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Solo con il reddito minimo si può combattere la povertà e far ripartire l'economia italiana

reddito minimo 2L'Huffington Post, 23-03-2015
Nichi Vendola

Povertà, parola che nel nostro Paese occorre declinare al plurale. Povertà estrema, quella che di una persona chiama in causa la sua stessa sopravvivenza. Povertà assoluta, quella di chi non si può garantire il minimo di una vita accettabile. Povertà relativa, quella di chi in un nucleo di due persone non può sostenerne che la spesa di una sola. Povertà che messe insieme toccano più di un quarto dell'intera popolazione italiana. Povertà più che raddoppiate, nel crudo resoconto dei numeri, durante gli anni della crisi.

Queste povertà non sono però sinonimo di impoverimento, quell'esercizio di progressiva riduzione dei consumi cui sono costretti i cittadini alle prese con una crisi che non pare aver fine. Le povertà di cui parlo rischiano di non essere un fenomeno temporaneo e di tramutarsi viceversa in un tratto strutturale della fisionomia sociale del nostro Paese. Mutano il loro profilo, per il semplice fatto che si estendono in aree finora poste al riparo, come il Nord, e toccano sempre di più soggetti nuovi, come i minori.

I poveri crescono a dismisura nel nostro Paese, nel Mezzogiorno come altrove, nelle diverse fasce sociali e d'età. Cresce la loro solitudine, poiché questa parola - povertà - non si trova ancora, come dovrebbe essere e da tempo, in cima all'agenda del governo. Basti dire che l'Italia è insieme alla Grecia l'unico dei paesi comunitari europei a non essersi dotato di un piano nazionale di contrasto alle povertà e di sostegno ai vecchi e nuovi poveri. Parlo di un intervento economico per il sostentamento primario, parlo di servizi diretti alle persone in ambito sociale, educativo, d'impiego. Di questa politica, fatta con continuità, con risorse adeguate, con progetti mirati, con interventi pubblici, non c'è alcuna traccia. Le povertà testimoniano proprio sul terreno più critico, quello della quotidiana difficoltà della persona all'affermazione minima della propria vita, come si stia ormai infrangendo quel patto di cittadinanza tra lo Stato e gli individui, lasciati soli.

La risposta è invertire la rotta e abbandonare le politiche fallimentari fin qui praticate. Povertà, precarietà, disoccupazione, sono anelli di una catena che, insieme alla privazione dei diritti, alimentano un dolore sociale che si estende come una macchia d'olio e impedisce alla radice qualsiasi prospettiva di sviluppo del Paese e di futuro per chi è giovane.

La risposta, l'unica risposta possibile, si chiama nuovo sistema di welfare, un modello di welfare universale che si fonda a partire da un reddito minimo garantito su cui ricostruire una prospettiva di autonomia della persona. Perché è soltanto partendo dall'affermazione della dignità di ogni singolo soggetto che si può intervenire sul mercato del lavoro dando valore alla formazione, alle professionalità, contrastando il lavoro nero e la criminalità organizzata, riconoscendo la funzione essenziale del lavoro invisibile di cura domestica.
E' a partire da qui che si rimette in moto l'economia del nostro Paese.


Fonte immagine; www.vita.it

Pubblicato: Lunedì, 23 Marzo 2015 13:40

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