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Asti: "Botte in cella all'islamico", due agenti condannati a 32 e 26 mesi di carcere
Ristretti orizzonte, 22-01-2015
Andrea Giambartolomei
Un detenuto musulmano picchiato perché ha reagito agli insulti rivolti da un agente a Maometto. Calci alle gambe e alla schiena, pugni al petto e altro ancora. È il trattamento subito il 27 maggio 2010 da un trentenne italiano di origini brasiliane convertito all'islam, all'epoca detenuto nel carcere di Asti dove - fino a pochi anni fa - c'era una squadretta di agenti-torturatori, salvati solo dalla prescrizione vista l'assenza del reato di tortura.
Per questo pestaggio il 5 dicembre scorso il Gup Giulio Corato ha condannato due agenti, Carmelo Rositano e Nicola Sgarra, rispettivamente a due anni e otto mesi il primo e due anni e due mesi il secondo. L'accusa formulata dal pm Isabella Nacci era di lesioni aggravate, violenza privata, ingiuria e vilipendio alla religione. Nelle motivazioni, depositate martedì, emergono i dettagli di questo "pestaggio assolutamente gratuito" (parole del gup) raccontato in una lettera inviata dalla vittima, Mohammed Carlos Eduardo Gola, al suo avvocato Guido Cardello, e poi vagliata da Procura e Tribunale.
Alle 10:40 di quel giorno Gola, convertito all'islam poco prima di finire in carcere nel 2008, deve andare in infermeria e viene accompagnato da un agente che inizia a rivolgergli domande sulla sua religione e sulla sua barba, domande sempre più insistenti e provocatorie. "Allora il brigadiere tormentatore di musulmani mi fa: "Il vostro Profeta puzzava e ci puzzava anche quella cazzo di barba". A quel punto io ho tirato un calcio alla scrivania perché qualunque musulmano non sarebbe stato zitto e fermo".
Quella "reazione scomposta provocata ad arte dal Rositano mediante un'affermazione blasfema", come scrive il giudice, è la sua fine. L'agente e un collega aggrediscono il detenuto, lo bloccano e lo picchiano. "Musulmano di merda", gli viene detto. "Il fatto a mio dire più umiliante è stato quando mi hanno tenuto e un appuntato...gridava: "Collega prendi un paio di forbici che tagliamo la barba a sto stronzo", scrive il ragazzo che ricorda anche un'altra frase: "Guarda, hai pure il trattamento dei tuoi fratellini di Abu Ghraib".
Il Fatto Quotidiano, 22 gennaio 2015
Fonte immagine: www.poliziapenitenziaria.it