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C’è una foiba che si chiama Mediterraneo

mediterraneoil Garantista, 11-02-2015
Piero Sansonetti

Ieri in Italia si è ricordato l’eccidio delle Foibe. Diecimila persone, Nella Venezia Giulia e in Dalmazia, tra il 1943 e il 1945, gettate dentro i crepacci, profondi venti o trenta metri, e lasciate morire. Oppure uccise in altri luoghi, o morte di stenti nei campi di concentramento, e poi buttate dentro questi inghiottitoi, per farle sparire. I responsabili di questo orrore sono stati i partigiani jugoslavi, che volevano vendicarsi delle atrocità subite dalla popolazione della Croazia e della Slovenia durante l’occupazione fascista.

Le vittime erano militari e civili, fascisti o non fascisti, militanti, operai, preti o gente del popolo. Diecimila persone – secondo le stime più attendibili – sterminate in modo atroce. E poi dimenticate. Perché dopo la guerra, in Italia – e anche all’estero – per ragioni di realpolitik, varie e diverse realpolitik incrociate tra loro – si preferì gettare un velo e non parlarne più. I comunisti non volevano che un sospetto di orrore sfiorasse la Resistenza, anche se i responsabili della foibe non erano i partigiani italiani.

I democristiani erano al governo, e non intendevano litigare con la Jugolsavia, che si era riunita ed era guidata da Joseph Tito, cioè proprio dal capo dei partigiani slavi autori dello sterminio. E anche i governi europei, e quello americano, avevano ottime ragioni per non tirare fango su Tito, che nel 1948 aveva avuto il coraggio di rompere con Stalin sfidandolo all’invasione militare (che però non avvenne). E così anche gli storici si adeguarono, e delle Foibe non si parlò per decenni. Sì, c’erano i fascisti che cercavano di rivendicare il loro sacrificio, ma in quegli anni i fascisti contavano davvero pochino, sia in politica sia nel campo dell’informazione, e nessuno gli dava retta.

Ci sono voluti molti decenni perché crollasse la congiura del silenzio, e si decidesse di stabilire questa giornata di commemorazione, tutti gli anni, il 10 febbraio. Nel 2007 il presidente della Repubblica, ex comunista, Giorgio Napolitano, stigmatizzò l’omertà della politica sulle foibe. E ieri il nuovo presidente della Repubblica, e insieme a lui la presidente della Camera, si sono impegnati in prima persona nelle celebrazioni.

E’ un bene. Perché la memoria storica ha un ruolo grandissimo nella crescita della civiltà e della comunità. E spesso questa memoria è sbiadita o è molto faziosa. Per tutte le vicende che riguardano la guerra, e anche la furiosa battaglia tra partigiani e fascisti che travolse il nostro paese nel biennio tra il ’43 e il ’45, e in parte proseguì per alcuni anni anche dopo la Liberazione, il ricordo è sempre stato un po’ unilaterale, scritto dai vincitori. E’ ora di scavare meglio, di far venire a galla anche tante vicende sconosciute. Non perché serva un ”ricordo condiviso” ma perché serve la verità. E se la verità racconta di bestialità, che noi vogliamo considerare sempre lontane da noi, dal nostro modo di pensare, dai nostri amici, bisogna che ne prendiamo atto. Noi europei in quegli anni compimmo atrocità di fronte alle quali l’Isis impallidisce.

E oggi… Beh, scusate la brutalità del paragone, ma è solo un paragone logico. Gli storici del prossimo secolo scriveranno delle decine di migliaia di profughi affogati nel Mediterraneo a cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo. E racconteranno che i governi europei, e anche il governo italiano, decisero a tavolino che lasciare che quella gente affogasse era una buona misura per rallentare l’immigrazione e dunque per sostenere una politica conveniente per gli interessi europei.

Anche i partigiani jugoslavi pensavano che sterminare 10 mila persone fosse conveniente per gli interessi del loro paese del mitico socialismo. Il Mediterraneo è diventata una foiba. I giornali cattolici ieri lo hanno scritto: la strage dell’altro giorno – della quale si ignora il numero dei morti, probabilmente molte molte decine – era evitabile. Bastava che i gommoni fossero soccorsi prima e fossero soccorsi con mezzi adeguati. Invece recentemente l’Europa – e il governo Italiano – hanno deciso di sostituire la missione Mare Nostrum con la missione Triton. E cioè di sospendere i soccorsi in mare e di usare le navi solo per respingere i migranti. Le regole di ingaggio prevedono che sia possibile soccorrere solo in casi estremi, quando si tratta di raccogliere dei moribondi.
L’altro giorno è successo così: li hanno raccolti solo quando erano allo stremo, e li hanno issati su navi che non erano attrezzate. E lì, 29 persone sono morte di freddo. Uccise dalla normativa europea. E altre centinaia sono morte affogate. Anche loro uccise. Sono delitti di Stato. Delitti. Che avvengono con il consenso generale. Non solo della Lega.

Fonte immagine: www.unionesarda.it

Pubblicato: Mercoledì, 11 Febbraio 2015 13:54

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