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Nessuno grida sono #OumarDansoko

articolo flore murardL'Huffington Post, 09-04-2015
Flore Murard-Yovanovitch 
Scrittrice, blogger, giornalista

Il suo nome, Oumar Dansoko, non vi dirà nulla (molto meglio ripetere in loop Andreas Lubitz). Il 2 aprile scorso Oumar Dansoko, richiedente asilo di 25 anni di nazionalità Guineana si è immolato a Bruxelles nella sede di Fedasil, l'Agenzia Federale per l'accoglienza dei richiedenti asilo. Aveva presentato la sua domanda di asilo nel 2008. Si è recato all'Ufficio immigrazione per stranieri intorno alle 11. È andato in bagno, si è cosparso di benzina e si è dato fuoco nell'Ufficio per stranieri. Luogo simbolico. L'indomani, il 3 aprile Oumar Dansoko è deceduto.

Era un richiedente asilo, avrebbe dovuto essere protetto dalla Convenzione di Ginevra, ma la sua domanda era stata rigettata ed era ormai senz'appello. Nessun articolo ne parla, nessun scalpore, siamo assuefatti al dolore degli altri. Gli altri possono darsi fuoco l'anima in pace, cospargersi di benzina nel cuore dell'Europa e dell'indifferenza, gli altri possono morire per un timbro su un pezzo di carta che aspettano da anni e che proprio questa attesa senza speranza ormai - questa negazione dovremmo scrivere - hanno fatto impazzire. Gli altri possono vivere con la paura quotidiana in pancia, di venire arrestati, espulsi, fatti salire in un aereo, rimpatriati, rimandati al mittente. Gli altri possono sentirsi così vulnerabili, stanchi, calpestati, emarginati... gli altri possono immolarsi.

Gli altri possono impiccarsi nelle celle di detenzione per stranieri. Un uomo di nazionalità marocchina (non si sa il suo nome) che era rinchiuso nel centro di detenzione di Merksplas da due mesi è stato trovato morto lo stesso giorno, il 2 aprile, nel blocco n°4. Si è impiccato. Dopo 16 anni in Belgio gli avevano annunciato la sua prossima espulsione. Il luogo è altamente simbolico, dei centri di detenzione razziale per solo stranieri. Un altro morto di Stato, come nei nostri Cie, dove la lista di suicidi e abusi è lunga.

"Notre monde est malade. Il ne veut pas du monde. Il veut la fin du monde. C'est une géographie d'hystérie que n'éclairent plus les allumettes des opprimés. On tourne en rond. Le cercle est vicieux", scrive il Collettivo dei Sans Papiers di Bruxelles su Facebook. "Il nostro mondo è malato. Non vuole il mondo. Vuole la fine del mondo. È una geografia dell'isteria, che i fiammiferi degli oppressi non riescono più ad illuminare. Giriamo su noi stessi. Il circolo è vizioso".

Stesso grido silenzioso, che non raggiungerà né l'Ufficio immigrazione, né noi. Rivolte silenziose, per questioni legate quasi sempre ai terribili documenti, spada di Damocle che pesa su tutte queste persone. Vittime di non accoglienza, di non integrazione; rese non persone autonome, oggetti da rispedire. Il malessere totale dell'estrema precarietà in Europa e dell'insopportabile rimpatrio coatto. Colpevole, la burocrazia che procura pura disperazione.
Nel cuore della stupenda civiltà europea, gli immigrati vanno a fuoco o s'impiccano in silenzio, nell'indifferente anestesia generale, resi meri corpi da una cultura razzista che non li vuole e viola il diritto d'asilo.

Pubblicato: Giovedì, 09 Aprile 2015 12:47

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