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Milano: le detenute che cuciono le toghe, ma anche abiti da sposa e magliette

sartoria carceri femminiliCorriere della Sera, 17-12-2014
Greta Sclaunich

Passando davanti alle vetrine, in via Gaudenzio Ferrari a Milano, si intuisce solo che si tratta di un negozio di abiti con annesso laboratorio di cucito. Ma la Sartoria San Vittore è molto di più: si tratta del primo marchio di moda italiano realizzato da detenute ed ex detenute. La Sartoria, lanciata nel 2010, è lo spin off imprenditoriale della Cooperativa Alice che da una ventina d'anni gestisce i laboratori sartoriali nelle carceri femminili di San Vittore e Bollate.
È il progetto più recente, ma non l'unico: da anni la cooperativa realizza capi per conto terzi e pure toghe per giuristi e magistrati di tutta Italia, realizzando un fatturato totale che si aggira intorno ai 250mila euro. E nemmeno l'ultimo: il prossimo passo, infatti, sarà iniziare a vendere online i capi della Sartoria San Vittore.

"Gli anni di lavoro che abbiamo alle spalle ci hanno permesso di acquisire una certa professionalità e così, quattro anni fa, abbiamo deciso di inaugurare la Sartoria e di rischiare con una collezione nostra. L'abbiamo realizzata insieme alla stilista Rosita Onofri: lei ha le idee, noi ci mettiamo le mani", spiega Luisa Della Morte, presidente della Cooperativa Alice, rispondendo al cellulare dal Tribunale di Milano dove sta, appunto, consegnando alcune toghe realizzate dalle detenute.
Nei laboratori sartoriali lavorano due ex detenute e una ventina di detenute, sette delle quali lavorano all'esterno nella Sartoria. L'obiettivo non è fare utili (il negozio comunque riesce a raggiungere un fatturato di 80mila euro l'anno) ma spingere le detenute ad apprendere competenze diverse aiutandole, una volta fuori dal carcere, a cominciare una nuova vita. Per molte di loro taglio e cucito hanno davvero rappresentato una possibilità concreta: "Alcune di quelle che hanno imparato a cucire e confezionare abiti hanno trovato lavoro in aziende di sartoria, altre invece hanno aperto dei laboratori propri che stanno funzionando" racconta Della Morte.

Questo consente anche un certo turnover nel laboratorio e nella Sartoria, dove lavorano anche persone che non arrivano dal mondo del carcere: "A ognuno le sue competenze: noi cerchiamo la professionalità", aggiunge la presidente, che sottolinea anche che non è loro intenzione fare riferimenti, all'esterno o all'interno del negozio, al fatto che i capi siano realizzati da detenute.

I clienti sono in gran parte persone sensibili alle problematiche legate al carcere, ma anche persone che amano il loro stile rigoroso e pulito: hanno più di 30 anni e cercano vestiti eleganti ma anche capaci di sorprendere.
I capi della Sartoria, che hanno prezzi che variano dagli 80 ai 250 euro, hanno infatti sempre un dettaglio che spiazza e che arriva dall'artigianato tessile: in una collezione era stato inserito l'uncinetto, in un'altra il macramè. "Un modo - sottolinea la presidente - per coinvolgere nel progetto anche le detenute che non sanno cucire a macchina".


Fonte immagine: www.fateartigiane.org

Pubblicato: Mercoledì, 17 Dicembre 2014 13:44

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