 58. Il triste record tocca alla Casa circondariale di Udine, che con 164 detenuti stipati come polli negli 82 effettivi, tocca il 200 per cento di sovraffollamento.

Ma dovrebbero far rizzare anche i capelli inamidati dei burocrati di Bruxelles, il 199% del carcere di Busto Arsizio (303 detenuti in 145 posti effettivi), il 196% del carcere di Latina (149 detenuti in 76 posti). E poi Milano-San Vittore, dove c'è un "overbooking" del 182% (963 detenuti in 530 posti effettivi), Roma-Regina Coeli (178%,) Verona Montorio (608 detenuti in 345 posti), Padova-2 Palazzi (738 detenuti in 436 posti), a Lecce-Nuovo complesso (1.017 detenuti in 622 posti), Napoli Secondigliano (1.353 detenuti in 886 posti), Bologna-Dozza (734 detenuti in 489 posti), Milano- Opera (1.303 detenuti in 893 posti).

"Quel che preoccupa - ha avuto modo di osservare Rita Bernardini - e quindi come radicali ci "occupa" di più, sono i tanti detenuti che si trovano ancora in carcere perché non hanno potuto rivedere al ribasso la pena che è stata loro comminata in base ai vecchi minimi e massimi edittali della legge Fini-Giovanardi che andavano dai 6 ai 20 anni senza fare distinzione fra droghe pesanti e droghe leggere mentre, dopo la dichiarazione di incostituzionalità per i derivati della cannabis, si è passati a pene edittali che vanno dai 2 ai 6 anni".

Se è questa l'Italia che improvvisamente è assurta dagli altari dell'Europa a modello di giustizia ed equità della pena, l'Italia dei 4milioni e 600mila processi pendenti, l'Italia dove sei detenuti su dieci sono ammalati e tre su dieci usano droghe, l'Italia dei 44 suicidi in cella soltanto nel 2015, allora la spiegazione è una sola. Gli applausi che si levano nella nostra direzione, devono essere quelli beffardi di "Scherzi a parte".

Pubblicato: Mercoledì, 17 Giugno 2015 17:48

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