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Cari governatori del Nord, il diritto alla vita di ognuno non può essere discusso

art. huffington 3 L'Huffington Post, 08-06-2015

Deborah Dirani

Aspettare, in un caldo appiccicoso che non assomiglia a quello del deserto. Cercare con gli occhi una faccia conosciuta, concentrare le orecchie nel tentativo di capire una parola che ha un suono impossibile. E ancora aspettare che i minuti si affollino fino a diventare ore, quell'ora in cui da delle mani indicibilmente bianche arriva una bottiglia di acqua, che ormai è calda anche quella ma non importa, disseta, almeno un po'. E poi di nuovo accucciarsi su una panchina e ricominciare ad aspettare che le ore si accavallino fino a quando il sole non si rassegni a tramontare e lasciare posto al buio della notte, che un po' meno infuocata è.

E domani sarà la stessa cosa, e forse anche dopodomani e il giorno successivo, fino a quando le mani che portavano il pane duro si dovranno arrendere alla durezza di un cuore, quelle che portavano l'acqua all'aridità di un'anima. Potente. Cosa possono le miserie di migliaia di senza patria, di fuggiaschi e disperati contro la miseria suprema di chi una patria ce l'ha e pensa di avere il diritto di chiuderla all'umanità? Cosa possono le pance vuote, gli stomaci rattrappiti dai crampi, le gole secche di sete e i piedi scheggiati di vesciche contro l'opulente ricchezza di chi sta all'ultimo piano di un palazzo di ghiaccio dove l'acqua è sempre fresca e il cibo a portata di mano, basta avere qualche monetina, e il caldo è una scelta che si può alternare al fresco, premendo bottone?

Come può un uomo che ha tutto non avere il cuore in frantumi davanti alle mani tese di chi non ha più niente ed è costretto a schiantarsi i denti sugli scarti del suo pane, di quello di cui è sazio, di cui si è riempito la pancia fino a farla diventare una molliccia massa di grasso? Non è un uomo quel pingue politico che minaccia di tagliare i fondi ai comuni che accettano di ospitare gli ultimi del mondo, offrirgli un tetto e un pasto, un rifugio dall'afa e dal freddo che verrà. Non so cosa sia, so cosa non è: un essere umano. Forse ha dimenticato di quando lo stomaco contorto dai crampi era quello dei suoi antenati che salivano su barconi solo un po' più grandi delle carabattole, che abbiamo imparato a chiamare navi dei disperati, alla ricerca di un tozzo di pane di là da un altro mare. Disposti a tutto pur di non morir di fame. Forse ha dimenticato di quando la malaria ammazzava anche tra le nebbie della Pianura Padana, di quando ai bambini non era concesso il lusso dell'infanzia ma solo il dovere della maturità. Di quando i giovani uomini con la pelle bianca morivano a 50 anni dopo una vita di miseria votata ad arricchire qualcuno che sarebbe morto alla sua stessa età.

La memoria è un privilegio del cuore non del cervello. La memoria, quella vera, non quella ideologizzata, intendo. Chi non ha cuore non può avere memoria, forse vivrà una vita lunga, di certo povera. Chi non si sente gli occhi umidi guardando quelli così scuri e impauriti dei migranti racchiusi nell'androne di una stazione dei treni è infinitamente più povero di loro. Che loro sono costretti ad allungare le mani per chiedere aiuto, sono come i figli più piccoli di una famiglia numerosa: nessun padre li lascerebbe morire per assicurare l'obesità della sua primogenitura. Nessun padre che sia anche un uomo. Ma io di uomini non ne vedo: vedo potenti politici senza pietà, li vedo preoccupati di ingrassare i loro già grassi protetti. Non importa se a morire saranno gli ultimi arrivati, la vita è ingiusta, il pane non c'è per tutti. E non c'è perché ci sono bocche ingorde che non permettono a quelle affamate di addentarlo.

Ti lascio gli scarti, nutriti di quelli, sii veloce, impara la lezione: nutriti finché ce n'è e se tuo fratello morirà peggio per lui, non è stato svelto abbastanza. Oggi noi siamo gli americani e la stazione centrale di Milano è Coney Island: un ghetto per la quarantena, in attesa di conquistare la terra promessa. Non tutti la possono raggiungere, solo i più veloci, solo i più coraggiosi e spregiudicati. Saranno inevitabilmente delle piccole iene e ce ne lamenteremo additandole come bestie carnivore pronte ad azzannarci alla gola. E dimenticheremo che glielo abbiamo insegnato noi. Anzi, no: glielo avete insegnato voi, voi che rendete privilegio per pochi il diritto di tutti, quello alla vita, a un pezzo di pane e un sorso d'acqua fresca, a una coperta per ripararsi dal freddo e a un angolo d'ombra per sopravvivere al caldo.

E di nuovo i pingui potenti indicheranno nelle scheletriche iene le belve assassine e furiose che minacciano la nostra stessa esistenza. Lo faranno chiedendo a noi, a noi che ancora abbiamo un cuore, di cristallizzarlo nella paura di perdere un etto della nostra pinguedine per regalarlo a chi allunga le sue mani per chiederci questa facile rinuncia. Io farò sempre parte di quelli pronti a dimagrire e spero che come me saranno in tanti a non cedere al ricatto dell'obesità. Spero che saranno tanti i sindaci a non tremare davanti alle minacce sventolate da aridi potenti. Perché il diritto alla vita di ognuno di noi non può essere messo in discussione da qualcuno di noi.

Pubblicato: Lunedì, 08 Giugno 2015 14:44

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