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Non si guardi al politico ma al polittico la forma sacra di tutte le opere d'arte

Bergonzoni BolognaLa Repubblica di Bologna del 23 gennaio 2015

di Alessandro Bergonzoni

Confine, sei tu? Proprio tu? Dove ti ho già visto? Possibile tra un’opera d’arte e un corpo non tutelato, tra Stato di abbandono e “opera uomo”? Tra il bello e il male, tra il bene e il malo, modo? Confine, quando ti sentirai abbattuto tra le bellezze di un quadro ritrovato del '600 e un morto d’incuria della cronaca del '900? L’umanità ha la più bella collezione privata d’arte: gli esseri viventi; immensa collezione privata di attenzione, cura, verità, infinito. Chi soprintende a queste meraviglie del (c)reato, chi le conserva tutela valorizza, se IN UNA CELLA, NON AFFRESCATA? In che modo le custodisce lo Stato, che poi le deve restaurare, salvaguardare, come patrimonio del Museo sovrumano esistenziale culturale, osseo sacrale sacro artistico? C’è differenza tra un bene e il bene? Ti voglio un gran bene, bene storico, paesaggistico, etico, spirituale, raro, unico, concettuale, informale, etnoantropologico, logico, archeologico (sepolto da anni di guerre di terre, colpi e colpe). Confine, cosa fai li, tra il ministero della difesa quello della cultura dell’economia e quello dell’interno? Cosa c’è all’interno della difesa della cultura? Solo economia? Tra bello giusto, sbagliato perdonato, fermato violato, arrestato e morto? Il politico venga dopo, prima si guardi al “polittico” che letteralmente significa “forma sacra: qualsiasi opera d’arte costituita da più elementi distinti, ma collegati tra loro”. Ecco perchè non mi interessa la giustizia, sola, la legge, sola, SCISSA dalle arti, e rispetto alla poetica universo. Rispetto a cosa poi, se non c’è ugual rispetto tra un capolavoro, classico, e un corpo che rappresenta l’anima, sacrosanta? La pietà è solo quella di Michelangelo, di Carracci, Reni, o anche quella di Stefano Giuseppe o chissà chi? A Cosa CI esponiamo, cosa abbiamo la (s)fortuna di vedere, e cosa non ci fanno vedere? Cosa mostra una mostra se non l’inimmaginabile, l’immenso il sommo, l’estasi, l’eterna natura d’amor colore viola- inviolabile, di coloro che non possono portare i segni del degrado, dello sfregio dell’offesa, al massimo compianti, da Nicolò dell’ Arca in avanti? Dobbiamo apprezzare l’autenticità d’esecuzione, e restituire il capolavoro com’era: ma a chi? Al tocco d’autore, i suoi segni, o a chi quei segni non li meritava perché intoccabile? Riconsegnare poi l’opera “finita”, a madre padre figlio? Chi “incarna” i ruoli dei volti ad arte in persona, arte contemporanea, alle vite? Da collezionista di bene, di questo dirò sabato, senza parlare, proiettato a guardare un simbolo.

Pubblicato: Lunedì, 26 Gennaio 2015 11:31

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