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La città che nessuno vuole vedere

razzismoPanorama, 23-04-2015
Carlo Puca

A Castel Volturno un abitante su due è straniero e i clandestini sono almeno 20 mila. Tra loro anche i parenti di alcune vittime del naufragio in Sicilia. Che, quando la notizia si diffonde...

La «Mama» Messy Bardan simboleggia l`allegria di Dio. Suona e canta e balla mentre invita il Signore «a benedire la santa domenica» degli evangelici riuniti sotto il nome di Betel, l`antica Samaria. Loro, i samaritani di Castel Volturno, ringraziano con pensieri e parole rigorosamente in inglese. E pure con gli abiti migliori, colorati e scintillanti, scelti uno a uno prima di presentarsi al cospetto dell`Onnipotente, «colui che ci protegge».

Il fatto è che alle 11 del mattino del 20 aprile i fedeli sono ancora ignari di quanto è appena avvenuto nel Mediterraneo. Succede perché il tempio di via Palermo è un ex garage abbandonato. Interrato, rigetta le onde di telefoni e wifi: niente linea, niente internet e niente notizie. Poi, però, arriva ansimante un messaggero della verità. Si avvicina all`orecchio della celebrante e mormora afflitto: «Un altro barcone, stavolta sono 900». Il tormento della Mama diventa subito il tormento di tutti. La musica è finita, la festa pure. I corpi tremano, comincia una nenia di angoscia e dolore, qualcuno arriva a manifestare una disperata trance compulsiva. Ghanesi, nigeriani, somali: quei morti sono i loro morti, fratelli e sorelle di sangue e di nazionalità. Lo confermano i gemiti di Selma («Oh, my sister>), di Jerry («Oh, my brother») e di tutti gli altri: «Oh, my God!». Adesso chiedono assieme la riservatezza del lutto e la ottengono. All`uscita capita di incrociare i credenti dell`adiacente chiesa pentecostale di via `frapani. Pure loro hanno supplicato in un sottoscala, ma respingono il fotografo ed è presumibile il perché: la presenza di alcuni clandestini. Non tra i più pericolosi, per la verità; quelli evitano le chiese cristiane. Semmai, fomentano l`Isis nei centri abusivi di cultura islamica.

Tutti i vari espulsi dall`Italia perché inneggianti al califfo Abu Bakr al-Baghdadi sono perlomeno transitati per Castel Volturno, talvolta facendo proseliti, altre unicamente per nascondersi. D`altronde è facile nascondersi su un territorio di 74 chilometri quadrati, martoriato da centinaia di costruzioni abbandonate dopo una decisione della malapolitica. Correva il 1980, il terremoto dell`Irpinia aveva colpito di striscio anche Napoli e, con la scusa degli sfollati (pochi), il governo dell`epoca tollerò che le case di Castel Volturno, le case della media borghesia, fossero occupate da balordi e disperati (moltissimi). Fu allora che cominciarono ad arrivare anche i migranti: all`inizio venivano «dal Maghreb e dall`Africa sub-sahariana», ricostruisce una storica locale, Maria Assunta Piantadosi. Poi la presenza di africani provenienti da ogni dove «è letteralmente raddoppiata nel corso degli anni Novanta ed è tutt`oggi in crescita».

Il risultato è la fine della «California di Napoli», negli anni Settanta un fenomeno turistico da 350 mila presenze l`anno alimentato da «Stasera mi butto». Non la canzone bensì il film, girato qui, con protagonisti Rocky Roberts, Lola Falana e un giovanissimo Giancarlo Giannini. Produce ancora più malinconia ricordarlo ora, questo «musicarello» di gioia e candore; oggi che l`altra città, la città dei neri, è sconvolta dal pianto e dal tormento.

«Sia fatta la volontà di Dio» ripetono i pentecostali una, dieci, 100 volte. Ma qui Dio non c`entra. Il problema, come sempre, sono gli uomini. Le responsabilità del naufragio sono molteplici e cadono anzitutto sui trafficanti di vite, i mendaci traghettatori di uomini verso la Terra promessa. Molti dei morti di Sicilia la loro Terra l'avrebbero cercata proprio a Castel Volturno, in questa casertana lingua di mare e di dune. La giudicavano un`enclave nera nel cuore dell`Europa, e non senza ragione: questa è davvero l`Africa dell`Occidente. La si coglie lungo la statale Domiziana, lo stradone che taglia in due il territorio, dove di giorno i caporali raccattano i braccianti per le vaccherie e i campi di pomodoro. La si vede soprattutto a Riva destra, Pescopagano e Parco Saraceno, i sobborghi ormai abitati quasi esclusivamente da migranti. E la si spiega con stime paraufficiali ma precise: a Castel Volturno a ogni italiano corrisponde almeno un immigrato, e fors'anche di più. A febbraio 2015 l'ufficio anagrafe municipale ha censito 25.412 residenti, dei quali 3.941 stranieri. Come dedurre, allora, le altre presenze extraitaliane? Il Comune ha semplicemente quantificato la produzione dei rifiuti urbani: corrisponde a quella di un comprensorio da 60 mila abitanti. Procedendo per (grande) difetto, significa che qui abitano almeno 20 mila clandestini. Un`intera città che nessuno vuole vedere.

Soltanto per i funerali degli irregolari il Comune spende 30 mila euro l'anno: «È un atto dovuto di compassione, quando muoiono nessuno reclama i loro corpi», spiega Dimitri Russo, il battagliero sindaco anticamorra del Pd eletto nel giugno 2014. «Però è soprattutto per i vivi che abbiamo bisogno di mezzi e fondi: ma il disinteresse è generale». Perciò «abbiamo una sola arma: fare di Castel Volturno un caso nazionale». Pur di rompere il silenzio, Russo fa di tutto: abbatte i muri costruiti lungo le battigie per liberare gli accessi al mare; filma i vigili urbani infedeli al loro lavoro; induce due consigliere comunali a fingere di essere prostitute per incastrare i clienti. E altro ancora pianifica, il primo cittadino. Come la convocazione di un consiglio comunale straordinario nella melma dei Regi lagni, che da ben due decenni lo Stato promette di bonificare. Sindaco, forse è illegale. «Fa nulla: sapevo che scegliendo questa vita una mezza dozzina dì avvisi di garanzia mi sarebbero toccati. Tanto vale riceverli per far rinascere la mia città...».

Sembra don Chisciotte, questo Russo. Tuttavia ha ben chiari i suoi mulini a vento: «Leggo e vedo che i vari Graziano Delrio, Laura Boldrini e Raffaele Cantone sono concentratissimi sulla Casal di Principe del mio amico e collega Renato Natale. Casale, però, è stata soltanto la sede legale della camorra. Mentre la vera devastazione i boss l`hanno portata soprattutto tra noi». Lo dimostrano decine di inchieste giudiziarie su falsi, droga e prostituzione, tutti business appaltati dai Casalesi alle organizzazioni criminali africane. I falsi (borse, bigiotteria, occhiali) viaggiano in treno o in pullman e finiscono sulle strade delle grandi città, da Milano a Napoli. Droga e prostituzione, invece, si praticano sulla Domiziana. Qui gli spacciatori utilizzano anzitutto la «tecnica del passaggio»: si piazzano in due a una fermata dell`autobus, uno a piedi, l`altro in bicicletta il primo sale sulla macchina del cliente, il secondo recupera la droga depositata nei pressi della fermata. L`automobile percorre pochi metri e si stoppa, il ciclista arriva e consegna, il complice scende con i soldi in tasca, l`automobilista se ne va.
Quanto alle squillo, le decine di ragazze su strada sono così giovani da risultare commoventi quando scimmiottano le pornodive. Sì Mary, ora basta però; la domanda è: «Quanto vuoi?». La risposta è spiazzante: «Siete in due, quindi 20 più 20». Silenzio imbarazzato: «Ma resto soltanto io, lui se ne va». La ragazzina ammicca disperata: «Allora fanno 15 euro perché mi piaci». Forse la Terra promessa cercata da Mary sì nasconde in un luogo dell`anima. Di sicuro il suo corpo acerbo ha soltanto trovato l`inferno. Un inferno abitato da viventi.

Fonte immagine: vivalascuola.studenti.it

Pubblicato: Giovedì, 23 Aprile 2015 14:00

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