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Notizie

L’Ue va in Africa per frenare i migranti

articolo  stampa immigratiLa Stampa, 12-03-2015
Marco Zatterin
corrispondente da bruxelles

Saranno create “agenzie” nei Paesi di origine. E l’Onu chiede: li accolga il Nord Europa

Lungo la via della Seta che arriva da terre lontane in Europa attraverso la Turchia, poi ancora sulle piste dell’Africa orientale e occidentale. La Commissione Ue vuole fermare i flussi migratori laddove cominciano e si svolgono, sui percorsi battuti dai trafficanti di vite che trasportano disperati verso il continente della Speranza.

È la «dimensione esterna» della politica comune per le migrazioni, da esercitarsi costruendo «competenze locali» che gestiscano i flussi, combattano le gang, aiutino chi è in difficoltà. Ci vorrebbero anzitutto «progetti pilota» per consentire ai partner d’oltremare di attrezzare agenzie sul territorio e far da filtro. Tentando così di risolvere il dramma prima che questo si tuffi del Mediterraneo.
Il senso di urgenza è diffuso, le cifre sono allarmanti. La Libia è una porta aperta e sulle spiagge nordafricane si stanno concentrando sino a un milione di persone pronte a mollare gli ormeggi verso l’Italia, a ogni costo. La Commissione Ue ha promesso per maggio la sua Agenda per l’immigrazione, contenitore di soluzioni «concrete» per rendere più efficace l’asilo, gestir meglio l’immigrazione legale, combattere quella irregolare, rinvigorire la protezione delle frontiere esterne. È un passo che però potrebbe rivelarsi inutile se non si intervenisse alla radice, là dove l’esodo si esplicita. «Dobbiamo trovare vie per migliorare la nostra azione nei Paesi partner», è il messaggio.

Bruxelles accelera
A Bruxelles non si vuole perdere tempo. Per iniziativa del capo della diplomazia Ue, Federica Mogherini, lunedì il Consiglio Esteri discuterà per la prima volta il volano esterno del dossier immigrazione. In vista del dibattito, Lady Pesc e il commissario agli Affari interni, Dimitris Avramopoulos, hanno scritto ai ministri invitandoli a ragionare su «una forte azione politica e una risposta operativa». Possibilmente rapida e solidale.
La cooperazione con i Paesi di origine e transito è il primo punto da mettere a fuoco. La lettera vista da «La Stampa» suggerisce di «definire progetti pilota» lungo le vie delle migrazioni, spingendo i Paesi interessati a dotarsi di adeguate strutture per investigare i casi e perseguire i trafficanti. In parallelo, si auspica la creazione di «un sistema di scambio di informazioni sulle migrazioni legali». Bisogna lavorare insieme, dialogare, capirsi. Attrezzare mezzi di intervento e di caccia ai criminali, punire i malfattori, sostenere chi rimane «spiaggiato». Studiare «piani di rientro», approfondire il «resettlement», cioè il trasferimento di rifugiati da un Paese all’altro.

Il nodo dei fondi
Dei fondi si occupa il secondo punto della missiva. Qui l’idea centrale è valutare come gli strumenti finanziari esistenti - come i programmi di sviluppo regionale - possano essere orientati per arrestare i clandestini e il traffico di umani. In cooperazione con l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, «inizialmente ci si potrebbe focalizzare su Tunisia, Libano, Giordania e Turchia, Paesi che hanno compiuto rilevanti sforzi di accoglienza e assistenza». L’obiettivo è stringere sul coordinamento. Proprio l’Unhcr, secondo l’inglese «Guardian», ha scritto a Mogherini e Avramopoulos di avere «un piano pilota» per trasferire migliaia di profughi siriani dal sud al Nord dell’Europa. In particolare, dall’Italia al resto dell’Ue. Non facile.

L’ipotesi conduce all’ultimo tassello, «la riflessione su come gli strumenti di azione esterna esistenti possano essere usati per tutelare la gestione dell’immigrazione legale». Checché ne dicano Salvini & Co, la domanda di braccia in Europa di qui a metà secolo è ritenuto generalmente importante e necessaria. «Ragioniamo su una partnership della mobilità», suggeriscono i due commissari, sulla formazione pensata insieme con i Paesi della diaspora. Nulla deve rimanere intentato, è il senso. Nel breve Frontex e Triton cercheranno di contenere le perdite (umane), ma Bruxelles avverte che serve di più. E al più presto, se possibile.

Pubblicato: Giovedì, 12 Marzo 2015 13:00

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