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Notizie

Appello contro il carcere barbaro

carcereRistretti Orizzonti, 16-06-2015

Adriano Sofri

Fra le esperienze di riscatto di carcerati e carceri in Italia, quella padovana e veneziana di "Ristretti Orizzonti" è, non dirò la più ammirevole - perché tutte le associazioni e le persone di buona volontà che si impegnano a rendere le galere meno indegne sono comprensibilmente gelose dei propri faticati successi - certo la più universalmente preziosa.

Oltre all'edizione di libri e di una rivista a stampa ben fatta, redatta da detenuti italiani e stranieri, Ristretti pubblica in rete un notiziario quotidiano completo su informazioni e commenti riguardanti il carcere e la giustizia, e un archivio storico di 15 anni e 130 mila notizie, strumenti indispensabili a chiunque voglia conoscere, studiare e contribuire a fare qualcosa di buono.
Ornella Favero è stata l'animatrice volontaria di questa esperienza, i cui risultati principali sono stati, credo, di rendere i detenuti protagonisti della conoscenza e del riconoscimento di sé, e di suscitare il loro confronto continuo con i giovani delle scuole e con le vittime di reati e loro famigliari.
La lettera aperta indirizzata al dipartimento Penitenziario del ministero di giustizia, qui ospitata, offre un esempio della ricchezza reciproca di questo incontro, e delle difficoltà enormi che deve affrontare, per una specie di insormontabile inerzia, un lavoro cui autorità e pubblico dovrebbero esser grate come per un adempimento dei loro fini e di lettera e spirito delle leggi.

Ornella Favero ( direttrice di Ristretti Orizzonti)

Storia di tre detenuti lasciati marcire in carcere a causa di una parola: "declassificazione"

Gentili dirigenti del Dap, se non ne sapete nulla, voglio raccontarvi un'esperienza avvenuta di recente nella Casa di reclusione di Padova, la Giornata di Studi "La rabbia e la pazienza", e ve la racconto attraverso le parole di Lucia Annibali, una giovane donna, avvocato di professione, sfigurata dall'acido che le è stato tirato in faccia. Per quel terribile atto sono stati condannati due uomini, ritenuti gli esecutori del gesto, e un terzo, ritenuto il mandante, che con Lucia aveva avuto una tormentata relazione.

Scrive Lucia su Io donna "Il momento più interessante e toccante dell'intera giornata, è stato ascoltare le storie dei detenuti: scoprire, attraverso i loro racconti, il motivo che aveva aperto per loro le porte del carcere, il momento in cui avevano scelto di essere persone violente, le cause che stavano alla base di quella scelta.

La loro voce si spezzava mentre provavano a comunicare a tutti i presenti quanto fosse difficile la vita del carcere, quanto fosse grande il vuoto per il distacco dagli affetti familiari, soprattutto per chi un fine pena non ce l'ha. Erano le testimonianze di persone che avevano iniziato un difficile percorso di presa di coscienza delle proprie responsabilità.

Mentre li ascoltavo, mi scoprivo a commuovermi; la loro rabbia, la tristezza, il dispiacere per se stessi e per il male che quella scelta di tanti anni fa aveva generato, anche nella vita di altri, mi arrivavano dritti al cuore".
Fra i detenuti di cui scrive Lucia Annibali c'era Giovanni Donatiello, che è intervenuto di fronte a seicento persone, arrivate da tutta Italia per entrare in un carcere, e ha raccontato la sua esperienza di pena "rabbiosa" trascorsa al 41 bis e poi per ben quindici anni in Alta Sicurezza, e il cambiamento radicale avvenuto in lui da quando è a Padova, frequenta la redazione di Ristretti Orizzonti, si confronta con centinaia di studenti, dialoga con vittime come Lucia. Ma c'è qualcuno che le cose significative, importanti, che avvengono in carcere non le guarda molto, e preferisce decidere a tavolino che Giovanni non merita di restare a Padova, che 29 anni di galera sono pochi per considerarlo non più pericoloso e metterlo non fuori libero!, per carità, ma semplicemente in una sezione di media sicurezza: quella stramaledetta declassificazione che tutti noi di Ristretti avevamo sperato per lui.
Quindici anni fa Giovanni usciva dal 41 bis perché "vista la nota (...) con la quale la procura distrettuale della Repubblica di Lecce ha segnalato di non ritenere più attuale il collegamento del Donatiello con l'ambiente criminale associato di appartenenza" il ministro revocava il decreto con il quale era stato disposto nei suoi confronti il regime detentivo speciale di cui all'art. 41 bis, e ora invece il Dap respinge la richiesta di declassificazione perché sembra (non so le parole esatte perché al detenuto non è stata data copia del rigetto dell'istanza di declassificazione, pare non abbia diritto di sapere da chi e da che cosa si deve difendere, diciamo che deve sentirsi sotto indagine a vita, e basta) che la Direzione Distrettuale Antimafia, dopo lunghe ed articolate indagini, coperte da segreto investigativo, ritenga che il suo gruppo criminale sia ancora operante sul territorio e che Donatiello non abbia mutato la sua posizione al vertice.
Quindi nelle sezioni di Alta Sicurezza hanno vigilato così male da riuscire a far rinascere l'organizzazione criminale di cui faceva parte Giovanni Donatiello nel lontano 1984 e a rimetterlo a capo della stessa? E perché allora non lo riportano al 41 bis? Continua Lucia Annibali: "E così mi sono chiesta: è possibile, ed è giusto provare ancora umanità, dopo che qualcuno ha scelto di arrecare un dolore alla tua vita?

Chi soffre a causa d'altri, spesso prova rabbia, rancore, persino odio nei confronti del responsabile della sua sofferenza; è un suo diritto e, forte di questo, può arrivare a decidere che quei sentimenti saranno, da ora in poi, il filo conduttore della sua intera esistenza. Ma può anche succedere che decida di fare la scelta opposta e di trasmettere il proprio dolore senza rabbia né rancore. È in questo caso che ci si scopre ancora capaci di provare umanità.
Essere "umani" significa, dunque, guardare oltre il male, staccarsi da esso, impedirgli di condizionare un'intera vita. Non necessariamente ha a che fare con il perdono, né vuol dire non sentire dolore: piuttosto riguarda la capacità e la volontà di trasformare qualcosa di brutto in qualcosa di bello. Provare umanità aiuta a sperare, e se è vero che sperare è già resistere al male, la nostra umanità può essere un modo attraverso cui chiedere, a chi è stato capace di fare del male, di non farlo più, di cambiare per diventare una persona migliore, per sé e per gli altri. È giusto allora provare umanità, se questo può servire a preservare altri da un dolore e aiutare chi soffre, a farlo in modo costruttivo. Essere "umani", dunque, per chiedere, in cambio, un po' di umanità. Ecco perché la vittima può decidere di confrontarsi con gli autori di reato".

A scuola di umanità da Lucia bisogna mandarci le persone detenute, ma bisogna anche mandarci le istituzioni. Mentre scrivo questo pezzo, mi arriva una notizia "Carcere: muore da solo, di cancro, al 41 bis. Non ha potuto dire addio alla famiglia. Il Tribunale di Napoli aveva dato l'ok a un colloquio con i cari: l'autorizzazione del Dap non è arrivata in tempo".

Ma tanto forse non è così importante, si tratta pur sempre dei cattivi più cattivi, dei mafiosi, e noi siamo i buoni. E a decidere della sorte dei cattivi chi sarà? Pedagogisti con grande competenza, esperti di rieducazione, teorici di una pena sensata, tesa davvero a responsabilizzare chi ha fatto del male?
Certo che no, sarebbe tutto troppo semplice, nel nostro Paese a decidere del "trattamento" delle persone detenute, dunque dei loro percorsi di risocializzazione, sono dei magistrati. E non magistrati di Sorveglianza, esperti di esecuzione della pena, sarebbe troppo normale! no, meglio magistrati inquirenti, ex procuratori della Direzione Antimafia, magari quegli stessi che prima ti hanno condannato all'ergastolo, o alla "pena di morte nascosta", come l'ha definito Papa Francesco, e ora dovrebbero finalmente decretare che non sei più lo stesso di venti o trent'anni fa, e magari avere il coraggio di non prendere per oro colato i pareri dei loro ex colleghi dell'Antimafia. In questi ultimi due mesi, a partire dalla chiusura delle sezioni di Alta Sicurezza di Padova, si è scoperto che da anni si lasciavano logorare, a volte anche "marcire" le persone in questi circuiti senza fare quasi nessuna declassificazione.

Da Padova stavano già partendo 96 detenuti, ma noi di Ristretti Orizzonti abbiamo combattuto, con la forza della competenza e dell'umanità, a partire dal fatto che da anni a Padova le sezioni di Alta Sicurezza sono integrate nella vita del carcere, e non isolate e tagliate fuori da tutto, e quelle partenze sono state bloccate, ed è stata fatta addirittura una nuova circolare sulle declassificazioni, che accoglie le nostre osservazioni, presentate direttamente al capo del Dap.
È anche vero che le Circolari si emanano, ma non sempre si applicano (ne è prova la circolare sui trasferimenti, che ancora non riesce a portare umanità nella materia delicata delle persone spostate spesso come pacchi senza vita, e costrette ogni volta in questi spostamenti a perdere speranza.
Cosa succederà a Giovanni se dall'esperienza calda e forte di Ristretti Orizzonti sarà ributtato in un carcere ben più povero di iniziative e di possibilità come Parma?): però aspettiamo per lo meno, rispetto alla mancata declassificazione di Giovanni Donatiello dopo 29 anni di galera, una operazione Trasparenza, chiediamo che ci dicano come ha fatto Giovanni, con i pochissimi colloqui che ha avuto (in tutto l'ultimo anno due colloqui in totale, con la figlia e con il fratello) a ritornare ai vertici della sua organizzazione criminale.

O che abbiano il coraggio di cambiare rotta, e di ammettere che la comunità carceraria non corre nessun rischio se Giovanni resta a Padova e viene trasferito in una sezione di Media Sicurezza. Restituiteci allora Giovanni, e non toglieteci gli altri detenuti della sezione AS1, come Tommaso Romeo, Agostino Lentini, Giovanni Zito, Antonio Papalia e tutti quelli che lavorano con noi di Ristretti da anni: perché per noi sono importanti gli esseri umani, e nel nostro percorso di responsabilità e consapevolezza ogni persona conta, ha un ruolo, vale per quello che è diventata.

Il Foglio

fonte immagine: www.lindro.it

Pubblicato: Mercoledì, 17 Giugno 2015 17:23

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