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Italiani o stranieri, non c'è mai fine alla disperazione

povertàL'Huffington Post, 25-03-2015
Rosamaria Vitale
Medico chirurgo, specialista in Psicologia, psicoterapeuta

Non so se ringraziare il cielo o maledirlo. Il mio lavoro, con le varie associazioni che operano a Milano nel campo dell'assistenza alle persone che vivono in situazioni di estrema povertà e marginalità, siano esse italiane o straniere, mi fa entrare in contatto con una realtà che sembra un incubo.

Questa sera sono stata a Piazza Affari, la piazza dei soldi e della ricchezza, che però alla domenica sera si trasforma in una specie di ristorante, sotto i portici, dove alle persone senza fissa dimora l'associazione MIA offre il pasto serale e la Fondazione Isacchi Samaja offre visite mediche e farmaci. Non so neanche quante visite avrò fatto, 25/30, forse. Ho visto persone provenienti da vari paesi, oltre che da varie regioni italiane. C'erano egiziani, tunisini, cinesi, rumeni, bulgari, kossovari, pakistani, brasiliani. L'età variava dai 18 ai 55 anni.

Alcuni avevano patologie croniche, ipotiroidismo, diabete, malattie cardiache; altri patologie lievi legate alla stagione. Oggi era il primo giorno di primavera, ma pioveva e faceva abbastanza freddo. Salivano sul camper, uno dietro l'altro, ed io mi sentivo sempre più impotente. Cosa possono fare un antibiotico o una tachipirina se uno dorme su quattro cartoni appoggiati sul freddo marmo, quando il meteo segna 8 gradi, con acquazzoni, sotto i portici dei magnifici edifici di Piazza Affari? Questa è la notte. Al mattino, come nei film, lo scenario sarà completamente cambiato: via i senza tetto, largo ai business men.

Mentre tornavo a casa pensavo a tutte le situazioni con cui ho avuto a che fare durante la settimana. Ho stilato quindi una classifica. I più fortunati, sotto il profilo della vita quotidiana, a Milano, chi lo direbbe mai, sono i profughi siriani. Arrivano in Stazione Centrale, qualcuno li accoglie e li porta nei centri di accoglienza, dove hanno cibo, vestiti, cure, finché decidono cosa fare. Secondi vengono i profughi eritrei. Non hanno un accoglienza così strutturata, ma hanno tante brave persone, che si sono riunite in un comitato, che si chiama Cambio Passo, e che fanno più o meno quello che dovrebbero fare le istituzioni, con molto più affetto.

Ed anche loro quasi sempre si salvano e riescono ad arrivare là dove desiderano andare. Al terzo posto vengono i senza tetto che fanno richiesta di entrare nei dormitori messi a disposizione nel piano antifreddo dal comune di Milano. Non è una gran fortuna, poiché i dormitori chiudono fra una decina di giorni, e chi ci entra oggi sarà tra poco sulla strada. All'ultimo posto, quindi, vengono quelli di stasera. Non hanno proprio niente, neanche un sacchetto di plastica dove tenere un paio di calze per cambiare quelle che hanno addosso. L'ultimo arrivato di questa sera era un ragazzo nord africano in jeans e camicia, che cercava un panino e qualcosa da mettersi addosso. Non aveva neanche i quattro cartoni su cui dormire. Avrei voluto essere come San Francesco.

Chi può cambiare questo mondo? Non ci vorrebbe molto, credo. Anche a Milano molte volte i soldi non vengono spesi per lo scopo per cui vengono erogati. Tutti lo sanno, ma nessuno, tra quelli che possono farlo, trova davvero una soluzione. Alla fine mi sono detta anch'io che in fondo il mondo va avanti lo stesso. E chissà quante Piazze Affari ci saranno, in tutte le città del mondo, capaci di cambiare faccia dalla notte al giorno.

Pubblicato: Mercoledì, 25 Marzo 2015 13:25

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