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Perché i leader europei sbagliano sui migranti

mare nostruml'Huffington Post, 24-04-2015
Costanza Hermanin
Analista politico, Open Society Foundations

La riunione di ieri dei capi di Stato e di Governo dei 20 paesi Ue si è conclusa con una dichiarazione che lascia l'amaro in bocca. Triplicare il bilancio dell'agenzia che si occupa di controllo delle frontiere (Frontex) e il cui mandato include solo marginalmente il salvataggio in mare non è certo il modo per ridurre le morti. Frontex coordina battelli prestati dai vari stati membri, perlopiù dalle guardie di finanza e polizie di frontiera europee, incaricate del pattugliamento dei confini, della lotta alla pirateria e al traffico di merci. Non del salvataggio di vite umane. Certo, chiunque sia in mare alla legge del mare si deve attenere, e meno male che ogni marinaio ha chiaro in testa il dovere di soccorso. Questo, solo recentemente è comparso nel mandato di Frontex, anche grazie a pressione Italiana. Ma un Mare Nostrum Europeo avrebbe dovuto coinvolgere le guardie costiere, specializzate in salvataggio, e perché no, le marine militari.

Se Mare Nostrum è stato un successo nel salvare vite umane - quando c'era Mare Nostrum morivano 1,9 persone su 100 passeggeri dei barconi, senza Mare Nostrum 3 su 100 - è stato per i numeri, ma soprattutto per il coraggio e la dedizione di Guardia Costiera e Marina Militare. Saranno altrettanto bravi i poliziotti del mare? E dove opereranno?
Se, com'è il caso, l'Unione europea non ha competenze giuridiche per obbligare gli stati membri a contribuire mezzi adeguati, almeno si poteva fare uno sforzo d'inventiva e creare un'iniziativa fuori dai trattati, o una cooperazione rafforzata, che mettesse le giuste risorse in mare. E magari non a 30 miglia dalla nostra costa, ma un po' più in là.

Quanto alle agenzie dell'Unione, ci si è dimenticati che l'Ufficio europeo dell'asilo (con sede a Malta) poteva pure essere rafforzato. Chi arriva in Italia e in Grecia in queste ore finisce in dei sistemi d'asilo inefficienti, dove le persone (salate, ferite, bruciate) si trovano ad aspettare settimane in tende, e nella maggior parte dei casi ci rimangono per mesi, salvo poi finire in orridi squat come quelli della Collatina e di Ponte Mammolo a Roma, o in occupazioni dai profili sanitari inquietanti, come al Selam Palace della Romanina. Qui incontrano persone che la tanto vociferata protezione internazionale (e.g. lo status di rifugiato politico), l'hanno ricevuta anni fa...ma che né Italia né Grecia sono riuscite a integrare nel proprio sistema sociale e produttivo. Un peccato davvero considerando che tanti imprenditori della Silicon Valley sono dei rifugiati ben integrati.

La situazione umanitaria e sanitaria delle famiglie e delle persone che sono sbarcate in Italia negli scorsi anni è imbarazzante, soprattutto nel caso di Roma e di alcuni grandi centri del Sud, come Mineo. Gli sbarchi recenti la stanno peggiorando, ma gli incentivi politici a collaborare sembrano pochi. Pare che nessuno si riconosca in queste famiglie che scappano dalla guerra in Siria, da ISIL in Libia, da Boko Haram in Nigeria. Perché?

È giusto fermare questa umanità che scappa dalla morte sicura e preferisce rischiare la vita in mare?Davvero non possiamo far fronte a 200 - 500 mila persone in una continente di 500 milioni di abitanti - che secondo Eurostat perderà 50 milioni di abitanti per ragioni demografiche entro il 2060, senza immigrazione?
Pensiamo a questo quando diciamo - come ha fatto il Consiglio europeo di ieri - che la panacea di tutto è la lotta ai trafficanti di persone. Chi può prendersi la responsabilità di fermare fughe disperate? C'è davvero un'opzione diversa dall'accogliere queste persone? Cosa faranno una volta che le reti di trafficanti saranno smantellate e le loro imbarcazioni affondate?

Probabilmente non potranno più partire, e rischieranno la vita. Perché le opzioni che hanno proposto i leader europei, il cosiddetto reinsediamento diretto dalle zone vicine al conflitto e i programmi di protezione regionale in loco, sono buone sì, ma non potranno partire che tra mesi. Così come le azioni di cooperazione allo sviluppo che aiutino gli stati d'origine e transito. Tutto non potrà accadere che dopo che le ambasciate si saranno attrezzate e le agenzie dell'Onu avranno trovato i soldi per fare ancora di più rispetto a quanto già fanno. Nel frattempo?

Nessuno di noi vorrebbe essere stato bloccato nella sua fuga dall'Europa dopo aver sofferto l'esperienza dei campi di concentramento nazisti. Ricordiamoci della storia, di episodi come quelli della nave SS Exodus, in cui i sopravvissuti dai campi cercarono di raggiungere la Palestina e furono bloccati da navi europee. Forse l'intera storia non sarà la stessa, ma di questo parliamo. Persone che rischiano la vita o hanno subito la tortura. Erano italiani ed europei solo settanta anni fa.

Fonte immagine: www.canicattiweb.com

Pubblicato: Venerdì, 24 Aprile 2015 13:51

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