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Unioni civili in Campidoglio Ora la palla passa al Senato

art. garantista 4Il Garantista, 22-05-2015
Aurelio Mancuso

Qui con voi percepiamo che lo stesso rispetto che per oltre 30 anni abbiamo riservato al nostro prossimo, oggi ci viene restituito». Paola e Stella, insieme da 31 anni, subito dopo aver iscritto la loro unione nel registro inaugurato in Campidoglio così hanno sintetizzano molto bene, idealmente per tutte le coppie che ieri si sono registrate, ciò che in Italia è ancora negato.

Certo il Comune di Roma con alla testa il sindaco Ignazio Marino, ieri assente al Celebration Day a causa di una riunione a palazzo Chigi, ce la sta mettendo tutta. Hanno fatto da apripista quattordici municipi su quindici che hanno approvato i Registri, subendo anche aggressioni e interruzioni da parte di gruppi dell’estrema destra, poi l’Aula Giulio Cesare ha dato il suo via libera, con i voti di quasi tutta la maggioranza (alcuni consiglieri cosiddetti cattolici Pd non lo hanno sostenuto), di movimento 5 stelle, e quello di Sveva Belviso, de l’Altra destra. Paola e Stella sanno bene che: «L’amore non riesce ancora a curare quel maledetto cancro psicologico che è l’omofobia. Ma questa nostra coppia diversamente giovane oggi vuole dire ”forza e coraggio, ragazzi”: la città di Roma ha trovato la cura».

Ora manca la legge, in discussione nella commissione giustizia del Senato, ma i registri nei comuni, sono un gesto politico forte, una spinta reale a sostegno di un cambiamento tanto atteso, tanto più se sono istituiti nella città eterna. Le 22 coppie che si sono registrate nella sala della Protomoteca, erano composte da lesbiche, gay, eterosessuali, alcune con figli. Una varietà di storie, come quella di Piergiorgio e Angelo, la coppia più longeva, 35 anni di percorso comune: «Ci scambiamo sei fedi, non due. Le prime ce le siamo scambiate 35 anni fa, le seconde dopo 25 anni e le terze oggi. Le prime erano di oro giallo, poi di oro bianco e quelle di oggi sono di oro rosso, in omaggio alla sala capitolina che ha questo colore».

L’emozione è troppa per richiamare però alla realtà dei fatti, ovvero la necessità di non confondere il Celebration Day, come un risultato concreto, così come non lo è stata la cerimonia delle trascrizioni delle unioni contratte all’estero. Il rischio è anche quello di confondere i piani: un conto è una legge che superi l’odiosa discriminazione per le coppi lgbt che non possono sposarsi (e correttamente la strada maestra sarebbe il matrimonio egualitario), un altro invece sono le pur necessarie tutele per le coppie conviventi etero o lgbt che non vogliono sposarsi, alle quali però devono essere riconosciute alcune minime tutele. Come ha ricordato il ministro Andrea Orlando al convegno di Equality Italia dell’altro giorno al Senato: «Va ricercato in Parlamento il più alto consenso possibile.

C’è l’opportunità di dare al Paese una legge adeguata. Non bisogna sprecare questa occasione. Né farne motivo di scontro ideologico». Chi era in quella sala ieri pomeriggio ha ben presente, che ora si entra in una fase molto delicata, perché al Senato la battaglia sarà durissima e soprattutto il Pd dovrà dimostrare una robusta volontà politica.

Pubblicato: Venerdì, 22 Maggio 2015 12:24

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